Voi dovete capire da voi stessi che è un po’ difficile seguir le avventure di Peter Pan senz’avere una certa familiarità coi giardini di Kensington. Essi sono in Londra, dove vive il re d’Inghilterra, ed io ho l’abitudine di condurci ogni giorno il mio David, salvo il caso che sia decisamente infreddato. Nessun
bambino ha mai visto tutti, tutti i giardini, per la ragione che vien sempre così presto l’ora di tornare a casa. E la ragione per cui vien così presto l’ora di tornare a casa è questa, che, se voi siete così piccoli come il mio David, appena fa buio, avete subito sonno. Se vostra madre non fosse più che sicura di questo, non vi manderebbe a letto tanto di buon’ora. I giardini sono circondati da un lato da una fila interminabile di omnibus, sopra i quali ogni governante ha tanta autorità, che basta alzi il dito verso uno di essi per ottenere che immediatamente si fermi. C’è per entrare nei giardini più d’un ingresso, ma uno solo è quello per cui ciascun bambino è solito entrare, e prima d’entrare ordinariamente egli si ferma a discorrere colla donna dei palloni, che se ne sta a sedere proprio di fianco. Essa tiene stretti stretti i suoi palloni, perché sa che, se per un momento allenta la mano, le volano via, e lo sforzo continuo a cui si trova costretta, ha fatto diventar la sua faccia d’un così bel colore di porpora che sembra una melagrana matura. Una volta ce n’era un’altra, ma poi non venne più perché aveva lasciato andare tutti i suoi palloni in un momento che, profondamente immersa in chi sa mai quali pensieri, teneva la testa reclinata sul petto, ed era certo distratta. David si dolse molto per lei, ma avrebbe desiderato di essersi trovato lì, quando aveva lasciato andare i palloni.
I giardini sono un luogo spaventosamente grande con migliaia e migliaia di alberi; il primo punto dove uno arriva, entrando per la porta degli omnibus che è la più frequentata, è la Camera dei Pari: ma voi sdegnate di fermarvi lì, perché la Camera dei Pari è il ritrovo di personcine superiori, a cui è proibito di mischiarsi col volgo dei mortali, ed è chiamata così appunto per questo. Il nome fu trovato da David ed altri eroi, e voi avrete una precisa idea delle maniere e degli usi vigenti in questa parte del giardino, quando vi sia stato detto che l’un Pari saluta l’altro al suo arrivo dandogli compostamente la mano e domandandogli notiziedella sua salute! Mai un grido, mai un gioco movimentato: e parlar sempre in
punta di forchetta. Qualche volta però un Pari ribelle scavalca la cinta e fa la sua entrata nel mondo dei vivi. Una di queste ribelli fu Miss Mabel Grey, della quale vi dirò di più, quando arriveremo all’ingresso che ha il nome da lei. Essa è l’unica Pari salita veramente in celebrità. Adesso siamo nel Viale Grande, ed esso è tanto più grande degli altri viali, quanto, per esempio, vostro padre è più grande di voi. Dimodoché potete
benissimo dire, come dice David, che il Viale Grande è il padre di tutti gli altri viali. Nel Viale Grande si trovano le persone che mette conto di conoscere, e di solito ce n’è con esse una adulta, per proibir loro di andar sopra l’erba bagnata e per costringerle a restare ignominiosamente sedute sul canto di una panca, se hanno fatto il mulo o le smorfie. Fare le smorfie è comportarsi come una
bambina, piagnucolando perché la governante non vi vuol prendere in collo, o sorridendo scioccamente col dito nella bocca, e questa è una qualità proprio odiosa; ma fare il mulo è tirar calci a ogni cosa, compresa la governante, e
compiere altre simili gesta, e perciò vi è una certa tal quale soddisfazione.
