1 Joelle

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Camminando lentamente si avvicinava all' International School di Milano. Finalmente il primo giorno di scuola dell' ultimo anno era arrivato, ma non provava più la gioia sfrenata del primo giorno di liceo, quando era andata incontro al grande edificio del campus piena di speranze e di sogni per le amiche che sicuramente avrebbe conosciuto e le cose che avrebbe studiato.

Il campus che ospitava l' ISM era molto grande e dalla forma strana, sembrava che i due edifici di cui era composto si intersecassero tra loro come se  l'uno quasi fosse piombato sull'altro tagliandolo in due, dando una gradevole impressione di modernità e futurismo.

Però più che la modernità e la funzionalità degli edifici, era stata attratta dalle materie di studio e dalla didattica innovativa di quella scuola. Le era sempre piaciuto studiare e le piaceva ancora, ma ormai lo studio era diventato una scusa per giustificare la sua vita da reclusa , da tre anni a questa parte ormai, il motivo delle sue non uscite e mancate amicizie nell'unica scuola che aveva frequentato per cinque anni di seguito.

Aveva alcune buone amiche, ma non erano tutte quelle che aveva immaginato quando piena di sogni e di speranze era approdata in Italia. Era sempre stata solare e positiva, una di quelle persone che possono definirsi di buona compagnia e generosa con tutte le persone della sua classe. Ma poche erano riuscite a resistere al suo cambiamento umorale e comportamentale
alla fine del primo anno di liceo. Ancora meno quelle con cui era riuscita a confidarsi e che le erano rimaste vicino, per la verità solo due, Mia e Karol, per cui vedendole sempre insieme ormai per tutti erano "il trio".

Anche questa volta sarebbe passata da dietro per evitare le file di ragazzi più grandi, magari ex alunni dell'ISM, che ogni anno aspettavano al varco le nuove iscritte per prenderle in giro, o fare apprezzamenti. Era capitato anche a lei il primo giorno delle superiori, ma come per le ragazze che entravano ora, non si era sentita per niente offesa dai loro commenti, anzi. Solo molto tempo dopo aveva capito che era stato come esporre la merce al mercato, e loro erano i compratori che venivano a scegliere la loro prossima preda.

Ma non voleva pensarci ora, non poteva iniziare l'anno sempre con i soliti pensieri, il passato non poteva essere cambiato, ma nemmeno doveva rovinare il suo presente. Con un gesto di stizza verso se stessa alzò la testa e accelerò il passo costeggiando la recinzione di tubolari in metallo, che, come tante cannucce infilate nel cemento a distanza regolare, circondavano tutto il complesso scolastico.

Si dirigeva verso il cortile interno che divideva l'edificio della primary, che solo pochi mesi prima aveva ricevuto la visita di Michelle Obama, dall'edificio della secondary, che sembrava costruito con grandi mattoni rettangolari del color dell'acciaio, con grandi vetrate leggermente rientrate rispetto alla facciata lineare e moderna. Le piaceva ancora quella scuola così speciale, non solo per l'architettura e gli interni luminosi e colorati, ma soprattutto perchè era frequentata da ragazzi di tutto il mondo, con le più diverse storie familiari e personali, che parlavano le lingue più improbabili,ma tutti di base conoscevano fluentemente l'inglese, e l'italiano lì, in quell'angolo di Milano, era quasi una L2. 

Pensare che alla fine del primo anno aveva quasi deciso di cambiare scuola, ma poi non aveva voluto dare una delusione ai suoi genitori adottivi che ci tenevano tanto a darle un'istruzione internazionale. Dopotutto c'era sempre la possibilità che suo padre fosse mandato di  nuovo all'estero per lavoro. Dopo aver frequentato la British primary a Madrid e la first secondary a Londra, suo padre era stato trasferito ancora una volta e lei non aveva potuto far altro che pretendere una rassicurazione sul fatto che se avesse iniziato l'international school a Milano, voleva poter concludere quel ciclo scolastico senza ulteriori trasferimenti a sorpresa, dopotutto pensava di aver diritto ad un pò di normalità e stabilità.

