M'è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. È sorta in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, non come un'evidenza. S'è insinuata subdolamente, a poco a poco; mi son sentito un po' strano, un po' impacciato, ecco tutto.
Una volta installata non s'è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, ch'era un falso allarme. Ma ecco che ora si espande.
Io non credo che il mestiere dello storico disponga all'analisi psicologica. Nella nostra partita noi abbiamo a che fare soltanto con sentimenti completi, ai quali diamo nomi generici come Ambizione, Interesse. Tuttavia se avessi un'ombra di conoscenza di me stesso questo sarebbe il momento di servirsene.
Nelle mie mani, per esempio, c'è un qualcosa di nuovo, una certa maniera di prendere la pipa o la forchetta. Oppure è la forchetta che adesso ha un certo modo di farsi prendere, non so. Or ora, entrando in camera mia, mi sono fermato di colpo sentendomi nella mano un oggetto freddo che attirava la mia attenzione con una specie di personalità. Ho aperto la mano ed ho guardato: tenevo semplicemente la maniglia della porta. Stamane in biblioteca, quando l'Autodidatta [Ogier P... di cui sì tratterà spesso in questo diario, era un usciere. Roquentin l'aveva conosciuto nel 1930 nella biblioteca di Bouville] è venuto a dirmi buongiorno, mi sono occorsi dieci secondi per riconoscerlo. Vedevo un volto sconosciuto, semplicemente un volto. E poi la sua mano, come un grosso verme bianco, nella mia mano. L'ho abbandonata subito e il braccio è ricaduto mollemente. Anche nelle strade c'è una quantità di rumori sospetti che strisciano.
Dunque in queste ultime settimane si è verificato un cambiamento. Ma dove? È un cambiamento astratto che posa sul nulla. Sono io che son cambiato? Se non sono io allora è questa camera, questa città, questa natura; bisogna scegliere.
Sono io, credo, che son cambiato: è la soluzione più semplice. Ed anche la più spiacevole, ma infine debbo riconoscere che sono soggetto a queste trasformazioni improvvise. Gli è che io penso assai di rado; perciò si accumula in me una piccola folla di metamorfosi senza ch'io ci badi, poi un bel giorno avviene una vera rivoluzione. È questo che ha dato alla mia vita un aspetto angoloso, incoerente. Quando ho lasciato la Francia, per esempio, molta gente disse ch'ero partito per un colpo di testa e quando son tornato, bruscamente, dopo sei anni di viaggi, si sarebbe potuto parlare altrettanto bene di colpo di testa.
Mi rivedo ancora, con Mercier, nell'ufficio di quel funzionario francese che s'è dimesso l'anno scorso in seguito all'affare Petrou.
Mercier si recava nel Bengala con una missione archeologica ed insisteva che mi unissi a lui. Mi domando perché, adesso. Penso che non fosse sicuro di Portai, e che contasse su di me per tenerlo d'occhio. Non vedevo alcun motivo di rifiutare, e anche se a quell'epoca avessi presentito questo piccolo retroscena a proposito di Portai sarebbe stata una ragione dì più per accettare con entusiasmo. Ebbene, ero come paralizzato, non potevo dire una parola. Fissavo una statuetta khmeta posata su d'un tappeto verde, accanto ad un apparecchio telefonico.
Mi pareva d'esser pieno di linfa o di latte tiepido. Mercier con una pazienza angelica che velava una certa irritazione, mi diceva: - Capite, bisogna ch'io abbia un'assicurazione formale; so che finirete per dire di si: tanto varrebbe dirmelo subito.
Mercier ha una barba d'un nero rossiccio, profumatissima, e ogni volta che muoveva la testa mi faceva respirare uno sbuffo di profumo. Poi, d'un tratto, mi svegliai da un sonno di sei anni.
La statuetta mi parve sgradevole e stupida e sentii che mi annoiavo profondamente. Non arrivavo a capire perché mi trovavo in Indocina. Che cosa facevo li? Perché parlavo con quella gente? Perché ero vestito in modo così strambo? La mia passione era morta. Mi aveva sommerso e trascinato per anni; ora mi sentivo vuoto. Ma c'era di peggio, dinanzi a me, posata con una specie d'indolenza, v'era un'idea voluminosa e scialba. Non so bene che cosa era, ma non potevo guardarla, tanto mi accorava. Tutto ciò si confondeva per me col profumo della barba di Mercier.
Mi sentii traboccante di collera verso di lui, e risposi seccamente: - Vi ringrazio, ma credo d'aver viaggiato abbastanza: adesso bisogna che rientri in Francia. Due giorni dopo prendevo il piroscafo per Marsiglia. Se non sbaglio, se tutti questi segni che s'affollano sono precursori d'un nuovo capovolgimento della mia vita, ebbene, ho paura. Non già che la mia vita sia ricca, o greve, o preziosa. Ma ho paura di quello che sta per nascere, che sta per impadronirsi di me. e trascinarmi, dove? Dovrò ancora andarmene e lasciare tutto in asso, le mie
ricerche, il mio libro? Che debba risvegliarmi, tra qualche mese, tra qualche anno, stremato, deluso, in mezzo a nuove rovine? Vorrei vederci chiaro, in me, prima che sia troppo tardi.
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La nausea- Sartre
General FictionAltra storia non mia, è un romanzo di Sartre che mi ha colpito particolarmente, vi invito a leggere la trama online.