Mi sveglio raggomitolata su qualcosa di duro e metallico. Sbatto un paio di volte le palpebre per cercare di mettere a fuoco l'ambiente umido e freddo. Mi rendo conto di avere una sorta di parete a un paio di centimetri dal naso e scatto istintivamente indietro, andando a cozzare con la schiena sull'ennesima superficie metallica.
Mi rigiro e in qualche modo mi trovo supina. La vista è ancora leggermente appannata, ma sopra di me vedo quattro pareti di acciaio arrugginito che si stagliano verso un... è un soffitto? Strizzo gli occhi e capisco che si tratta proprio di un soffitto, e di pietra.
Mi aggrappo agli spigoli di quella specie di scatola. Mi fa male tutto quando mi muovo, ma riesco a issarmi in piedi. Mentre lo faccio il pavimento si muove leggermente. Mi sporgo e mi rendo conto di trovarmi in una sorta di carretto.
Mi volto a destra e nella penombra intravedo delle rotaie che si perdono nell'ombra, e il soffitto che si piega in una sorta di tunnel.
Sono in una miniera, in uno di quei carrelli che si vedono nei film western, senza avere la minima idea di come ci sia arrivata.
Il carretto scatta in avanti. Con un gridolino cado sul fondo mentre la corsa comincia.
Mi aggrappo ancora agli spigoli e mi tiro su. Guardo indietro, ma non riesco a capire che cosa mi stia spingendo. E non vedo fiaccole o altro da cui possa provenire questa poca luce.
Le rotaie si inclinano gradualmente e la velocità aumenta.
Sento uno strano crepitio. Mi sforzo al massimo ma non vedo cosa lo provoca. Il crepitio aumenta e un brivido comincia a salirmi lungo la schiena, avvolgendosi intorno la prima vertebra (Atlante, inspiegabilmente ricordo, La prima vertebra si chiama Atlante), arrampicandosi lungo il midollo spinale e passando dal foro occipitale avvinghiandosi intorno al cervello, ghiacciandomi i neuroni e impedendomi di pensare.
Perché ora li vedo.
Un fiume di ragni che zampettano nella mia direzione.
Urlo, un urlo acuto che mi spacca i timpani.
I ragni sono più veloci del carretto, hanno le dimensioni di un cane di piccola taglia e si azzuffano l'un l'altro per cercare di raggiungermi, spintonandosi e infilzandosi con le zampe dalle punte acuminate, facendo schizzare liquido nero ovunque.
Riesco a sentire la loro famelica voglia di raggiungermi, per farmi cosa non lo voglio sapere, ma lo vogliono, di quella voglia che infiamma, che brucia, che ti distrugge e che non si spegne mai del tutto neanche ad obiettivo raggiunto.
Sento i loro cheliceri che schioccano e ogni tac mi sembra un secondo in meno che ho da vivere
miprendonomiprendonoommioddiomiprendonomiprendonomiprendono
il primo ragno raggiunge la coda del carretto. Premo la schiena contro il bordo opposto e
nonononononononono
sento le zampe graffiare la parete di fronte a me e
andateviaandateviaandateviaandatevia
i graffi sono sempre più frequenti
lasciatemistarelasciatemistare
mi rannicchio sul fondo del carretto
perchéameperchéameperchéameperchéame
il primo insetto fa capolino oltre il bordo
hopaurahopaurahopaura
e il carrello precipita verso il basso. I ragni vengono sbalzati indietro, lontano da me, ma non provo alcun sollievo.