Imbracciai il mio fucile e ripresi a sparare. In pochi attimi avevamo perso decine di uomini. Ci avevano attaccati e stavano avendo la meglio, cosa che non potevamo assolutamente permettere. Mi riparai dietro al muro di pietra e mi stropicciai gli occhi con il dorso della mano. La sabbia di questo posto di merda era in grado di infilarti anche su per il culo. Ma quella distrazione mi costò cara. Non potei vedere che i ragazzi che coprivano il fianco sinistro erano stati feriti e adesso la mia sinistra era completamente scoperta. Non mi accorsi dei nemici che riuscirono a penetrare nell'edificio alle mie spalle e notai quella granata troppo tardi.
"granata!" gridai a squarciagola, ma nessuno riuscì a spostarsi in tempo. Ci fu un'esplosione e io venni avvolto dall'oscurità.
Dopo non so quanto tempo ricominciai a percepire le cose attorno a me. Che diamine era successo? Dove mi trovavo? Aprii gli occhi e mi accorsi di essere nel retro di un veicolo. Di che veicolo si trattava? Dove eravamo diretti? L'ultima cosa che ricordavo erano i nemici alle mie spalle e la granata. Ripensando all'esplosione i miei occhi si sgranarono e balzai a sedere, tastandomi le gambe e le braccia. Fortunatamente non sembrava mancare niente e credevo di non essere nemmeno ferito, ma quando una fitta mi percorse il lato sinistro della testa e del viso fui costretto a ricredermi. Mi portai una mano sulla parte dolorante e sentii il sangue macchiarmi le dita. Ma mi ghiacciai quando, salendo un po', potei sentire che mi mancava una buona parte del padiglione auricolare. La granata non mi aveva colpito, l'avevano fatto sicuramente le schegge, ma mi era andata di lusso. Forse adesso capivo perché mi trovavo su di un veicolo, mi stavano sicuramente portando in infermeria ma era strano che fossi da solo. Quando la vettura si fermò balzai in piedi. Sentii della gente, degli schiamazzi, tanta confusione, ma questi non parlavano americano. Le porte del veicolo vennero aperte e davanti ai miei occhi trovai le ultime persone che avrei voluto vedere. Indossavano abbigliamento militare, ma i loro volti erano coperti da stoffa nera, si vedevano solo gli occhi e mi stavano ordinando di scendere. Il mio arabo non era buono, ma dopo aver passato mesi qui sapevo qualche parola. Tastai i mie indumenti, non trovando la mia pistola e non avevo nemmeno il mio zaino. Avevo tutto lì dentro e avevano pensato bene di disarmarmi. Scesi dal veicolo e mi afferrarono, portandomi verso un edificio. Cosa volevano? Che mi arrendessi? Potevano scordarselo. Alzai lo sguardo per capire dove mi avessero portato ma al momento ero molto disorientato. Mi fecero entrare all'interno di quella che una volta doveva essere una casa e venni trascinato in un seminterrato. Non fui meravigliato di trovare altri soldati lì e non fui meravigliato di vedere dei cadaveri. L'odore era nauseabondo qui sotto, ma ne avevo sentiti di peggio. Mi vennero ben legati i polsi dietro la schiena e le caviglie.
"s-sergente Bieber" borbottò uno dei due soldati quando gli uomini se ne furono andati. Alzai lo sguardo, incrociando quello del ragazzo. Era sporco, per la maggior parte di sangue.
"mi dispiace soldato, ma non so il tuo nome" dissi.
"Clarkson, signore" rispose.
"che cosa fanno qui, Clarkson?" domandai. Il ragazzo in risposta si voltò e mosse le mani legate. Il mio sguardo cadde su di esse e notai che gli erano rimaste solo tre dita nella mano destra mentre la sinistra non ne aveva più.
"ci interrogano sotto tortura, signore" rispose.
Passarono tre giorni prima che venisse il mio turno, ma prima che toccasse a me dovei vedere gli altri due soldati morire. La mattina del terzo giorno due uomini scesero e mi afferrarono, portandomi al piano di sopra. Venni fatto sedere su di una sedia e legato ad essa. Per ora le mie mani erano legate alla sedia, quindi speravo che almeno per oggi sarei uscito da qui con tutte le dita. Poco dopo arrivò un uomo che si sedé dall'altra parte del tavolo, davanti a me. Dai suoi occhi potei capire stesse sorridendo.
"sei fortunato..." disse guardando la mia uniforme, "sergente" aggiunse. Parlava bene la mia lingua.
"abbiamo una missione per te" mi disse e poi poggiò una foto sul tavolo. Ritraeva un oggetto che sembrava avere un grande valore.