Se io volessi indicarvi tutti i punti notevoli a cui si passa dinanzi percorrendo il Viale Grande, prima che avessi finito, sarebbe tempo di tornare addietro, e perciò mi limito proprio ai principalissimi. E, per cominciare, di fronte alla Camera dei Pari e vicino al cancello degli omnibus sorge l’albero di Cecco Hewlett, quel memorabile albero, ai cui piedi Cecco perdé la sua penna e cercandola trovò due soldi. Ci sono stati fatti molti scavi d’allora in poi.
Più su c’è la casetta di legno in cui andò a nascondersi Marmaduke Perry. È una storia terribile quella di Marmaduke Perry, che aveva fatto le smorfie per tre giorni di fila ed era stato condannato a comparire nel Viale Grande calzato colle calze di sua sorella. Egli corse a nascondersi nella casetta di legno, e rifiutò in ogni modo di venir fuori finché non gli portarono tanti bonbons, quanti era giusto di dargliene perché potesse superar la vergogna. Ma eccoci in vista del gran Lago Rotondo, un bellissimo luogo, dove le governanti vorrebbero sempre opporsi ad andare, perché, già, sono donne e non han punto coraggio. In compenso però esse vanno volentieri dall’altra parte, dove, proprio di faccia, sorgono il Monumento e il Palazzo delle Bambole. Nel Palazzo delle Bambole abita tutto un popolo di queste care personcine, in mezzo a tutte le comodità della vita con un’infinità di giocattoli bellissimi a propria disposizione, e protetto da un immenso esercito poderosamente armato. Il Monumento è una statua situata proprio davanti al palazzo, e deve certo rappresentare qualcuno che in vita si divertiva moltissimo a vedere i giuochi che si fanno nel Grande Viale, perché ha voluto anche dopo morto esser messo lì a contemplarli, comodamente seduto in una larga poltrona.
Adesso ci troviamo davanti alla Gobba, che è la parte del viale dove si fanno tutte le corse; ed anche se voi non avete intenzione di correre, voi correte lo stesso appena arrivate alla Gobba, perché è un posto che invita così
lusinghevolmente a farlo, che non ci si può trattenere dal cedere ed accettare l’invito. Non di rado a mezza strada si è stanchi e ci si sente battuti; ma allora c’è lì accanto un’altra casetta di legno, chiamata la Casa dei Vinti, e si va lì a rifare le forze. Lasciarsi poi venir giù per l’erbosa Gobba è un piacere che non ve n’ha certo l’uguale, ma non si può farlo nei giorni di vento perché allora non si è
condotti ai giardini: lo fanno però in cambio le foglie cadute. Non c’è forse nessuno che si diverta tanto a venir giù per la Gobba quanto una foglia caduta. Di sulla Gobba noi possiamo vedere l’ingresso a cui ha dato il suo nome Miss Mabel Grey, la Pari di cui ho promesso parlarvi. Essa era sempre accompagnata da due governanti, o da una governante e sua madre, e per molto tempo si mantenne una bambina modello che si voltava sempre da parte quando tossiva e domandava: “Come sta Lei?” agli altri Pari, e il cui solo divertimento era quello di gettare graziosamente in aria una palla e farsela poi riportare dalla
governante. Ma un bel giorno si stancò di tutto questo e volle un po’ fare la pazza, e primamente, per mostrare che era diventata pazza davvero, si sciolse i lacci delle scarpe e cacciò fuori quant’era lunga la lingua mostrandola a tutti e quattro i punti cardinali; quindi gettò la sua cintura in una pozzanghera e ci ballò sopra finché l’acqua fangosa non le fu schizzata fino sopra la faccia, dopo di che scavalcò la difesa ed ebbe una serie d’incredibili avventure, e una delle ultime, tra queste, fu che lanciò in aria tutte e due le scarpine. Alla fine arrivò all’ingresso che ora ha nome di lei e corse