Striker Eureka

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Sgrana gli occhi, scioccato, positivamente scioccato.

Liam sembra stia per scoppiare a piangere, ma ovviamente si trattiene, non lo fa; nessuno l'ha mai visto piangere, in realtà, quindi Harry crede sia normale che anche in quel particolare caso, nonostante abbiano finalmente trovato il sistema per evadere dai confini del Ghetto, per rivelare al mondo intero cosa succeda al di là del perimetro dell'Alto Borgo, il castano si stia contenendo.

È sempre stato un ragazzino estremamente burbero, Liam, con un cervello che avrebbe fatto invidia al miglior chimico dei laboratori di quelli dell'Alto Borgo e una capacità d'approccio ad altri esseri umani inversamente proporzionale a quella che ha rispetto alla teoria.

Non sono diventati colleghi per niente, ecco, anche se Harry, a dir la verità, non riesce a concepire niente di diverso dalla materia, dalla consistenza bollente e liquida del sangue dei mostri che invadono il Ghetto, dalla scia liscia del pugnale che trancia i loro pasti, dalle mani che sventrano budella e spezzano ossa nel tentativo di aggiudicarsi un giorno in più, un mese ancora, un altro anno nella speranza di poter guadagnare più tempo di quanto qualcuno seduto comodamente su una delle poltrone ai piani più alti di Eden ha deciso di dar loro.

Quella è la forma più semplice e pura di ingiustizia che conoscono, esattamente come i bambini morti di fame o sbranati dalle bestie che girano attorno ai paesini più piccoli del Ghetto senza che nessuno dell'Alto Borgo si preoccupi di niente, o come la Peste Nera, quella puttana che è stata la loro rovina, la loro pena più grande, la loro paura soffocante.

O almeno fino ad ora, perché Liam tra le mani sporche di una sostanza non ben definita sta stringendo una fottuta boccetta di vetro con all'interno un liquido biancastro simile a latte sbiadito, neanche fosse stato allungato con dell'acqua.

Ma quello non è latte, oh no. Quei pochissimi millilitri di liquido sono la loro unica salvezza, l'unica cosa che siano stati in grado di portare a termine in ventidue schifosissimi anni di lotta, di grida, lacrime e sangue.

«È quello che penso io?» grugnisce Niall, in piedi dietro di lui, la poca pelle visibile che la tuta da caccia sbrindellata sputa fuori totalmente sporca di polvere e terriccio.

Harry si morde il labbro, alzando gli occhi iniettati di consapevolezze verso quelli evidentemente stremati di Liam che emette un lungo respiro nell'aria, abbandonando le spalle verso il basso «Sì, N» soffia soltanto, permettendosi perfino di accennare un leggerissimo sorriso, di quelli che neanche Harry è mai riuscito a strappargli.

Tom accanto a lui deglutisce, le braccia tremanti che reggono il fucile mentre fissa scioccato la boccetta riempita di antidoto, qualche gocciolina che vale oro per le quali generazioni prima di loro hanno lavorato senza successo e che adesso, con quel fottuto cervellone di Liam Payne Atkin e le ultime tecnologie che hanno preso in prestito dalle discariche dei laboratori dell'Alto Borgo, si è finalmente tramutata in una realtà alla loro portata.

Nessuno dice niente per qualche minuto, godendosi in solitaria il sapore della vittoria sulle labbra rinsecchite per il tempo e le intemperie, i cuori che battono fin troppo forte ma nemmeno si sentono per colpa delle ventate di pioggia battente che schiaffeggiano la catapecchia dove vivono.

È Niall che scende dalle nuvole per primo, che si permette di produrre un fischio vittorioso con due dita sporche tra i denti e «Sì, cazzo! Sì, sì, sì!» grida, esagitato.

Harry si volta verso di lui e per un attimo, un secondo che dura fin troppo tempo, abbandona la sua aria sempre sull'attenti, sempre tesa come una tegola di legno e gli si butta addosso, ridendo finché gli occhi non bruciano e la gola chiede pietà.

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