Fuori piove, abbiamo chiuso le finestre perché entra l'acqua e bagna il pavimento, spaventa i pappagalli. I tuoni persistono, le goccioline d'acqua si scagliano contro i pali della luce, sul vetro delle nostre finestre, sull'asfalto. Un gatto nero attraversa la strada, ha la testa bassa, cammina lentamente consapevole del tragitto che dovrà affrontare per ripararsi, da solo.
Mi fa pena.
All'improvviso fa freddo, ho indossato la maglietta logora di mio fratello, quella con una delle sue tante band rock preferite; che ormai non ascolta più nessuno, di cui i nomi sono leggende ormai per pochi. Ho spento il ventilatore, ho slegato i capelli, ho smesso di sudare. Sembra tornato l'inverno.
Mi stendo sul letto, prendo il cellulare, evito di parlare con persone di cui non interessa di me, evito di rendermi schiava di un'applicazione, evito le risate finte e i cuoricini colorati mandati senza un vero motivo. Evito quel mondo, evito la mia società, fingo di sparire, fingo di essere morta.
Prendo il libro , sottolineo una frase, lo rimetto a posto. Il suono dello scrosciare dell'acqua che s'infrange sul marciapiede mi trapassa il timpano in modo così soave da sembrare un ossimoro data la potenza dell'impatto infinito. Mio fratello che canta una canzone, mio padre che chiama per sapere se va tutto bene anche se lui è da qualche parte, nel suo furgone, a combattere contro questo tempo di merda.
I tuoni si fanno più forti, non mi spaventano. Ormai non più.
Mia madre si lamenta, dice che c'è un macello fuori, racconta delle zanzariere che sono volate giù per il vento al telefono, dice che è stanca.
Vorrei guardare un film, invece resto stesa inerte sul mio letto, cerco di non pensare al mio stomaco che si contorce, cerco di non sentire troppo freddo coprendo le gambe con due stupidi cuscini, uno nero ed uno bianco. I miei colori preferiti d'altronde.
Ascolto la pioggia, ascolto il lamento del cielo, penso che mi è mancato, che non ne posso più di quest'afa, del sole, dei ragazzini che gridano per strada. È bello tornare al silenzio, a quel rumoroso silenzio.
Le macchine sfrecciano, sento le ruote sull'acqua, sento che star qui non mi dispiace, che non voglio essere fuori, che è qui che devo stare.
Un colpo allo stomaco, mi lamento, un tuono, mio fratello canta frasi di canzoni inglesi, che di quella lingua propio non hanno nulla, nell'altra stanza, vorrei dirgli di smetterla ma non lo faccio. Sono pigra, lo so.
Penso a ieri pomeriggio, a quel messaggio, a quella notifica. Penso a ieri mattina, la sua voce dolce che mi chiama "amore", la paura di perdere di nuovo, la sua risata che mi ricorda un'altra, quella di lui, il mio assurdo modo di balbettare e di parlare velocemente. Penso al mio migliore amico, al suo grido d'aiuto, alle sue lacrime, al mio sorriso triste quando ho realizzato che ho sempre avuto ragione, che ho sempre saputo che lui non è mai stato realmente felice. Penso a quando mi ha ringraziato, mi ha detto che l'ho fatto sorridere, che mi vuole bene e quindi penso al mio cuore, si è stretto, mi è venuta voglia di piangere, di urlare, di scrivere di nuovo, di vivere ancora.
Penso alla mia migliore amica, a quel suo cazzo di sorriso finto, ai suoi capelli neri e al suo modo di coinvolgermi.
Penso a tutti, non penso a me.
Penso anche a lui, ogni tanto mi capita, ogni tanto mi manca. Penso ai suoi abbracci, al suo modo di guardarmi, di prendermi la mano, al suo profumo, alle sue fossette; non avevo mai pensato a queste, ora sì, ora vorrei di nuovo infilarci le dita. Penso che mi manca, penso che non devo pensarci più.
Penso al film 'Resta anche domani', non so perché, forse perché ieri sera l'ho guardato con papà che mi faceva troppe domande.
Penso che vorrei andare via, il più lontano possibile, penso che non mi dispiacerebbe uscire di casa, bagnarmi i capelli, il viso, i vestiti e fregarmene, essere me stessa, voltare pagina.
Penso che vorrei vederlo ma che è troppo lontano.
Penso che mi odio, che vorrei dimagrire, che vorrei essere bella.
Penso che mi piace la pioggia, penso di voler sentire quel suono per sempre.
Penso che non ho voglia di amarmi, che non posso.
Penso che mi piacerebbe essere qualcuno, aiutare la gente per sempre, rendere gli altri felici perché così posso essere felice anch'io.
Penso che vorrei essere me stessa, farmi i capelli blu, tagliarli cortissimi, rasarmeli, vestirmi come mi pare, magari con le calze bucate e l'eyeliner messo malissimo. Vorrei essere me stessa, vorrei sapere chi è questa "me", perché mi ossessiona, perché ho bisogno di conoscerla.
La pioggia ha smesso di cadere, il freddo mi gela per un attimo e tutto sembra tornato normale. Mi alzo dal materasso, accendo nuovamente il computer, aspetto. Al telefono è arrivato un suo messaggio, sorrido.
Mi dico che posso farcela, che posso andare avanti. Mi metto a ridere, torno a guardare la mia serie tv.