fuori inoltrandosi per vie dove David ed io non siamo mai stati, sebbene ne abbiamo sentito dai giardini il rumore, e corri corri corri non si sarebbe più saputo nulla di lei, se sua madre non fosse balzata dentro una vettura e non avesse cosìriacchiappata la fuggitiva. Tutto ciò accadde, debbo dire, molto tempo fa e la Mabel Grey che David ora conosce è molto diversa. Arrivati così all’altra estremità del Grande Viale, abbiamo alla nostra sinistra il Viale dei Bimbi, così pieno di carrozzelle che non v’è proprio gusto a trattenervisi, perché non vi si può correre liberamente e si è sempre sgridati dalle altrui governanti. Da questo viale un piccolo sentiero chiamato il Dito del
Gigante, perché ha appunto questa larghezza, conduce al vialino del Picnic, dove si va a far merenda sotto i grandi castagni. Dall’altra banda del piccolo
sentiero si trova invece il Pozzo di San Govor, che era pieno d’acqua il giorno in cui Malcolm l’Ardito vi cadde dentro. Era il cocco della mamma e in
considerazione che questa era vedova, egli arrivava a permetterle che gli ponesse il braccio intorno al collo anche in pubblico; ma aveva una gran propensione per le avventure, e gli piaceva di giocare con un carbonaio che, quando faceva il carbone ne’ boschi aveva ammazzato una gran quantità d’orsi. Il nome del carbonaio era Neri, e un giorno, mentre stavan giocando vicino al pozzo, Malcolm vi cadde dentro, e vi sarebbe miseramente annegato, se Neri non si fosse lanciato dentro anche lui e non lo avesse salvato; ma quando furono tornati su tutti e due, attaccati alla grossa corda della secchia, si trovò che l’acqua aveva ripulito benissimo il viso del presunto Neri, che così la mamma di
Malcolm potè riconoscere per il babbo del medesimo, pianto per morto da tanto tempo. E la conseguenza immediata di questo si fu che Malcolm non permise più oltre che la mamma gli cingesse il braccio attorno al collo davanti alla gente. Tra il pozzo e il lago c’è il gran prato per giocare al cricket, ma assai spesso la formazione e l’ordinamento delle schiere porta via tanto tempo che, per giocare, ce ne resta assai poco. Ciascuno vuol battere primo, ed allora comincian le lotte, e mentre voi lottate, gli altri generalmente decidono di giocare a qualcos’altro. Nei giardini ci sono due specie di cricket: il cricket dei maschi, che è un vero cricket col suo batti-palla, e il cricket delle ragazze che si fa colla racchetta e la governante. Le ragazze realmente non sanno giocare al cricket, ed a stare a guardarle mentre fanno i loro vani sforzi c’è da far le più matte risate e da dar loro la baia proprio di gusto. È vero però che una volta si dette uno sgraziatissimo caso, e fu quando alcune di loro sfidarono la schiera di David e una impacciosa creatura chiamata Angela Clare fece tanti colpi che... Ma, piuttosto che tediarvi collo
starvi a raccontare lo strano risultato di questa rincrescevole gara, mi sbrigherò invece a condurvi in riva al gran Lago Rotondo che è la mèta preferita di tutti i frequentatori dei giardini.
Esso è nel bel mezzo di questi e una volta arrivati li voi non desiderate di
andar più lontano. Non potete restar buoni tutto il tempo quando siete sulla sponda del Lago Rotondo, per quanti sforzi facciate. Potete restar buoni tutto il tempo nel Viale Grande, ma no in riva al Lago Rotondo, e la ragione ne è che voi ve ne dimenticate, e quando ve ne ricordate, siete ormai così bagnati che poco importa se vi bagnate un pochino di più. Ci sono molti che fanno navigare delle barche sul Lago Rotondo, delle barche così grandi che qualche volta le portano sopra delle carrette a mano.
