I - prima si odiarono

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Se dall'amicizia all'amore intercorre solamente la distanza di un bacio, dall'odio all'amicizia e poi dall'amicizia all'amore, la questione si fa un po' più complicata: approssimando per logica, un bacio c'è di certo ma anche qualcosa di più.
Il bacio al massimo può essere la fine. Qui c'è bisogno prima di un inizio, di due personaggi, dello svolgimento... Poi viene la fine, col bacio.
Bene, allora. Partiamo.
L'introduzione dei personaggi è necessaria per gettare le basi per cui sembri attendibile che prima ci sia stato fra loro l'odio, poi l'amicizia, e infine l'amore. Quindi:
Harry, quindici anni, Grifondoro per scelta, sempre pronto a mettersi in pericolo per la sua maniacale curiosità di conoscere e scoprire, seguendo Aritmanzia avrebbe potuto calcolare un pronostico su che tipo di distanza e quanta, soprattutto, ce ne fosse tra due persone che inizialmente si odiano, poi si vogliono bene e, infine, si amano. Avrebbe potuto se non avesse avuto così tanta preoccupazione che il suo migliore amico non studiasse abbastanza per i M.A.G.O, impegnato com'era a diventare una leggenda.
Louis, diciassette anni, Serpeverde per lignaggio, supponente da far saltare i nervi anche al più paziente delle persone, come il suo migliore amico ad esempio, non avrebbe potuto calcolare la distanza che intercorre fra un nemico che poi diventa amico e infine amante, perché al terzo anno ha snobbato la maggior parte delle materie facoltative. Eppure avrebbe avuto il coraggio di sostenere che essa fosse una via di mezzo tra un pugno nello stomaco e un bacio a fior di labbra, e che questa strada fosse percorribile purché avvenisse nei momenti giusti. Perché Louis crede nelle occasioni.

Presentazioni fatte, dobbiamo fare un passo- ehm, no, un salto indietro, all'importantissimo primo incontro.
Saltiamo la parte in cui i personaggi si svegliano a causa dei raggi del sole che filtrano dalla finestra o dalla fastidiosa sveglia che trilla sul comodino... che tanto son parti fatte solo per cincischiare. Arriviamo al sodo, perché per diventare amici, Harry e Louis, ci hanno impiegato un anno intero... e noi tempo da perdere non ce l'abbiamo!
Perciò, dritti al punto d'incontro tra i due.
Harry, di babbana discendenza, dopo aver attraversato un muro tra il binario 9 e il binario 10 di King's Cross, ed essere giunto al binario 9 e ¾, menzionato nella lettera, si sentiva un po' spaesato, ma non spaventato. Difficilmente lo era stato, in undici anni, in realtà, perché facilmente si entusiasmava delle cose che lo circondavano. Presto sarebbe stato il mondo magico ad abbracciarlo, introducendogli tantissime di quelle novità che lui non vedeva l'ora di conoscere.
Seduto in uno degli ultimi vagoni, fra i più vuoti, tamburellava un piede a terra e guardava fuori, mentre il treno viaggiava velocemente fra la natura verdeggiante di una Londra che a lui, cresciuto in una piccola contea del Chesire, era del tutto sconosciuta.
In quel momento, forse, capitò l'insolito: il mondo magico gli presentò uno della novità che lui credeva di non veder l'ora di conoscere, ma che prima di subito si rivelò essere tutto il contrario.
Louis, di nobile stirpe, al suo terzo anno stava ancora tentando di raggiungere la sua ambizione: diventare popolare. Ma sembrava cercasse la popolarità in posti veramente insoliti. Prima di tutto, da buon Serpeverde, credeva che umiliare gli altri fosse il primo modo per risaltare se stesso. Secondo poi, sosteneva che indurre gli undicenni a voler desiderare di entrare nella sua Casata, descrivendogliela in tutta la sua maestosità e in tutto il suo privilegio - Oh, il famoso Merlino era Serpeverde, mica pizza e fichi! - fosse l'opera che ogni Serpeverde dovesse compiere; infatti, benché non tutti meritassero di farne parte, era necessario che in molti invidiassero la sua fortuna.
Si sentì fortunato, quindi, quando passeggiando di vagone in vagone incappò in un pivellino col moccio sotto il naso che tamburellava euforico, in solitudine, guardando affascinato fuori dal finestrino.
Lui, dal primo anno, per tutte quelle ore di viaggio, era sempre andato a zonzo. Stare seduto a guardare il nulla gli sembrava proprio una perdita di tempo.
«Ciao» disse, entrando. Con un sorrisetto vispo stampato in faccia osservò il moccioso con un cespuglio di capelli corvini in testa e due occhi sgranati e curiosi di un verde sgargiante che si voltarono subito a guardarlo.
A Louis sembrò un ranocchietto, con quelle narici tondissime. Un ranocchietto che gli faceva una terribile tenerezza.
