LA VENDITRICE DI ANIME
D'istinto mi verrebbe di spalmare la mia essenza sulla carta come sempre, ma oggi è un giorno diverso.
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Le lancette del mio orologio da taschino segnavano le ore 13:00.
Quello situato in piazza, invece, aveva le lancette di tre ore avanti.
Non solo ore, ma giorni, mesi, anni... un periodo indefinito ed improbabile in ogni caso.
Rimuginandoci su per un po' ho compreso che, effettivamente, un tempo definito non sarebbe mai esistito.Lasciai che le mie scarpe graffiate aderissero al marciapiede sottostante e mossi I primi passi verso un lampione spento, sul cui vetro si rinfrangeva la luce dei raggi solari.
Il negozio che mi fronteggiava era appena stato chiuso, lo realizzai osservando il cartello appeso alla maniglia della porta dall'interno.
Nella vetrina erano esposti in bella vista dei vasi in cui erano piantati narcisi.
Avrei giurato di poterne sentire il profumo inebriante, se solo avessi posseduto l'olfatto in quell'istante, avrei avuto il ricordo di quella fragranza tanto abbastanza da rallegrarmi; il narciso era il fiore che Hellen posó di fianco alla mia lapide, tempo fa, tempo indefinito, che resterà tale per sempre.Feci pressione sul vetro freddo, ma non dovetti sforzarmi più di tanto per entrare.
Una volta dentro il negozio, iniziai a sbirciare tra gli scaffali ed adocchiai un piccolo fiore: emanava un'aura malinconica e di solitudine.
Ricordo anche di quel fiore assai particolare: vidi Hellen conficcarlo nel terreno, come se fosse un pugnale.
Sei giorni dopo tentai di coglierlo, perché, se fosse restato lì, il mio petto sarebbe diventato una bomba ad ectoplasma, pur se non alimentato da un flusso sanguigno.Indossavo da parecchio tempo la cravatta color caffè-latte in tinta con la giacca; Hellen me la stava amorevolmente annodando attorno al collo prima di prendermi per mano e trascinarmi in giardino, dove mi fece adagiare sull'erba verde e soffice.
- William, facciamo un gioco con il fango, come quando eravamo piccoli: io scavo e tu costruisci.
Annuii, perché non avrei potuto fare altrimenti: aveva la mia penna, quella con la piuma di cigno che piovve dal cielo terso, parecchio tempo fa.Inizió a scavare; una buca profonda quella, ricordo persino di aver visto fluttuare dei veli grigi lí infondo.
Riempì la pozza di acqua.
- William, il fango è pronto. Ho sentito dire che rigenera la pelle; quindi, oltre ad un momento di svago solo tra me e te, ci sarà per te la possibilità di rigenerarti e dopo sarai come nuovo, vedrai.Mi aiutò ad immergermi all' interno di quella pozza, profonda quanto un viaggio da quel punto al nucleo terrestre.
Tanto fu sufficiente ad annullare definitivamente le distanze tra me e il mondo in superficie.
Perlomeno mi venne restituita la mia penna, quella con la piuma di cigno con cui scrissi concentrati d'amore e parole leggiadre che danzavano su carta, per Hellen.
Quando la mia penna mi venne restituita, la prima cosa che feci fu staccarne la punta sporca d'inchiostro.
Gettai la punta in aria e la vidi esplodere in un gioco di spruzzi e schizzi monocromatico.Hellen era l'essenza che ispirò la mia ultima opera: "La venditrice di anime" .
Mi piaceva tanto quel fiore che poi, appena sprofondai negli abissi delle tenebre, lei sradicó e portò con sé.
Io conoscevo il suo segreto, ma lei mi avrebbe disegnato un sorriso sghembo con il cotone, se avessi osato proferir parola.
Hellen, però, era anche la tentazione e mi attirava a sè; eravamo due poli opposti: lei quello positivo ed io quello negativo. È per questo che in contemporanea allo spettacolo di macchie nere, tutt'attorno si liberarono una miriade di scariche elettriche, solo una piccola interferenza tra me ed Hellen.
Hellen si riprese anche quel bellissimo narciso, fui io a suggerirle di regalarlo a qualche altro, che fosse in grado di annodarsi la cravatta da sé.
Lasciò solo la mia preziosa penna, mi rivelò che per lei non avrebbe avuto alcun senso portarla via.
Ed ancora, posó di fianco alla mia lapide quel sonetto a cui dedicai tempo, amore e incanto per scriverlo.
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Guurerei di aver sentito l' odore di quel fiore.
Solo un'idiozia quella: la mente contorta d'un pover'uomo a cui sono stati strappati anima e cuore, anche pagine preziose pur se ingiallite dal tempo.Scommetterei anche di aver sentito Hellen gridare in un sussurro lontano che udii ovattato; diceva di aver preso qualcosa che non mi apparteneva e che, essendo un poeta, non avrei saputo cosa farmene.
Rimisi le mani in tasca ed, intrappolato ancora in quel mondo, ripresi a passeggiare attorno a piazza S. Michele.
Ho rivoluto la mia penna, ma non so che farmene e non posso che dar ragione ad Hellen: cos'è un poeta dall'animo trasparente e poco vigile senza poter afferrare la propria penna?
È vero, non è proprio nulla se non un fallito destinato a vagabondare a vita, incatenato ad una massa incorporea.Quel giorno non fu nulla di diverso dagli altri. Però, quel giorno, ne sono conscio, mi servirà da lezione e credo anche voi, poeti dall'animo di corallo e luna.
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Concorso Di Scrittura By Kalimero02
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