Tra i marinai del Lago Rotondo ce ne sono di tutte le età: il che voi potete
spiegarvi benissimo pensando che tutto dipende dal quando si comincia a possedere una barca. Il primo giorno è però senza paragone il più bello: in
ispecie la soddisfazione che si prova nel fare ammirare la nostra proprietà a chi non possiede ancora nulla di simile, è qualche cosa di veramente impagabile. Ma l’abitudine, si sa, è nemica mortale del diletto: e perciò la popolazione marinaia delle sponde del Lago si rinnova molto rapidamente. Tuttavia, siccome ci sono delle barche più belle e delle barche più brutte e dei bambini più incostanti e di quelli meno incostanti, non c’è regola fissa: v’è chi arriva a divertirsi con una barca persino una settimana! Questo accade particolarmente a quei bimbi che hanno la fortuna di possedere una barca molto bella: perché, voi capite benissimo, più la barca amata è bella e più l’amore ragion vuole che duri.
Da ogni parte affluiscono al lago sentieri, come bambini. Alcuni fra essi sono sentieri ordinari, che han la loro difesa da un lato e dall’altro e sono stati fatti da uomini in maniche di camicia, ma altri invece sono capricciosi e vagabondi, in un punto larghi e in un altro così stretti che vi possono passar fra le gambe. Questi si chiamano sentieri che si son fatti da sé, e David ha sempre desiderato di vederne uno mentre si stava facendo. Ma, come tutte le più maravigliose cose che accadono nei giardini, anche questo ha luogo — noi riteniamo — di notte, dopo che i cancelli son chiusi.
Uno di siffatti sentieri viene dal luogo dove si tosano le pecore. Quando
David lasciò i suoi riccioli dal parrucchiere, disse loro addio — mi fu riferito — senza il minimo tremito nella voce, nonostante che sua madre avesse le lacrime agli occhi; perciò egli disprezza la pecora che cerca sfuggire al suo tosatore e le grida pieno di sdegno: “Vergognati, vigliaccona!” Ma, quando poi il tosatore l’afferra stretta fra le sue gambe, allora egli mostra il pugno a lui, perché adopera delle forbici tanto grandi. Un altro momento terribile è quando l’uomo ha liberato dal loro manto di sudicia lana le spalle della pecora, e questa
improvvisamente prende l’aspetto di una dama quando appare al davanzale del suo palco in teatro. Le pecore hanno un tale spavento della tosatura, che ne diventano tutte bianche e insecchite, ed appena tornano libere, cominciano subito a morsecchiar l’erba, proprio ansiosamente, come se temessero di non dover mangiare più mai. David si maraviglia in vedere come si conoscan tutte fra loro e facciano conversazione e si bacino, e poi bisticcino e se le diano e si separino adirate ad ogni momento. Perché esse sono delle gran litighine, e così diverse d’indole dalle pecore di campagna, che ogni anno vengono a dar degli urtoni al mio cane di San Bernardo, Porthos. Porthos può fare scappare tutto un pascolo di pecore di campagna solo annunziando il suo arrivo, ma queste pecore di città, invece, gli vengono incontro, con tutt’altra intenzione che d’intrattenersi gentilmente con lui, ed allora il ricordo dell’anno passato illumina come un lampo la mente di Porthos. Egli non può per dignità, ritirarsi, ma si ferma e gira intorno la testa, come per ammirare il paesaggio, e poi riprende a camminare ostentando indifferenza e guardando verso di me con la coda dell’occhio.
