Capitolo 1

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La cella era maleodorante, la muffa aveva coperto come edera una parete intera rendendo l'area irrespirabile, in teoria non potevano tenermi lì, in teoria quell'ambiente era pericoloso, ma come potevo solamente chiedere una cosa del genere, una cosa così stupida e futile come cambiare stanza per un po' di muffa, tutti sapevano bene che ero "un'istgatrice di rivolta", ero sopravvissuta ad una guerra, cosa mi avrebbe fatto un po' di muffa? Avrebbero capito il vero motivo per cui volevo cambiare stanza? Sicuramente si, meglio starmene al mio posto.
Però forse gli sarei stata più vicina, anche di pochi metri. Lo so. A volte di notte sento le sue urla, non c'è dolore nella sua voce ma ribellione. È stata tutta una messinscena, lui è vivo, lo sento dentro, e no, non ridete, lui fa parte di me, lo avrei avvertito in qualche modo se...se stesse soffrendo o se fosse addirittura morto, l'ho visto sciogliersi davanti ai miei occhi, ma mi rifiuto di credere sia morto. Non mi ha cercata, perché? Mesalla lo avrebbe fatto sicuramente, lui mi amava, così diceva, io ci ho creduto, ci credo ancora, ci credo, credo in lui e soprattutto credo in noi, so che verrà probabilmente da un momento all'altro.
Prendo la videocamera, me l'hanno lasciata perché hanno detto che non posso farci nulla di pericoloso, riguardo i filmini che abbiamo fatto nel corso della nostra brevissima relazione. Tanto tempo per trovarci e così poco per stare insieme. Rivivo il nostro primo appuntamento, la nostra prima serata al ristorante,la prima volta che siamo andati a ballare insieme, una successione di momenti, stupidi e importanti mi scorre davanti agli occhi e poi ritrovo quasi per caso il nostro primo bacio,il cuore mi si colma di nostalgia mista a dolore, lo amo, io che amo qualcuno, mi fa quasi ridere, ma invece della risata che mi aspettavo mi escono dagli occhi grandi e calde gocce d'acqua susseguite a tempo alterno da singhiozzi strozzati, mi faccio pena. Ridicola certo, stupida, strana, la nota stonata di una sinfonia perfetta.
Mi specchio, sono orribile.
Gli occhi sono arrossati, sia per il pianto, sia per il sonno, le guance sono scavate, i capelli un tempo rasati da un lato sono ricresciuti fino alla spalla coprendo il tatuaggio e alle ferite di guerra se ne sono aggiunte altre, più recenti, oserei dire "fresche", le ferite delle torture.
Mi accorgo guardando il lucernario che è tardi, è una notte senza stelle, vuota. Mi stendo sul mucchietto di paglia che qui definiscono letto, ma, non dormo, non ci riesco, rifletto, ricordo.

La certezza che lui verrà sta quasi svanendo, sono passati cinque anni dalla rivolta, cinque anni di fame, cinque anni di torture e fustigazioni, cinque anni di sofferenza, ma tra tutti i dolori il maggiore è stata la sua mancanza, durante le torture mi bastava pensare a lui e non mi concentrato più sul dolore fisico ma su quello mentale.
Dovevo prendere una decisione, dovevo scegliere un limite di giorni, 10 giorni e se non sarebbe venuto lui lo sarei andato a cercare io. Penso a tutte le cose che devo dirgli e rassicurata da questi caldi pensieri mi addormento cullata dalle accoglienti e sicure braccia della notte.

The 77th FG (Concorso Hunger Games)- UnondachesinfrangeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora