Lycanthropy

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"Attendo che la bestia respiri dentro di me, sento la luna squarciarmi il cuore, la mia pelle freme e sta per rivoltarsi lasciando che il pelo venga fuori. Zanne feroci spingono sotto le mie gengive, attendo il tempo che sangue caldo sgorghi in me scuotendomi i sensi e alimentando la furia. Ascolto le voci della foresta, sento il cuore dei piccoli animali battere all'impazzata, sento i loro respiri, portati dal tramonto che vedrà i miei artigli fendere l'oscurità. La mia voce sarà il canto delle tenebre e scuoterà il silenzio della notte, annunciando la mia venuta. L'uomo si fa bestia e la bestia uomo, nell'argento della maledizione che ci fa temere l'ultima eclissi".

(Stephen Laws, I Figli della Notte)

Nathan Samuels, si passa una mano in volto, non ce la può fare. Non questa volta. Il ragazzo dagli occhi azzurri, è stanco, la notte non riesce a dormire. I suoi sogni vengono infestati dalle scene macabre che è costretto a vedere da un paio di settimane. Il caso non è ancora stato risolto; brancolano nel buio totale, ma forse, la luce farebbe ancora più paura.

Hunter spalanca la porta dell'ufficio, facendo sobbalzare il poliziotto. «Ne hanno ritrovato un altro.» annuncia tetro, lo sguardo basso, quasi come se avesse ormai perso la speranza. Nathan sa a cosa si riferisce. Sa che quell'omicida ha colpito ancora.

Ha paura. Ha paura di fallire, di lasciare che il killer continui ad uccidere indisturbatamente degli innocenti. Ogni minuto che passano senza un indizio sull'identità dell'omicida, è un minuto, che lui ha di vantaggio.

Perlomeno sono riusciti a fare un piccolo passo avanti in quell'indagine complicata e disastrosa. L'omicida, che prima si credeva fosse un animale feroce, si è invece rivelato essere un umano. Sempre che si possa chiamare umano chiunque uccida, a sangue freddo e con estrema lentezza, le proprie vittime per divertimento.

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Le sirene della polizia sono quasi un calmante per la povera mente, ridotta ad uno staccio, di Nathan. Quel suono ritmico e ripetitivo gli libera la mente, lasciando spazio solo allo squillante suono della sirena.

Una volta arrivati sul scena del crimine, ad accogliere i due ragazzi c'è il solito nastro giallo della polizia. Tiene a bada il folto gruppo di giornalisti che, non appena li vedono arrivare, si precipita da loro per poter avere notizie riguardanti le indagini e, magari, uno scoop.

Nathan oltrepassa il nastro, lasciando ad Hunter il compito di rifiutare o evadere gentilmente le domande curiose dei giornalisti. Sa che non ce la farebbe, che crollerebbe davanti a tutta la stampa se dovesse aprire bocca.

Ha i nervi a pezzi, e la vista del cadavere, coperto dal lenzuolo bianco, gli fa accapponare la pelle. Stinge le mani a pugno, nelle tasche del caban, si sente impotente, e la sensazione non gli piace affatto.

Si avvicina lentamente al corpo esanime della vittima e nota, sul telo bianco una chiazza rosso vivo sul petto. Sangue. Il cuore gli sobbalza. Ormai dovrebbe essere abituato a casi come questo, ma semplicemente non ci riesce. Ha sempre odiato vedere un corpo martoriato, sia che fosse quello di una rana durante il corso di biologia avanzata, sia che fosse un cadavere.

Alza il telo bianco e storce il naso alla vista del cadavere mutilato. Il volto è tumefatto, le labbra imbronciate in una smorfia di dolore. I tratti somatici sono delicati, e risaltano ancor di più la giovane età della vittima. Una ferita all'altezza del cuore spicca sul petto pallido ormai privo di vita.

Recupera un guanto dalla valigetta della scientifica, poggiata lì vicino. Dopo averlo indossato, scosta totalmente il telo ed inizia ad analizzare lo stato del cadavere. La decomposizione non è ancora visibile, segno che la vittima è morta da poco.

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