Lì vicino comincia la Serpentina. È una magnifica riviera, dentro cui è
affondata tutta una foresta. Se vi curvate sul margine, ne potrete veder gli alberi che crescono tutti all’incontrario. Di notte si dice che vi si vedono anche delle stelle affondate. Se è vero, Peter Pan le deve vedere quando traversa la riviera dentro il suo nido di tordo. Solo una piccola parte della Serpentina è dentro i giardini, perché presto essa passa al disotto di un ponte per arrivare là dove è l’isola, sulla quale nascono tutti gli uccelli che poi diventano bambini e bambine. A nessun essere umano, eccetto Peter Pan (e anche questi è solo a metà un essere umano) è permesso di approdare a quell’isola, ma voi potete scrivere ciò che desiderate (maschio o femmina, capelli neri o capelli biondi) sopra un pezzo di carta, e poi fate una barchetta con questo, ed essa a buio arriva all’isola di Peter Pan. Adesso finalmente siamo sulla via del ritorno. Però è una bella pretesa voler girare tanti luoghi tutti in un giorno. Io avrei dovuto trascinar via David molto prima, o fermarmi su ogni sedile come il vecchio signor Salford. Noi lo chiamavamo così, perché egli ci parlava sempre di un bellissimo posto che si chiamava Salford e in cui egli era nato. Era un vecchio signore con una curiosa faccia di mela lazzerola, il quale andava errando tutto il giorno per i giardini da sedile a sedile, sempre in cerca di qualcuno che conoscesse la città di Salford. Ora, dopo un anno e più che avevamo fatta la sua conoscenza, ci capitò di far quella di un altro vecchio signore, il quale aveva una volta passata unadomenica a Salford. Era un carattere timido e dolce, e portava scritto il suo indirizzo nell’interno del cappello, e, in qualunque parte di Londra dovesse recarsi, prima si portava sempre all’Abbazia di Westminster come a punto di partenza. Noi lo conducemmo in trionfo dall’altro amico e io non potrò mai dimenticare la esplosione di gioia con cui lo accolse il signor Salford. Da quel giorno son diventati amiconi, ed io ho potuto ammirare come vadano
perfettamente d’accordo, l’uno sempre a parlare e l’altro sempre a sentire. I due ultimi luoghi vicino a cui si passa prima di arrivare al nostro cancello sono la Tomba del Cane e il Nido del Fringuello. Noi però dichiariamo di non sapere che cosa sia la tomba del Cane: del cane nostro non è, perché Porthos è sempre con noi. Il Nido è un luogo molto triste. Esso è tutto bianco e la maniera in cui lo scoprimmo fu questa. Stavamo gettando un altro sguardo in mezzo ai cespugli per veder di ritrovare il gomitolo di filo di lana che David ci aveva qualche giorno innanzi perduto, ed invece del gomitolo trovammo un leggiadro nido fatto di filo di lana e contenente quattro uova, con sopra dei segni al tutto simili alla scrittura di David, cosicché noi pensammo che dovevano essere le affettuose lettere scritte alla mamma dai piccini che erano dentro. Ogni giorno che andavamo ai giardini, noi facevamo una visita al nido, badando bene che nessun bimbo crudele ci vedesse, e vi lasciavamo cadere dei minuzzoli di pane, cosicché in breve tempo l’uccello si abituò a considerarci come amici ed al nostro approssimarsi non fuggiva più via, ma rimaneva accovacciato nel nido e ci salutava battendo debolmente le ali e guardandoci amichevolmente con i suoi intelligenti occhiettini. Ma un giorno, quando arrivammo, non trovammo più che due uova nel nido, e la volta appresso niente. La cosa più triste era che la povera fringuellina svolazzava lì intorno lamentandosi acutamente e guardando noi con tale aria di rimprovero che si capiva come essa credesse che noi fossimo i colpevoli; e sebbene David cercasse di spiegarle che s’ingannava, era tuttavia tanto tempo dacché egli non aveva più parlato il linguaggio degli uccelli, che io temo che essa non comprese nulla di ciò che egli le disse. Tanto David quanto io quel giorno lasciammo i giardini colla nocca dell’indice davanti agli occhi.
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Peter Pan nei Giardini di Kensington
Adventure9.08.16 Peter Pan nei Giardini di Kensington è un romanzo, scritto da J.M berrie. Che narra di un bambino che sta per affrontare un gran lungo viaggio o meglio un'avventura.