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Michael non riusciva a guardarlo senza sentirsi inferiore. Era una continua umiliazione e non poteva evitarlo.

Vedeva il fisico asciutto e il busto tatuato di Federico, quando si toglieva la maglietta e provava a giocare a calcio. Per quanto fosse popolare nella sua combriccola di amici, era molto maldestro. Solo Michael pareva notare quando inciampava e faceva finta di niente assumendo quell'espressione da duro.

Non poteva non fissarlo, appostato sugli spalti, fingendo di leggere un libro, come uno stalker.

Era l'unico momento in cui poteva guardarlo senza essere insultato o venir deriso dai suoi amici. Osservava quel tatuaggio intricato sulla gola, il petto colorato e il sorriso tutto denti.

Michael si sentiva decisamente un essere inutile. Era troppo alto, goffo e bizzarro: era nel fiore della sua vulnerabilità. Mentre Federico correva in campo, sistemandosi i capelli scuri, rasati ai lati, Michael si toccava i ricci abbondanti e disordinati.

("Sono l'elefante e non ci passo, mi trascino lento il peso addosso...")

Michael non sarebbe mai entrato in quel gruppo, non ne era adatto. Anzi, non avrebbe mai fatto parte di nessuna cerchia. Era quel ragazzo solitario che camminava da solo, strisciando i piedi, cercando di non investire nessuno con la sua mania di guardarsi le scarpe.

Lanciò un'ultima occhiata a Federico, sorridendo quando lo vide cadere steso al suolo, sovrastato dai corpi dei suoi compagni di squadra. Si diresse a casa, sperando di fermare il tempo perché il giorno dopo, a scuola, sarebbe ricominciata la solita routine.

Essere picchiato dagli amici di Federico, venir preso in giro in classe per la sua dislessia, essere spinto nei corridoi e sedersi da solo in mensa.

("...vivo la vergogna e mangio da solo e non sai che dolore sognare per chi non può mai...")

Michael inizialmente aveva fantasticato sulla relazione che avrebbe potuto avere con Federico. Era tutto così bello.

Ma era un sogno.

Non poteva avere quelle fantasie, non erano altro che sale sulle sue ferite aperte. Specialmente quando Federico gli sorrideva di nascosto, dolcemente.

Quel giorno, i soliti amici di Federico gli rovesciarono il vassoio verde addosso; l'acqua inondò tutta la maglietta e l'hamburger gli cadde, lasciando una striscia rossa sui jeans gialli.

Non ebbe occasione di sentire le risate della mensa perché corse in bagno, rifugiandosi in un angolo.

("... sono l'elefante e mi nascondo ma non c'è rifugio così profondo...")

Avrebbe voluto sotterrarsi.

Sentì una porta del bagno aprirsi e ne uscì un ragazzo molto familiare, con un piercing in mezzo alle sopracciglia. Federico lo vide rannicchiato nell'angolo del bagno e, quando si avvicinò abbastanza, capì il motivo per cui era scappato. Michael non lasciò il tempo a Federico di parlare. Con gli occhi traboccanti di lacrime si alzò, pronto a correre via... non notando una chiazza d'acqua sul pavimento.

Cadde, steso a pancia in su sul pavimento freddo, proprio nel momento in cui entrava un bullo nel bagno. 

("... io non so scappare, che pena mostrarmi così, al tuo sguardo che amo e che ride di me...")

Subito il ragazzo si mise a ridere e Federico non poté fare a meno di lasciarsi fuggire una risatina. Non voleva davvero deridere quel povero ragazzo, dato che probabilmente sarebbe scivolato anche lui, ma la popolarità contava di più. Soppresse l'istinto di andare ad aiutarlo, offrirgli una mano e chiedergli se si fosse fatto male.

Butterfly & Maiasaura (Midez)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora