Prologo

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Parto dall'inizio perché è da lì che dovrebbe iniziare una storia. Vi sembrerà una cosa superficiale ma in realtà non lo è e in seguito capirete il motivo per cui io, in assenza di razionalità o senso logico, affermo ciò.

Era una sera di primavera. I fiori decoravano le già verdi chiome di arbusti immensi, i cui tronchi parevano celebrare la maestosità di possenti alberi.

Sembrava fantastico come le nuvole bianche incorniciassero il cielo chiaro e limpido e come le farfalle e altri piccoli e deliziosi insetti giocassero liberi nell'aria. Talvolta si posavano sulle foglie, oppure, disegnavano cerchi inesistenti che poi, attraverso l'immaginazione, fluttuavano dolcemente dove desideravano. Io ero l'artefice di quell'innocente e infantile fantasia, cercavo di non perderla mai perché solo in quel modo avrei potuto veramente continuare ad essere me stessa e a sognare.

Quei cerchi potevano benissimo essere paragonati a me perché a volte mi sentivo inesistente, il frutto dell'immaginazione di qualcuno che casualmente aveva notato che qualche farfalla o qualcos'altro, mi aveva creata. Vi sembrerà una cosa stupida da pensare ma siccome voglio essere solo me stessa mentre vi racconto questa storia, vi parlerò solamente di tutto ciò che mi rappresenta attraverso il pensiero.

Quella sera, nonostante la meraviglia generale del mondo, della natura, era diversa dalle altre perché proprio in quel giorno era morto mio padre.

Queste parole, su questo foglio, sembrano così finte e inutili e pronunciate suonano come subdole e orribili, eppure, per quanto io non volessi accettare la realtà, erano vere. Da tempo avevo imparato che le parole sono un'arma potentissima perché possono rappresentare la falsità e la verità in un tempo indeterminato e quanto ancora vorrei credere che sia così, quanto ancora vorrei essere capace di sfuggire da ciò che mi fa male e guardare tutto come se fosse qualcosa di non certo, o meglio, qualcosa il cui esito sia sempre positivo.

Peccato che non lo sia sempre.

La morte di mio padre fu un duro colpo: come avrei potuto vivere senza colui il quale mi aveva dato la vita per mezzo dell'amore incondizionato che provava con mia madre? Come potevo ostentare verso un fatto e una persona essenziale, allora? Come potevo io, appena quattordicenne, essere forte per me e per mia madre abbandonata ad un dolore immenso?

Mi sono posta tante volte queste domande, in seguito alla morte del mio caro babbo e piangevo per ore di notte, non trovando nessun altra soluzione se non quella di andare avanti, fino alla fine.

Ero figlia unica e per di più non avevamo parenti stretti qui a Pisa, la città nella quale ci siamo dovuti trasferire anni fa, quando io avevo appena compiuto sette anni.

Mi sentivo piccola e grande.

Molte volte costrinsi mio padre a portarmi nella Torre che caratterizza quel paese tanto bello, troppo bello. Si, nel mio cuore avevo la mia amata Messina che, nonostante avessi pochi anni nell'anno del trasferimento, ricordavo benissimo. Ma quella struttura mi caratterizzava in un modo singolare. Perché mi sentivo così, mi sentivo storta... Be è strano ma era questa la sensazione che provavo ogni volta che, maestosa e enorme, si materializzava davanti a me. Mio padre, inconsapevole di questo, mi ci portava ogni qual volta che glielo chiedevo. Probabilmente perché vedeva come sognavo mentre ammiravo tanta magnificenza. In un'occasione mi accorsi che mi guardava sorridendo, mentre i miei occhi brillavano e il mio cuore batteva forte per la gioia. Con il tempo La Torre è diventata il nostro posto preferito, o semplicemente il nostro posto. Lì davanti, seduti sopra una panchina parlavamo di tante cose... Ecco, lui era diventato il mio migliore amico e tra di noi era nato un rapporto meraviglioso. Ci volevamo talmente tanto bene, a tal punto che ci dicemmo che neanche la morte ci avrebbe diviso. Forse quello sarebbe stato l'unico ostacolo che avrebbe potuto interferire nella nostra vita, ma che non avrebbe spezzato in alcun modo ciò che si era creato. Alcune mie compagne avevano un rapporto orrendo con i loro genitori, altri venivano picchiati e io mi sentivo fortunata, sia della mia vita, sia dell'amore che mia madre e mio padre mi davano, senza volere in cambio niente che non fosse il mio sorriso e la mia felicità. Per questo, talvolta, per quanto continuassi a sentirmi similare alla bellissima Torre, cercavo di stare su con il morale. Si, io ero fortunatissima, ma la vita mi aveva tolto troppo bruscamente e prematuramente ciò che mi apparteneva e che mi faceva sentire viva e amata: mio padre, la persona più buona al mondo... Tutto il mio mondo

Si, ero fortunata...

