«Jennifer...»
Sento qualcuno che mi chiama, quella voce è così familiare, ma non riesco a distinguerla a causa di quel continuo "bip...bip..."
Sono nel bianco più assoluto, cammino alla cieca tendendo le mani in avanti, attorno a me non c'è nulla.
Cammino, cammino per tanto tempo, non riesco a capire per quanto, forse un'ora, forse un giorno, forse cinque minuti.
Ad un certo punto vedo qualcosa, una porticina.
«Jennifer, ti prego...»
Mi guardo attorno, ma quella voce non appartiene a nessuno che io riesca a vedere.
Fisso per un po' la maniglia della porticina, è così piccola che per entrarci dovrei abbassarmi.
Esitante, afferro la maniglia, apro la porta e il bianco mi inonda.
Un secondo dopo sono su una bicicletta, una bicicletta nuova fiammante.
Vedo mio padre e mia madre sorridermi e incoraggiarmi a pedalare.
«Forza Jenny, pedala!» urla mio padre.
Sorrido e pedalo.
Adesso so andare in bici.
Poi prendo una pietra con la ruota, e cado dalla bici, sbucciandomi un ginocchio.
Piango, i miei genitori mi raggiungono.
Mamma mi sorride dolcemente.
«Imparerai, piccola. Imparerai.» afferma aiutandomi a rimettermi in piedi.
La abbraccio, ma poi la luce mi avvolge, ancora.
Adesso sono a casa, sento le urla dei miei genitori che litigano.
Li vedo.
Si lanciano oggetti di vetro addosso, frantumandoli.
È come se fossi una spettatrice della mia vita, in questo momento.
Io sono lì, davanti a loro, mi vedo, ho gli occhi rossi e lucidi.
Poi un oggetto colpisce anche me.
Urlo.
E poi il bianco.
«Jennifer, ti prego, svegliati» implora la voce di prima.
Sta piangendo. È mia madre, la riconosco.
Oh mamma, cosa mi sta succedendo?
Vorrei tanto un tuo abbraccio, in questo momento.
Perché ho questo forte mal di testa?
Mamma, perché non mi senti?
Vorrei piangere, ma è come se non avessi liquidi nel mio corpo, le lacrime non scendono.

Bip...bip...bip...

Mi ritrovo in un bagno, mi osservo da lontano.
Ho un temperino in mano.
Lo smonto.
Afferro la lama affilata, la osservo un attimo e poi la faccio scorrere sul mio braccio, decisa.
Vedo le lacrime scendere copiose dai miei occhi, il trucco colato, così come vedo scorrere rapido il sangue dal mio braccio.
Incido tagli verticali, poi vedo una boccetta contenente delle strane pillole.
La prendo con le dita tremanti e bagnate di sangue, la apro e ingerisco una pillola. Due. Tre. Quattro. Finisco la boccetta.
Mi accascio sul pavimento, ormai con gli occhi socchiusi per la stanchezza. Ho le palpebre pesanti.

Bip. Bip. Bip.

All'improvviso, capisco cosa mi succede.
Mia madre continua disperatamente a chiamarmi, ma io non riesco a risponderle.
Urlo, ma lei non mi sente.
Mamma, scusami, non volevo farlo.
Ma ormai è fatta.
Le lacrime riescono a scendere dai miei occhi, sono scossa da violenti singhiozzi.
Mamma, scusami.
Non la vedrò mai più.
Non la abbraccerò mai più.
Sto andando via, me lo sento.
Urlo ancora a mia madre.
Mi mancherai, mamma.
Mi mancherai.

Bip. Bip. Bip.

Mi preparo ad affrontare il mistero più grande dell'universo, non posso più scampare al destino.

Bip. Bip.

Addio, mamma.

Biiiiiiiiiiiiiiiiiip.

~

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