Paraclausithyron

380 21 12
                                    



Per Elisa.

Come se ci fosse bisogno di specificarlo.




"Apri la porta"

"Vai via, per favore"

È quasi l'alba di un giovedì mattina, in un settembre che gioca a fare novembre con l'aria fredda che ti taglia le ossa e Federico si chiede se sarà costretto a dormirci nell'androne gelido e asettico di quel palazzo ultrachic milanese.

La porta blindata lo sta guardando con una certa aria di superiorità, riesce quasi a percepirlo.

Le venature della rovere sembrano prenderlo per il culo e dirgli tanto non entri, gira i tacchi e torna a casa.

"Mica, cazzo apri" tiene il pugno poggiato sulla gandalfiana sentinella, mentre dall'altro lato sente qualcosa poggiarsi sull'uscio.

"Torna a casa" la voce dall'altro lato non perde di fermezza, come quella cazzo di porta. "È tardi. Domani ho l'aereo".

"Non fare il bambino, cazzo, apri" e se deve ripetere quel fottuto verbo ancora una volta sente che farà qualcosa di cui potrebbe pentirsi.

Tira un pugno alla porta, vaffanculo stronza, e ci poggia la fronte contro, il freddo sembra resuscitargli quei due neuroni che gli sono rimasti.

"Mi sono fatto due ore di macchina dopo un concerto per venire qui, cazzo dai, sono distrutto, non ce la faccio nemmeno a stare in piedi. E qui fa un cazzo di freddo."

"Hai sbaiato. Io ho scritto non tornare per una ragione, non sono pazzo" la voce sembra essersi alzata, ma è difficile dirlo per via di quella cazzo di porta.

"Ma sei serio? Cazzo, mi mandi un messaggio dopo un concerto e mi scrivi non tornare, ci vediamo la prossima volta che vengo a Milano, forse. Che cazzo ti aspetti? Dopo che ci siamo visti e siamo stati insieme mi mandi una roba del genere. Mi spieghi che cazzo è successo?".

"È successo che anche io ho sbaiato. Ho sbaiato a fare di nuovo la stessa cosa con te. Ma ora io dico basta e tu vai a casa".

Tutto ciò stava diventando ridicolo e Federico a quel punto avrebbe volentieri girato i tacchi per tornarsene al suo di appartamento, ma quella cazzo di porta aveva già l'aria tronfia di vittoria e lui sentiva di odiarla e non gliel'avrebbe data vinta così facilmente.

"Che cazzo vuol dire? Quale sbaglio?" aveva abbassato la voce e inasprito il tono, le braccia poggiate sulla cornice dell'uscio. "Lo sbaglio è stato quando stamattina ti ho scopato nel tuo letto? O quando abbiamo limonato a casa mia?" la testa gli pulsava per la stanchezza e lo scazzo.

"Vaffanculo, cazzo, apri". Poco sonno e una porta chiusa, rendono Federico uno psicopatico.

"Go away." Quest'ultimo inglesismo era stato urlato in maniera abbastanza chiara dal ragazzo dall'altro lato, accompagnato da un sonoro pugno e un ancor più sonoro fuck you.

A quanto pare la psicosi aveva avuto più fortuna di lui nell'oltrepassare la legnosa barriera.

"Butto giù la porta, ti giuro Michael, la sfondo se non apri. Non me ne frega un cazzo se sveglio l'intero palazzo".

Quella cazzo di porta sarebbe venuta giù con lui, anche a costo di lussarsi una spalla o farsi arrestare e finire sui giornali.

Quella puttana aveva le ore contate.

ParaclausithyronDove le storie prendono vita. Scoprilo ora