Il mese di fidanzamento finì. Le ultime ore erano contate. Non cìera stato alcun rinvii del gran giorno, il giorno delle nozze, e tutto era pronto. Io, almeno, non avevo più nulla da fare. In fila contro la parete della mia cameretta erano disposti i miei bagagli, chiusi e legati. L'indomani alla stessa ora sarebbero stati sulla strada di Londra come me, o meglio come una certa Jane Rochester, che ancora non conoscevo. Mancava solo mettere gli indirizzi. Lo stesso signor Rochester aveva scritto su quattro pezzi di carta che ora stavano sul cassettone:
<<Signora Rochester, Albergo ***Londra>>.
Non riuscivo a decidermi a incollarli o a farli incollare. La signora Rochester! Essa non sarebbe esistita fino a domani, e volevo esser sicura che realmente sarebbe venuta al mondo, prima di assegnarle tutti quei possessi. Era già abbastanza che là nell'armadio, di fronte alla toeletta, dei vestiti, che si dicevano suoi, fossero appesi al posto della camicetta di stoffa nera di Lowood e del cappello di paglia. Appartenevano veramente a me quella toeletta da sposa, quel vestito grigio perla, e quel velo vaporoso sospesi all'attaccapanni? Chiusi l'armadio per nascondere quello strano, fantastico apparato, che a quell'ora, erano le nove di sera, aveva il luccichio di uno spirito nell'ombra della mia camera. <<Ti lascerò a te stesso, bianco sogno>>, dissi, <<ho la febbre; sento il vento soffiare; andrò fuori ad ascoltarlo.>> L'incalzare dei preparativi, la nuova vita, che avrei cominciato il giorno dopo, non erano le sole cause che mi rendevano febbricitante. Sebbene anche queste circostanze avessero la loro parte, c'era una terza ragione che agiva molto più fortemente sul mio animo.
Sentivo il cuore in preda a una strana ansia. Mi era accaduto qualcosa che non potevo spiegarmi. Soltanto io sapevo quel che era avvenuto la notte precedente. Quella notte il signor Rochester era stato assente da casa e non era ancora ritornato. Era stato chiamato in una piccola proprietà di due o tre fattorie a quasi trenta miglia per affari che richiedevano la sua presenza, in vista della sua partenza dall'Inghilterra. Ora aspettavo il suo ritorno. Ero desiderosa di confidarmi e chiedergli la soluzione dell'enigma che mi inquietava. E anche tu, lettore, aspetta a conoscere il mio segreto, quando lo confiderò a lui.
Mi rifugiai nel frutteto, battuto dal vento che aveva soffiato volento per tutta la giornata da sud, senza portare una goccia di pioggia. Invece di diminuire col calare della notte, sembrava che avesse aumentata la sua violenza. Con tanta veemenza sospingeva le chiome degli alberi che questi rimanevano costantemente piegati verso nord, e ammassava da quella parte nuvole su nuvole. Non si scorgeva pezzetto di azzurro in quella notte di luglio.
Sentivo un certo piacere a lasciarmi portare dal vento, al cui impeto sibilante nello spazio aprivo l'angoscia del mio animo. Discesi lungo il viale di lauri, e mi fermai dinanzi all'ippocastano. Questo si innalzava nero, e ferito. Il tronco, spaccato nel centro, pareva uno spettro. Le due parti ancora vicine erano tenute insieme dalla solida base e dalle robuste radici. Benchè fosse distrutta la sua vitalità, benchè la linfa non potesse più scorrere, e il fogliame da ogni lato fosse morto, e benchè le tempeste del prossimo inverno l'avrebbero certamente abbattuto tutto o in parte, si poteva ancora chiamarlo un albero.
<<Avete ragione di attaccarvi l'una all'altra>>. dissi come se quei mostruosi tronconi fossero esseri vivi e mi potessero sentire; <<straziati, cicatrizzati e bruciati come siete, c'è ancora in voi un alito di vita fornitovi dalle oneste e fedeli radici. Non avete più foglie verdi, non vedrete più gli uccelli fare il nido e cantare i loro idilli sui vostri rami; per il tempo della gioia e dell'amore è passato, ma nel vostro declino non siete completamente soli, avete un compagno.>> Mentre guardavo, la luna fece una momentanea apparizione nel cielo dietro l'albero. Il suo disco era rosso sangue. Mi gettò uno sguardo selvaggio e pauroso, e poi scomparve di nuovo in un fitto strato di nuvole. Per un momento il vento si placò intorno a Thornfield. Ma lontano, sul bosco e sulle acque, gemette selvaggio e lucubre. Che tristezza! e corsi di nuovo via.
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Jane Eyre - C. Bronte
ChickLitImpossibile far la passeggiata quel giorno. La mattina, invece, avevamo errato un 'ora per le macchie spoglie, ma dopo pranzo (la signora Reed , quando non aveva compagnia, pranzava presto) il freddo vento invernale aveva ammassato delle nuvole così...