La mia puttana.

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Stringevo tra le dita le lenzuola rosse del letto, ondeggiavo avanti e indietro aspettando che quella tortura finisse al più presto. Sentivo Andrew ansimare e gemere dietro di me mentre si infilava dentro avidamente. Strizzai gli occhi, oggi il tempo sembrava passare molto più lentamente del solito. Inarcai un po di più il bacino per favorirgli il movimento, lui grugnì con approvazione, mi afferrò ancora più saldamente dai fianchi e iniziò a spingere più in profondità creandomi un piacere profondo, strinsi le coperte ancora di più e divaricai un po' di più le gambe.

" Sto per venire piccolo" Sussurrò a fatica tra un respiro e l'altro.

Abbassai lo sguardo sotto di me e con imbarazzo notai che anche a me non sarebbe mancato molto. Le spinte si fecero più veloci profonde, come i gemiti di Andrew. Mi strinse il sedere tra le mani procurandomi un piacevole dolore, mancavano solo poche spinte all'orgasmo.

Andrew cacciò un urlo dal profondo della gola, subito dopo lo seguii io con un gemito strozzato.
Andrew uscì velocemente facendomi strizzare il viso in una smorfia di fastidio. Io crollai sul letto stremato, cercando di regolarizzare il mio battito cardiaco. Mi voltai a pancia in su, guardai con ormai troppa confidenza quella stanza lussuosa, il salotto da tipica stanza d'albergo, la tappezzeria color panna non centrava proprio niente con la stanza da letto che era una vera e propria stanza della lussuria. Le pareti erano di un bordeaux acceso, era grande e anch'essa molto lussuosa, il letto matrimoniale a baldacchino portava delle coperte di seta rosse o rosa, a seconda di cosa piaceva al cliente, sul parquet era posizionato un tappeto nero dove di solito i clienti facevano inginocchiare le ragazze per qualche giochetto sadomaso, infatti sulla parete sinistra erano appesi giocattoli e attrezzi di ogni forma e genere.
Mi tirai su appoggiandomi sui gomiti mentre guardavo Andrew uscire dalla camera e andare in bagno a buttare il preservativo, quando tornò rimase un secondo sulla porta a fissarmi, i ricci mori scompigliati e sudati gli ricadevano sulla fronte, era ancora completamente nudo e potevo ammirare i suoi muscoli scolpiti lucidi di sudore. Incrociai il suo sguardo ancora affamato mi sentii sporco in quel momento, era uno sguardo che diceva 'sei la mia puttana preferita, Giampiero.'
Niente di più, e alla fine era vero. Ero solo una 'puttana', o qualunque altro aggettivo mi si voleva attribuire. Distolsi lo sguardo ferito e mi misi a sedere su quel letto lussurioso. Mi portai le ginocchia al petto e mi strinsi in me per evitare di piangere. Era cosi che mi sentivo: sporco,umiliato,usato, vuoto.
Andrew si era vestito e si era seduto sul bordo del letto accanto a me. Lo guardai e lui mi prese il viso in una mano mentre passava il suo pollice sulla mia guancia, mi sorrise con compassione. Mi faceva rabbia fare compassione alle persone, era un modo gentile per dirmi che gli facevo pena e io odiavo fare pena alle persone, mi faceva sentire piccolo e impotente. Mi voltai di scatto dall'altra parte e la sua mano cadde sul letto accanto a me, lui ridacchiò e si alzò, poi mi guardò un ultima volta prima di andarsene.

"Settimana prossima alla stessa ora, non mancare piccolo." Lanciò il mazzetto di soldi sul letto e se ne andò. Mi alzai in piedi impassibile, mi rivestii in fretta stanco di quel posto e di quella vita, volevo andarmene al più presto. Raccolsi i soldi e li contai, mi aveva lasciato una mancia di 50 dollari, strinsi i soldi nella mano cosi forte da farmi male e tirai un pugno al muro, e poi un altro, e un altro ancora. Sentivo la rabbia e la frustrazione fluire nelle mie mani insieme al dolore. Mi allontanai dal muro ansimando mi guardai le nocche, erano aperte e piene di sangue.
"Cazzo!" Imprecai.

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Stavo camminando per strada il più in fretta possibile, volevo solo tornare a casa e farmi una doccia per dimenticare anche questa giornata del cazzo, e magari anche fasciarmi la mano. Mi alzai il cappuccio della felpa che indossavo e iniziai a camminare più velocemente. Le strade di  Seattle erano calme e non troppo pericolose, se sapevi difenderti. Erano completamente diverse però dalle strade di Palermo, la città dove sono cresciuto. Niente poteva contro l'odore del mare, la musica dei locali sul lungo mare, quell'atmosfera sempre di vacanza che si respirava. Mi spuntò un sorriso al ricordo della mia città, quella città che mi mancava tanto, come la mia famiglia, i miei amici... Gli occhi mi si riempirono di lacrime mentre guardavo i palazzi alti che rendevano tutto soffocante, le insegne logori di qualche night club o pub trasandato. Abbassai lo sguardo sui miei piedi, dovevo essere forte, dovevo farcela a tutti i costi, per me, per i miei genitori,per Luca..
All'improvviso sbattei contro qualcosa che mi fece cadere a terra e picchiare la testa.

"Oh ma che cazzo!" Imprecai io, massaggiandomi la testa, guardai il mio attentatore e scoprii che non era una cosa, ma un qualcuno.

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