Non potete neanche immaginare come durante quella sera, quei cerchi iniziassero ad apparire scuri e non colorati e come quel cielo limpido diventasse sempre più nero. Era iniziato a piovere... L'acqua scorreva per la stradina solitaria, sopra la quale restavo seduta a osservare le lacrime impetuose del cielo che sembrava soffrisse insieme a me. L'acqua continuava a scorrere dappertutto, anche la mia pelle veniva accarezzata da quella fonte così dolce e pura... Quanto avrei voluto che scorresse in quel modo anche il mio dolore. Ma capivo che nella vita è necessario affrontare tutto ciò che accade e che ci appare orrendo, o almeno credevo di avere questa consapevolezza e la cercavo ogni qual volta che mi sentivo più depressa, più sola.

E ciò mi aiutava. Infatti, anche solamente trovare la forza mi dava forza. So che è difficile da comprendere ma questo era il mio pensiero.

Comunque mi sentivo sola.

Io ero un puntino, contro il male che mi opprimeva l'anima, che mi privava dell'ossigeno e che mi obbligava a rimanere intrappolata in una realtà non congeniale alla mia voglia di vivere secondo ideali giusti e vicina alle persone più importanti. Ovviamente, però, dovevo stare vicina a mia madre: era troppo debole e amava mio padre in un modo inspiegabile e anche lui nutriva questo profondo sentimento nei suoi confronti. Avrei voluto essere forte per lei ma come potevo? Non riuscivo ad esserlo talvolta neanche per me stessa. Comunque continuavo ad andare avanti. Niente mi avrebbe fermato. Avevo passato notti a distruggere tutto ciò che avevo appreso grazie all'insegnamento costante di mio padre, solamente per dimenticare perché mi sembrava il modo giusto per vivere senza di lui: dimenticando di lui, di ciò che era per me e di ciò che aveva fatto per me. Ci avrei provato, se il sentimento che ci univa fosse stato debole; avrei iniziato a sgretolare tutte le mie certezze e consapevolezze se non avessi avuto il pensiero di tenere presente la memoria di mio padre. Avevo capito che dimenticare per non soffrire è inutile. D'altronde non ci sarei riuscita. Sarebbe stato impossibile visto ciò che ero e che mi sentivo, sarei diventata. Con il tempo ero riuscita ad essere più forte per la donna che mi aveva creato. Ci avevo impiegato circa due mesi a rendermi conto di non essere l'unica a soffrire. A quel punto mi sono rimboccata le maniche, ho guardato la mia vita come la mia migliore amica e ho abbandonato la paura.

Perché si, avevo paura.

Avevo timore di non farcela, di non riuscire a vivere senza mio padre, di cambiare a causa del dolore per poi diventare come quelle persone troppo deboli che per sopravvivere si rifugiano nell'alcool, nella droga.

Avevo paura di non possedere le capacità per rialzarmi perché temevo di ricadere nuovamente, provando a rimettermi in piedi. Avrei amplificato il dolore che mi demoliva a poco a poco l'anima, mi sarei trovata succube della mia debolezza, della mia solitudine momentanea. Invece ho trovato me stessa. In questo modo ho potuto stare affianco a mia madre.

Quella sera era diventata orrenda, come ho già detto. Vedevo come il sole che splendeva caldo nell'orizzonte, veniva ricoperto da grosse nubi nere. Non sentivo Dio vicino a me ma ora, so che era lì al mio fianco, mi osservava, sapeva della mia sofferenza. Solo ora sento il suo abbraccio invadermi in tutto il corpo, solo ora sento quanto è importante quell'affetto. Quante volte mi sono posta mille domande senza trovare risposta alcuna? Quante volte ho pensato di non essere all'altezza? Quante volte ho pianto? Quanto ho aspettato braccia forti in grado di salvarmi o semplicemente proteggermi? E ancora quante volte mi sono arresa per poi riprendere a vivere solamente per mia madre? Ancora non sapevo cosa era la fede, ma poi l'ho trovata, così semplicemente, dentro il mio animo.

In seguito, l'influenza di una persona, entrata nella mia vita nel momento giusto e sbagliato, mi ha continuato a sostenere, inspiegabilmente, senza pretese e anche solo la consapevolezza dell'esistenza di questo individuo tanto dolce, mi ha dato forza.

Non so se leggerete questa storia, ma sappiate che è la mia storia. Può sembrare troppo triste, ma è vita pura. È la storia mia e di mio padre. È la storia mia e di mia madre. È la storia mia e di quella persona che ha vissuto per me e con me, la seconda persona più importante dopo i miei genitori, nonostante tutto.

Credo che capirete il mio dolore, la mia felicità, le mie follie. Credo che possiate farlo perché anche voi avete vissuto e state vivendo in nome dell'amore, inconsapevolmente lo avete fatto e lo state facendo. Ve lo assicuro.

Voglio inoltre che sappiate che vi ammiro: ognuno di voi ha affrontato ciò che ha potuto affrontare, solo per la propria vita e di questo ve ne sarò grata per sempre. Solo ora non mi sento sola.

Vi sento vicini, come io lo sono con voi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 09, 2016 ⏰

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