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13 Agosto 2001

«Non ti sopporto più!», strillo, con voce incredibilmente acuta, pestando il piede a terra con tutta la forza che ho in corpo. Ho l'impressione che le mie guance stiano andando a fuoco e gli occhi mi si riempiono di lacrime: Kim Jongin ha appena strappato dalle mani la bambola più bella che possiedo, nonché una delle mie preferite.
Il bambino scoppia a ridere e lancia il pupazzo in aria per poi acciuffarlo al volo: «Andiamo, Woori!», dice, con la voce carica di divertimento, «so che sotto sotto mi adori».

Stringo i pugni e scuoto la testa, lottando contro l'impulso di tirargli i capelli uno ad uno. «Non è vero! Sei insopportabile, appiccicoso, insensibile e non hai il minimo rispetto per le femmine!», alzo le braccia al cielo per poi incrociarle al petto e mettere su uno dei miei bronci adorabili.

Non capisco il motivo per cui mi abbia fatto alzare dal tavolo, mi abbia portato nella pineta che cresce proprio accanto al ristorante, lontana da mamma e papà, e abbia cominciato a fare lo sbruffone. Ma forse si diverte a vedermi perdere la pazienza.

«Non ti adoro affatto», sbotto. «Sei proprio cattivo!». Ho solo sette anni, questo è l'unico insulto che mi viene in mente.
Jongin scoppia a ridere e mi fa la linguaccia. «Sei davvero carina quando ti arrabbi. Arricci il naso, tiri fuori le labbra e chiudi gli occhi. Sembri una bambolina, − lancia un'occhiata al viso paffutello e dolce del bambolotto di pezza che ha in mano e me lo agita davanti al naso dicendo, con la voce ancora più acuta del normale, − somigli proprio a me, piccola Woori!»

Angel, la mai bambola, è molto bella. Quindi è un complimento? Certo che no, non è una cosa da Kim Jongin. «Non prendermi in giro, Jongin-ah!», borbotto, cercando comunque di nascondere un piccolo sorriso.
Anche se è insopportabile, fastidioso come una zanzara, odioso e dispettoso, è un bambino davvero bello: ha i capelli biondo-platino, in contrasto con la carnagione color caffelatte; i suoi occhi scuri brillano sempre di gioia e quando sorride mette in mostra la sua dentatura bianca e perfetta. È come guardare una fetta di torta al cioccolato con una serie di granelli di zucchero spolverati sopra.

«Non ti prendo in giro, piccola Woori. Anzi, lo sai come ti chiamerò d'ora in poi? Angel, come la tua bambola, − mi restituisce il pupazzo e allaccia le mani dietro la schiena, cominciando a dondolare sui talloni, − oh, Angel, un'ultima cosa: smetti di essere acida! Ti rendi antipatica!»
Come? Ha appena detto che sono antipatica?! Lui è antipatico, non io! Cerco in tutti i modi di controllare l'impulso di prenderlo a ceffoni, anche se vorrei con tutto il mio cuore, e sento le guance accaldarsi di nuovo a causa della rabbia. «Yah! Jongin-ah! Non ti permetto di mancarmi di rispetto in questo modo! − Vedendo la mia espressione infuriata, il poppante si mette a ridere con la mano poggiata sulla pancia. − BABO¹-AH!», grido. Sto per perdere quel briciolo di pazienza che mi è rimasta.
Per tutta risposta, lui mi mostra uno dei suoi tipici sorrisetti da mascalzone.

Sento il sangue salire al cervello e, mentalmente, gli prometto vendetta: non può prendersi gioco di me in questo modo, il signorino. Così poso Angel per terra con più delicatezza possibile, tiro sul le maniche del mio vestitino a fiori e gli agito i pugni davanti al naso: «Jongin-ah, ti conviene scappare!»

Jongin alza le braccia in segno di resa e dice, sarcastico: «Oh, che paura! Cosa mi potrebbe fare la dolce Angel? Aiuto, mamma!», fa un passo indietro, sempre sorridendo come uno scemo.
Basta, non lo sopporto più.
Comincio a rincorrerlo, cercando in tutti i modi possibili di afferrarlo per la maglietta e strappargli i capelli uno ad uno; ma lui è troppo veloce! "Aish, non vale, babo-ah! Tu sei un maschio e sei più veloce di me!", penso, mentre mi lascio cadere sull'erba soffice per riprendere fiato.

Con la coda dell'occhio, vedo il ragazzino che fa le boccacce nella mia direzione e saltella come un canguro, rinfacciando il fatto che sono troppo lenta per stare al suo passo. Sbuffo sonoramente e poggio il mento sul palmo della mia mano, lanciando uno sguardo curioso al cielo: i grossi nuvoloni che troneggiano su di noi promettono pioggia.
Sarà meglio entrare: «Jongin-ah! Torniamo dentro, sta per piovere! Non voglio prendere un raffreddore per colpa tua», strillo, e mi rialzo spolverando la gonna da eventuali tracce di erbetta.
«Yah, Angel! Non chiamarmi più "Jongin-ah", chiamami "Oppa"!», si avvicina a me e incrocia le braccia, guardandomi dall'alto al basso.
Sostengo il suo sguardo e sbotto: «E perché mai dovrei chiamarti "Oppa"?»
«Perché sono più grande di te», risponde lui prontamente.
«Solo di pochi mesi», ribatto, sicura di quello che sto dicendo. Non userò mai l'onorifico "oppa" con uno come lui, se lo può scordare! Manco fra un milione di anni, solo quando vedrò volare un asino.

Jongin mi fa il verso: «Gne, gne, gne, sei proprio un angioletto acido, − sta per aggiungere qualcos'altro, ma viene bloccato da un fulmine che squarcia il cielo, seguito subito dopo da un tuono assordante, − entriamo dentro, Woori-ah, è in arrivo una tempesta!», detto questo, corre verso la portafinestra che conduce all'interno del ristorante e se la chiude alle spalle.

Oh, no.

Mi ha lasciata fuori!

Mi fiondo verso di lui e comincio a battere i pugni sul vetro, mentre sento le lacrime minacciare di rotolare lungo le guance: «Fammi entrare!», urlo, con voce rotta.
La pioggia comincia già a cadere, le gocce gelate mi inzuppano i vestiti e mi appiccicano i lunghi capelli castani sulla schiena.
Jongin scuote la testa e si indica l'orecchio, per poi agitare il pollice e l'indice: «Non sento!»
Razza di babo! Quanto lo odio!

21 Aprile 2002

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 07, 2016 ⏰

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