"è un medaglione. Non approfondirò l'argomento, ti dico solo che ci serve e che dovrai assolutamente trovarlo. Vale tanti soldi" mi disse e i miei occhi caddero di nuovo su quella foto. Era veramente molto bello ed ero sicuro che non era a loro che serviva, loro ci avrebbero solamente guadagnato, quindi c'era sicuramente altro, ma la vidi più come una possibilità per andarmene da qui. Dannazione, ero stato più che fortunato.
"dove si trova?" domandai.
"a Palmira, in una necropoli. Qualcuno ha deciso di portarselo nella tomba" mi disse mentre un uomo cominciava a slegarmi. Venni trascinato fuori dall'edificio e condotto alle porte della città.
"lo farò, ma ho bisogno di alcune cose" dissi all'uomo che conosceva la mia lingua.
"ho bisogno di acqua, una pistola, un coltello, una coperta e qualcosa per ripararmi la testa. Se vado là fuori così morirò e voi non avrete niente" dico, cercando di convincerlo. Con mia sorpresa, mi venne restituito il mio equipaggiamento, la mia pistola e un bel po' di borracce piene d'acqua. Non mi sarebbero bastate ma contavo di trovare dei pozzi o cose simili in prossimità di un sito archeologico. Avvolsi attorno alla testa il grosso pezzo di stoffa e partii senza proferire parola. Fortunatamente con me avevo una mappa perché una volta fuori dalle città questo posto era tutto uguale. Cominciai il mio cammino verso sud, sperando che quello sarebbe stato il mio biglietto per la libertà, ma mi accorsi subito del soldato che avevano messo alle mie calcagna.
Di giorno faceva un caldo tremendo e di notte, a causa dell'escursione termica, si gelava. Riuscii comunque a spartire bene l'acqua, ma sembrava che il mio amico non fosse bravo quanto me, perché era già disidratato ed eravamo solo al secondo giorno di cammino. Di certo non gli avrei dato la mia. Fu veramente fortunato, perché al termine del secondo giorno trovammo uno dei tanti pozzi. Riempimmo le borracce e riprendemmo a camminare. Con altri due giorni di cammino arrivammo finalmente alla città e ne fui felice perché il mio corpo aveva cominciato a cedere. All'insaputa del mio compagno, nel mio zaino c'era un localizzatore che avevo attivato in nottata e sarei stato sicuramente ritracciato e soccorso.
"la necropoli dovrebbe essere quella" dissi indicando un edificio. Una volta all'interno mi beai dell'ombra e i miei occhi ci misero un po' ad abituarsi alla poca luce.
"dove sarebbe questo medaglione?" domandai.
"in una delle tombe" mi rispose con fare ovvio. Sospirai e, dopo aver rotto e frugato in un bel po' di tombe, trovai ciò che cercavo. Afferrai la catenella e tirai fuori il medaglione polveroso. Lo pulii con le dita e ne fui meravigliato. Sembrava fatto d'oro e aveva una pietra blu al centro. Nonostante fosse ancora molto sporco e molto vecchio, era in grado di accecare da quanto brillava Un solo sguardo e ne ero rimasto completamente incantato.
"dammelo" mi disse il mio compagno, puntandomi il suo fucile. Ridacchiai prendendo la mia pistola.
"mai" risposi e fortunatamente riuscii a sparare prima di lui. Il localizzatore funzionò e venni trovato dai miei uomini, ma prima che arrivassero nascosi il medaglione nella tasca della mia giacca. Non lo consegnai nemmeno all'esercito americano, ma gli consegnai informazioni sicuramente importanti. Le mie ferite si infettarono e rischiai di perdere la vita a causa di una setticemia, ma riuscii a scamparla e ancora una volta pensai che fosse opera del medaglione che avevo tenuto sotto al cuscino per tutta la durata del ricovero. Venni congedato con onore e potei tornare a casa. Quel medaglione mi aveva salvato la vita due volte e da quel momento lo portai sempre con me. Era il mio portafortuna.
Tornare alla vita normale fu veramente dura purtroppo. Fu difficile anche accettare le condizioni del mio viso, ma tutto migliorò quando conobbi mia moglie e quando nacquero i nostri bambini. Anche quelle furono benedizioni, benedizioni del medaglione.
"questo bambini, è il portafortuna di papà" dissi mostrandoglielo e risi sentendo i loro commenti.
"posso indossarlo papà?" domandò Ally.
"te ne comprerò uno quando sarai più grande" sorrisi.
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Parole: 1396
Afterthestorm93
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One Shots - Justin Bieber
FanfictionIn questo libro pubblicherò una serie di one shots su Justin Bieber, spero vi piacciano. Cover by hvnterenee