Gli si sedette di fronte, senza nemmeno chiedere il permesso di farlo, subito dopo essersi slacciato elegantemente la giacca della divisa di Serpeverde che già aveva indossato. Harry lo guardò sorridendo ingenuamente e «ciao!» replicò.
Non indagò molto sull'aspetto dello sconosciuto che era entrato disinvolto e si era seduto davanti a lui. Si sentì contento, in realtà, perché fare amicizia era uno dei buoni presupposti da fare che si era appuntato mentalmente. Gli sembrava una fortuna, quel visino spigoloso che gli sorrideva in un ghigno altezzoso.
«Primo anno?» domandò. Harry annuì, ampliando il suo sorriso.
Louis assottigliò lo sguardo. Quella faccia era troppo cutie pie, soprattutto ora che due fossette gli erano spuntate ai lati della bocca. «Come ti chiami?»
Sapere il cognome del ranocchietto poteva dargli tantissime informazioni. «Harry, tu?»
Louis rimase in silenzio, alzando indisponente un sopracciglio. Harry lo guardò in silenzio per un po', prima di tramutare la sua espressione pacata in puro sconcerto.
«Il tuo cognome, di grazia?»
«Oh» esclamò. «S-Styles» rispose.
Louis ci pensò, abbandonandosi allo schienale dei sedili. «Mh» mugugnò. Ovviamente non ricordava l'intera lista delle famiglie Purosangue, ma quel Styles non gli diceva proprio niente.
«Styles, eh? Non mi dice proprio nulla...». Ma questo non significava granché, anzi, era piuttosto probabile che non fosse di discendenza Purosangue, considerato che le famiglie che si consideravano tali erano rarissime e quelle che facevano frequentare Hogwarts ai propri figli si potevano contare sulle dita delle mani.
«Sei straniero? Ho sentito che molte famiglie si stabiliscono in Inghilterra proprio per far frequentare Hogwarts ai propri figli» indagò.
Harry si accigliò e negò velocemente.
«No, no... io sono il primo» spiegò innocentemente Harry. Louis capì, ma finse di fraintendere mentre sorrideva blando. «Primo in cosa?» chiese con un tono fra la supponenza e lo sdegno. Stentava a crederlo che quello scricciolo potesse essere il primo in qualcosa... in qualsiasi cosa.
«Sono il primo mago! I miei genitori sono... normali» ovviamente, per lui che non aveva mai vissuto nel mondo magico, certe parole erano ancora del tutto ignote. Ci pensò Louis, con una smorfia schifata, a introdurgli dei nuovi vocaboli.
«Ah» disse, facendo una pausa catartica, tentando per lo più di mortificare il moccioso che lo guardava sorridendo. Un sorriso che presto gli scomparve da quel faccino dolcissimo, quando Louis «si dice Babbani. I tuoi genitori, intendo. E tu sei un Mezzosangue, il primo mago proveniente da una famiglia Babbana» sputò con mal celata indignazione, ora guardandolo dall'alto al basso - come se prima di allora si fosse contenuto un poco.
«Io e la mia famiglia, invece, siamo Purosangue» spiegò ancora saccente. «E significa che siamo maghi da molte, molte generazioni» si stirò la giacca, atteggiandosi mentre col suo sguardo affilato gli lanciava uno sguardo orgoglioso e fiero.
Harry ci pensò per un po', mentre l'altro gli si pavoneggiava di fronte.
«Beh» esclamò pochi secondi dopo con tono decisamente più nasale del solito. Louis si accigliò, ancora quella smorfia sdegnante stampata in viso. «Alcuni dei tuoi lontanissimi parenti saranno stati figli di babbani, no? Trovo sia una cosa stupida classificarsi in base al sangue...».
Harry era molto intelligente, nonché molto disinvolto nel dire ciò che pensava. Anche a costo di risultare fin troppo sincero.
Louis, invece, soprattutto ora che il suo orgoglio era stato ferito a suon di ragionevolezze, era sempre stato una testa calda, quindi al suono di quelle parole che l'avevano scimmiottato si alzò furibondo, incenerendolo col suo sguardo di ghiaccio.
La magia poteva fare tante cose, ma per fortuna non poté trasformare quello sguardo in stalattiti pronte a trafiggere l'innocuo Harry che, col mento all'insù, guardava Louis scioccato. Il dubbio che avesse detto qualcosa di sbagliato, gli si insinuò nelle orecchie dopo che Louis sbraitò la sua collera: «Tu, sfigato moccioso dalla faccia da ranocchio» sì, sulle offese, Louis ci stava ancora lavorando.
«Ma come ti permetti di scimmiottare qualcosa di sacro come le famiglie Purosangue? A parlare è solo la tua invidia! Ti piacerebbe, eh? Essere come me. Un Purosangue, Serpeverde, ammirato e desiderato da tutti? Eh? Non sai proprio contro chi ti sei messo, lurido mezzosangue» lo offese, avvicinandosi alla porta dello scompartimento. L'aprì con violenza con tutta l'intenzione di andarsene senza aggiungere altro, mentre dentro di sé covava già i primi desideri di vendicare quell'affronto subito.
