C'era una volta, in un'isola disabitata dagli esseri umani, un bosco incantato di magici fiori, rocce e alberi, una grande famiglia di fate.
A capo di questa grande famiglia vi erano due coniugi, il Re e la Regina Bello, sovrani e protettori delle foreste boschive, genitori di due piccole fate, Noemi e Martina.
A ridosso del bosco, lontano dal suo interno, l'oceano circondava l'intera isola, in possesso della famiglia degli Elfi, a loro volta regnanti delle acque e delle coste.
Le due casate principali non s'incontravano mai, si narrava che, anticamente, un sortilegio avesse impedito loro di vivere in armonia, dividendo così i rispetti ambienti per evitare discordie e disordini fra gli abitanti magici.
Per le fate era proibito avvicinarsi alle coste, mentre per gli elfi lo era addentarsi a ridosso del bosco fatato e delle foreste adiacenti.
Per moltissimo tempo nessuno osò infrangere gli accordi, temendo l'ira funesta di un qualche cataclisma naturale.
Le fate coltivavano i boschi prendendosi cura di ogni pianta; dal canto loro gli elfi si preoccupavano di assicurare alle acque dell'oceano il giusto quantitativo di pesci e d'impedire che chiunque altro rovinasse l'isola inquinandola. All'occorrenza però potevano ergersi in aiuto d'imbarcazioni durante una tempesta e di naufraghi.
L'unico sprazzo di terra, denominato "il luogo del confine" tra foresta e acqua, era delimitato da un piccolo e stretto ruscello, in cui la corrente abbracciava le sterpaglie del bosco incantato.
Divisi da dalla terra e dall'oceano erano destinati a non incontrarsi mai, eppure, nonostante ciò, in una notte di luna piena alta nel vellutato cielo, delle grida svegliarono la fata più piccola del reame, Noemi.
Qualcuno gridava con talmente tanto strazio da non riuscire a ignorare quella richiesta d'aiuto.
Noemi lasciò la sua stanza, all'interno di uno dei tronchi centenari più grandi dell'intera isola, per dirigersi silenziosamente verso l'uscita.
Spiegò le sue maestose ali bianche e dorate per spiccare il volo verso quella voce che tanto l'aveva attratta.
Sorvolò la foresta dall'alto, dove regnavano indomiti i colori più scuri della notte, ma pur sempre luminescenti, dalle mille sfumature differenti.
Impiegò quasi un'ora per giungere in prossimità del luogo di confine. Proprio da lì riecheggiava la richiesta d'aiuto.
Nessuno degli elfi marini, né delle fate del bosco avevano osato soccorrere il giovane.
Noemi scese lungo le sponde del ruscello, pur mantenendo una distanza di sicurezza dal piccolo elfo marino. Si nascose dietro a un albero e ritrasse le sue ali luminose per non farsi scoprire.
Osservò la scena per un po', scrutando una grande tartaruga d'acqua salata, incastrata all'interno del corso d'acqua. Una delle sue zampe anteriori era annodata a una radice aggrovigliante, tipica del sottosuolo boschivo dell'isola.
Il piccolo elfo indossava un curioso vestito azzurro, con degli stivali a punta blu scuri e un cappello in tinta sulla testa, ma a stupirla fu il colore dei suoi occhi smeraldo, quando s'intrecciò al miele del suo sguardo.
Sarebbe dovuta rimanere nascosta, tuttavia senza rendersene conto si era sporta al punto da lasciarsi vedere.
L'elfo rimase a sua volta incantato dai lunghi capelli della fatina e dalla sua rara bellezza, ma non osò avvicinarla per primo, conosceva bene le regole e il rischio che comportava infrangerle.
Disperato e impotente, smise di gridare per lasciarsi sopraffare dalle lacrime. Al che, la fatina, si fece avanti con coraggio.
"Perché piangi elfo marino?" gli chiese.