Certo non sarebbe mai stata "normale" come le ragazze che conoscevano i loro veri genitori e avevano vissuto in una sola nazione, ma poteva essere come le ragazze di quella scuola, quasi tutte con la doppia nazionalità, perchè  figlie di genitori di lingua e nazionalità diverse che insieme avevano formato una famiglia, ma non volevano che i figli dimenticassero né l'una né l'altra lingua. Sua madre era spagnola e suo padre italiano, ma aveva vissuto gran parte della sua vita lavorativa a Londra, per cui anche lei conosceva bene lo spagnolo e l'inglese, e ora anche l'italiano visto che avevano mantenuto la promessa fatta a lei.

Era quasi arrivata e, dall'altra parte del cortile, le sue amiche le facevano segno di affrettarsi, o non avrebbero avuto il tempo di prendere il solito caffè prima delle lezioni. Così non prestò attenzione, come faceva di solito, a chi aveva intorno e accadde quello che più aveva temuto negli ultimi tre anni. Non aveva fatto che pochi passi quando si sentì chiamare "Joelle, sempre sola a quanto vedo, se vuoi io stasera sono libero, potremmo farci compagnia".

Prima ancora delle parole, le diede fastidio la voce. Lo aveva riconosciuto subito, o meglio, non avrebbe mai potuto dimenticare quella voce, e la solita sensazione di panico le afferrò la gola, come se stesse soffocando, ma non voleva svenire lì nel cortile della scuola, doveva reagire e non scappare per farsi ridere dietro. Si girò lentamente , col più falso dei sorrisi sulle labbra, e fingendo di riconoscerlo solo in quel momento disse "Oh , Albert! A quanto pare gli anni passano , ma le tue tecniche di adescamento sono sempre le stesse. Forse è per questo che sei solo anche tu, noo?"

Gongolando per le risatine dei suoi amici e di chi aveva sentito la sua risposta, si girò cercando di allontanarsi il più in fretta possibile. Non aveva fatto ancora due passi, quando un movimento alle sue spalle la mise in allarme, prima ancora di sentire la mano che le artigliava il braccio cercando di trattenerla. Una furia cieca la prese, si girò strattonando il braccio per liberarsi e con l'alta mano gli mollò il ceffone più violento che potesse dare. Sentì la sua voce distorta dalla rabbia,  come se non fosse lei a parlare "Non osare mai più mettermi le mani addosso! Anzi già che ci sei cerca di starmi il più lontano possibile perché sono sempre in tempo a denunciarti. La tua università sarebbe più che felice di avere un pretesto per buttarti fuori, ricordatelo!".

Non aveva urlato, ma qualcuno sicuramente aveva sentito e molti si erano fermati a guardare. Un ragazzo le stava raccogliendo i libri caduti poi si avvicinò e le chiese "Tutto a posto Joelle?". Anche senza girarsi aveva capito che era Matt, anzi il piccolo Matt, come lo prendevano in giro perché lo avevano messo in una classe di ragazzi più piccoli,  per recuperare le lingue che non conosceva. Ma ora che lo aveva vicino notò che non era affatto piccolo, anzi era alto e muscoloso e, soprattutto, guardava con aria bellicosa Albert, come se fosse il suo paladino venuto a difenderla.

Ci mancava solo che si scatenasse una rissa per lei nel cortile della scuola, sarebbero stati espulsi subito, così, senza pensarci oltre, prese Matt per mano dicendo che era tutto a posto e lo tirò via in direzione delle sue amiche che avevano visto tutto e stavano quasi correndo per raggiungerla.    

P.S.
Spero che vi piaccia come inizio, è la prima volta che pubblico qualcosa di mio e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate sinceramente. Si accettano opinioni e suggerimenti. .

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