Tuttavia si ritrovò raggelato quando Harry, con un filo di voce, ribatté con tutta la sua innocenza: «Io credevo che le tue intenzioni fossero di fare amicizia, e non un tentativo di informarmi dove mi piazzo io e dove tu nella scala sociale della comunità magica. Sinceramente di questo non me ne frega nulla, ma a quanto pare tra tutto ciò che ci sarebbe da sapere su di te, è più importante la famiglia da dove provieni, che il tuo nome».
Louis, oltre che indignato, si ritrovò senza parole. Con le spalle rigide a guardare il vuoto, per un attimo non seppe proprio cosa dire. Quando si voltò, un ghigno mascherava quanto il suo orgoglio ne avesse risentito a parlare con quel moccioso.
«Diventare tuo amico, ranocchio?» lanciò una risata quasi isterica.
«Noi non siamo amici, né lo saremo mai» tagliò corto.
Trascinò la porta quasi a chiuderla, ma prima di farlo «non si può diventare amici di qualcuno che finirà sicuramente fra i Tassorosso. Sai, lì ci finiscono tutti gli sfigati come te. Ci si vede, Harry Styles» e chiuse con un tonfo, mostrandogli infine il dito medio dalla vetrata, per poi continuare a camminare lungo il corridoio.
Harry aveva ricevuto diverse informazioni in più, grazie a quello sconosciuto così arrogante, e fu piuttosto facile filtrarle attraverso una neutralità che sembrava più consona e meno vestita di pregiudizi.
Ma di una cosa era certo: se quel tipo apparteneva ai Serpeverde, Harry avrebbe preferito centomila volte la casa "degli sfigati" all'eventualità di diventare un bigotto come lui - che su una cosa aveva avuto ragione: non sarebbero stato amici ora, né lo sarebbero diventati in futuro.
Per fortuna, dopo una prima brutta impressione di tutto ciò che riguardava la magia di quel nuovo mondo che gli aveva insinuato Louis, Harry fu felice di scoprire che a Hogwarts non giravano solo fanatici ossessionati dalla fama, ma anche persone normali, tranquille e piacevoli.
«Ciao, io sono Niall e lui è Liam! Quel montato di Louis Tomlinson ti ha dato fastidio?» gli si presentò l'irlandese dalla chioma spettinata e l'allegria negli occhi. Accanto a lui, un ragazzino paffuto guardava l'amico con timidezza mentre gli sussurrava: «Non parlare così, quello potrebbe aver nascosto delle orecchie oblunghe qui da qualche parte. Lo sai come è fatto...».
Liam - il biondino gli aveva detto che quello era il suo nome - doveva proprio aver subito la stessa sorta di Harry, soltanto che a differenza sua, doveva esserne diventato succube.
«Nah, niente di così grave da dargli l'importanza che Louis Tomlinson ritiene di avere. Io sono Harry, Harry Styles e la mia famiglia è... babbana?» si presentò subito, convenendo da sé che così, tra maghi, ci si dovesse presentare.
Niall gli si sedette accanto mentre Liam, in silenzio, sedeva dove aveva sostato Louis.
«Chissà che t'ha messo in testa quel coglione di Tomlinson. Harry, giusto? - lui annuì - non devi mai prendere troppo in considerazione le parole di un Serpeverde, soprattutto se proviene da una famiglia di succhiasangue».
«NIALL!» si lagnò Liam, gettando sguardi disperati oltre la vetrata dello scompartimento. Niall lo ignorò «Fa silenzio, Liam».
Harry, invece, facendo associazioni mentali, dedusse automaticamente l'idea che oltre all'esistenza di maghi e di streghe, esistevano perfino i vampiri. E lui, secondo le parole di Niall, doveva averne appena incrociato uno, quel Louis Tomlinson. Difatti gli era sembrato un po' pallido.
«Insomma, qualsiasi cosa ti abbia detto, non dargli ascolto! Non è realmente importante da dove tu provenga. Cioè sì... ma questo non ti pregiudica affatto». A Harry sembrò gentile, così annuì sorridendogli bonariamente.
Liam, che aveva iniziato a masticare delle... RANE?! - col proseguire dei giorni, gli sembrò meno strano - tentò nuovamente di ammutolirlo: «sì, ma ora finiscila, ché lo stai confondendo più di quanto già non sia! Harry, ti piacciono le cioccorane?» chiese, offrendogliene una.
Fino al calare della sera, e all'arrivo così nei pressi della Scuola di Magia e Stregoneria, Harry imparò tante altre cose e la curva della curiosità, che aveva subito una forte impennata verso il basso a causa del Serpeverde, riprese il decollo grazie a Niall e Liam, i suoi primi amici.

We're not friends, nor have we ever beenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora