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Sono ormai tre ore che sono seduta su questo maledettissimo divanetto logoro, con questo stupido drink composta al 90% d'alcol ed il 10% di un aroma alla fragola. La musica mi strazia i timpani, insinuandosi con prepotenza, come una talpa che scava disperatamente sempre più in profondità nel mio cranio, fino a raggiungere il cervello e li accomodarsi senza tanti inviti. Sento il cuore vibrare martoriato dai bassi provenienti dalle vicine casse scure, che non sembrano essere affatto stanche di rilasciare pessimi brani di pessimi cantanti dalla discutibile fama. Degli sconosciuti solitari continuano a sedersi al mio tavolo, approcciandosi con famosi cliché, sperando in una qualche mia entusiasmante reazione che potrebbe renderli la serata più interessante. Mi fa schifo questo posto, come mi fanno schifo queste persone, il loro alito all'aroma di vodka, i loro occhi spenti e rossi, il mio sorriso forzato. Non avevo intenzione di venire qui, ho solo fatto una promessa che non dovevo mantenere.

<<Andrea, vieni a ballare!>> esclama Melanie tirandomi per un braccio. Sebbene puzzi di alcol ha ancora abbastanza forza per riuscire ad alzarmi. <<sì! Vieni, ci divertiremo tanto!>> continua ad urlare, cercando di prevaricare la musica e trascinandomi per la seconda volta in mezzo al ammasso di corpi barcollanti, che dovrebbero essere in realtà persone che ballano. Vengo spinta qua e là, schiacciata dai fianchi dalle ragazze, stretti nei loro vestitini succinti, troppo poco lucide per capire dove si trovano. Qualche gomito mi colpisce, qualche mano mi sfiora, non esiste lo spazio vitale qui, devi combattere per guadagnarti il tuo spazio in questa pista troppo piccola per contenere così tanti "ballerini".

Finalmente Melanie si ferma e riesco a leggere sulle sue labbra un "qui è perfetto".

Osservo la mia amica mentre inizia a sciogliersi, scuotendo scompostamente il corpo. La gonna stretta che porta si alza ad ogni suo movimento, arrivando al limite del linguine, mentre il suo top bianco risplende sotto le luci ultraviolette, attirando lo sguardo di molta gente intorno a noi.

<<dai Andre! Fai come me!>> prende le mie mani e tenta di farmi ballare, mostrandomi un sorriso sghembo, che solo un ubriaco riuscirebbe a fare. Le ho promesso che sarei venuta soltanto perché quelle, che lei considera amiche, le hanno lanciato un due di picche dritto in fronte, nonostante oggi fosse il suo compleanno. Mel è una delle poche ragazze con cui parlo a scuola, una delle poche ad essere rimaste dopo tutto e le devo molto, anche questo piccolo sacrificio che mi costerà una visita dall'otorinolaringoiatra ed un lunghissimo bagno.

Cerco di sembrare il più sciolta possibile e mi muovo a ritmo della musica, sebbene trovi noioso questo brano e nonostante non riesca a concepire come ci si possa divertire a saltare a ritmo per quattro ore ininterrotte.

<<esatto così!>> urla Mel, palesemente contenta di vedere che inizio a lasciarmi andare. Voglio che si diverta, sono certa che abbia sofferto la mancanza delle sue amiche e non voglio che ricordi questo giorno con tristezza.

Sfodero il miglior sorriso che riesco ad esporre e la seguo nella sua danza scomposta, i miei tentativi di imitarla la fanno scoppiare a ridere. <<che fai!?>> esclama, coprendosi la bocca con le mani, neanche avesse un brutto sorriso.

<<ti imito!>> rispondo ovvia. Mel continua a ridere senza sosta. Ho proprio paura che sia andata.

Proprio nel momento in cui sto cercando di calmarla, qualcuno mi pesta il piede, facendomi scattare per il dolore.

Due occhi chiari incrociano i miei e il volto spigoloso di un ragazzo, alto almeno 10 centimetri più di me, si abbassa al mio livello. <<scusa! Non volevo!>> esclama, con sguardo preoccupato.

<<tranquillo!>> mi limito a rispondere, tornando a contrarmi sulla mia amica, che sembra avere un attacco d'asma da quanto sta ridendo.

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