"La mia tartaruga ha bisogno d'aiuto, ma non riesco a liberarla da solo"
"Io posso aiutarti"
"E come? Le radici non possono essere tagliate" le mostrò il suo coltellino invano su quelle radici magiche.
"Per noi fate è semplice" Noemi si chinò verso la radice, semplicemente sfiorandola con il tocco della sua mano. La pianta si ritrasse come per magia, lasciando libera la zampa della tartaruga.
"Come si chiama la tua tartaruga?"
"Marvin" rispose l'elfo. "E il tuo nome invece?"
"Noemi"
"Grazie Noemi per il tuo intervento. Io sono Jace"
"Abbiamo infranto le regole" puntualizzò la giovane fatina.
"Vedere i tuoi occhi valeva il rischio di un cataclisma" ribatté l'elfo.
"Dovrà restare un segreto fra noi".
Elfo e fata strinsero un accordo segreto, stringendosi la mano, concedendosi di potersi rivedere allo scoccare di ogni mezzanotte successiva.
Da quel girono i due innamorati s'incontrarono ad ogni rintocco, senza essere mai scoperti, rimanendo insieme fino al sorgere dell'alba, non mancando mai a nessuno degli appuntamenti.
Quando Noemi non si presentò in una notte d'autunno, Jace rimase ad attenderla sino al sorgere inoltrato dell'alba, così come per i rispettivi due giorni successivi.
Che si fosse stancata di trascorrere le notti in sua compagnia? Il dubbio lo sfiorò soltanto per un momento, poi iniziò a preoccuparsi seriamente della sua incolumità. Doveva esserle accaduto qualcosa di spiacevole per impedirle di raggiungerlo al luogo di confine!
Le leggi degli elfi e quelle delle fate, non impedivano soltanto di attraversare gli uni i confini degli altri, ma anche di evitare di mescolare insieme le due specie. Ma Jace, spinto dall'incontrollabile desiderio di raggiungere l'amata, disobbedì alle regole, oltrepassò il territorio delle fate alla ricerca di Noemi con una potente pozione incantata in grado di guarire ogni malattia, se mai ella ne fosse stata afflitta. In caso contrario, di abbandono, avrebbe sopportato la pena di reclusione a vita e l'inizio di una battaglia probabile fra i due popoli.
Ben presto le fate si accorsero dell'elfo che venne catturato e portato dinnanzi al Re, il padre di Noemi.
La giovane fatina aveva contratto un'erba velenosa attraversando il confine e non esisteva cura fra le piante del bosco in grado di guarirla.
Il Re ascoltò la voce del ragazzo, tutto quello che ebbe da dire prima della sentenza da emettere.
Ognuno restò commosso dalle sue lacrime e dai sentimenti che provava per la fanciulla, lo stesso Re non poté fare a meno di rivelargli quanto successo: sua figlia vegetava in uno stato comatoso dal giorno in cui mancò l'appuntamento.
Jace si sentiva in colpa, per vederlo aveva contratto l'erba velenosa, poteva volare ma aveva scelto di non farlo, aveva scelto di correre per la felicità che invadeva il suo cuore, che le stava costando la vita.
Invece di dar inizio ad una lunga guerra fra bosco e oceano, il Re emanò un accordo che permise agli elfi di oltrepassare il bosco, in pace e senza restrizioni purché gli equilibri non venissero messi a repentaglio. Ordine approvato anche dal Re degli elfi.
Jace poté somministrare la pozione a Noemi che venne risvegliata all'istante.
Il sortilegio venne spezzato dall'amore puro dei due giovani innamorati.
Il loro amore era riuscito ad unire due popolazioni in disaccordo, due Re ostinati e orgogliosi e permesso alle fate di innamorarsi degli elfi.
Il luogo di confine venne abolito, rendendo praticabile il bosco per gli elfi e le coste alle fate.
Da quel girono, elfi e fatine, Jace e Noemi, vissero per sempre felici e contenti.
STAI LEGGENDO
La fata dei boschi Noemi
FantasyFiaba per bambini, opera di fantasia dedicata a Noemi Bello.