Sul baratro del dolore trovai la forza necessaria per varcare per l'ultima volta la porta di casa, che di casa-nel senso affettivo-non aveva niente.
Leila mi guardò con disapprovazione mista a rimpianto e dolore mentre mi affrettavo a svuotare il mio armadio e a prelevare i soldi necessari per il viaggio.
"Scappare non è una soluzione" aveva detto con voce preoccupata dopo averle spiegato il mio folle piano.
Eppure la parte razionale del mio io sembrava combattere contro il dolore che oramai aveva fatto presa sulla mia persona. Non c'era niente da fare. Dovevo scappare prima che quel dolore diventasse permanente.
Arrivai in stazione, fu facile per me prelevare un biglietto dalle macchine con la carta d'identità di mia madre. Leila era accanto a me, voleva salutarmi ed accompagnarmi, sperare che cambiassi idea, cosa che non sarebbe mai accaduta. Le porsi la carta di Giulia e salì sul treno il Piemonte mi stava aspettando.
Avevo paura di addormentarmi, adesso non c'era più Leila a calmare le mie angosciate grida di terrore e sinceramente non volevo rivivere quello strano accaduto irreale.
Così cominciai a leggere New Moon per la milionesima volta.
Dopo qualche oretta le telefonate di Giulia: incessanti, disperate. Non riuscivo a perdonarla, però le dovevo un ultima cosa...
"Giulia, calmati sono viva, sono in treno andrò a vivere dalla nonna, non cercarmi e non chiamarmi più. Ho appreso l'arte dell'indipendenza molto tempo fa. Abbi cura di te."le parole bruciavano in gola spinte dalla rabbia e dal dolore, ero stata diretta e calma?
Non lo so. Sapevo solo di essere stata dura quanto basta per far placare la disperazione di Giulia.
Giunta a destinazione presi il regionale diretta verso la periferia di Locana. Mi sentivo meglio, forse era l'aria o forse semplicemente il senso di libertà.Appena scorsi la casina incastonata nella roccia mi sentii protetta, bussai impaziente respirando a pieni polmoni la natura che mi circondava. Amavo quel posto più di me stessa.
La porta di apri scricchiolando mente la donnina bassa a me tanto cara sbucò improvvisamente. Nei suoi occhi si raccese una scintilla e con la voce piena di sorpresa mi accolse con un caldo abbraccio. Però c'era qualcosa che non mi quadrava. I suoi occhi non erano più azzurri come il cielo ma bianchi come le nuvole. Era diventata cieca. I miei occhi cominciavano a velarsi di lacrime, fui grata della sua cecità in quel momento.
"Bambina mia, so cosa pensi in questo momento, i miei amici mi hanno avvertito del tuo arrivo, ti ho aspettato per moltissimo tempo. Entra cara o preferisci pranzare fuori la porta" ed ecco il suo sorriso brillante spuntare sul viso rugoso e paffuto.
Ero a casa.
Nel vero senso della parola.