II. la dura legge del volersi bene

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So I could take the back roadBut your eyes'll lead me straight back homeAnd if you know me like I know youYou should love me

Nel bel mezzo della nostra storia, salutiamo il principio, dove fu protagonista l'astio, e diamo il benvenuto ai primi albori di amicizia. Come già premesso, Louis e Harry ci impiegarono un intero anno, quindi portate pazienza.

Perché, vedete, i fumetti furono una soluzione temporanea. O meglio, se Louis prima o poi avrebbe dovuto scendere a patti con se stesso, grazie a quello scambio di fumetti poteva bearsi dell'idea che sarebbe stato quanto più tardi possibile. E in quel periodo, non si faceva né domande né problemi. Se doveva frequentare quel Grifondoro in orari e luoghi parecchio discutibili era per un motivo preciso. Punto.
Quando dovette riconsegnargli i fumetti che Harry, poco meno di una settimana prima gli aveva lasciato al suo posto, in Sala Grande, Louis lo fece inviandogli un gufo.
Capitò sempre di prima mattina, a colazione. Louis aveva usato di proposito un barbagianni che la scuola metteva a disposizione per recapitargli un messaggio.
Ebbene sì, perché se Louis aveva avuto la possibilità di inviargli direttamente il fumetto via gufo, aveva invece scelto un messaggio in cui chiedergli un incontro.
Le domande sul perché avesse agito così, lui non se le pose. Ma di risposte, noi, ne abbiamo in gran quantità.
Harry ricevette il gufo con sorpresa. Nessuno gli aveva scritto fino a quel momento, anche perché la sua famiglia ancora non aveva compreso in che modo funzionassero i gufi. Nonostante avesse più volte tentato di mandar loro una lettera, in risposta non era mai arrivato nulla. L'importante, in fondo, era che loro sapessero che stava bene.
Quando quel Barbagianni planò davanti al suo piatto, Harry rimase a guardarlo con le sopracciglia aggrottate. Prima di tutto, non era il suo gufo, Harold. Secondo poi, quella non era una lettera affrancata come le solite che aveva visto consegnare da altri gufi.
Per un momento Harry si guardò intorno, certo che quello fosse uno scherzo. Quando puntò i suoi occhi smeraldo di fronte a sé, oltre il tavolo dei Corvonero e verso quello di Serpeverde, rabbrividì nel ritrovarsi trafitto dalle stalattiti che erano gli occhi azzurri di Louis. Non sorrideva, sembrava agitato, ma il ghigno non sembrava abbandonarlo mai. Il che era veramente terrificante, se non fosse per il fatto che Harry ci avesse fatto ormai l'abitudine.
Abbassò lo sguardo sul barbagianni e «devi esserti sbagliato, non è per me il messaggio» sussurrò. Quello, in tutta risposta, allargò il becco e lasciò cadere la missiva. Poi, senza troppi convenevoli, iniziò a bere il suo latte.
Harry lo guardò stranito per un po', ma con un sospiro, alla fine, prese il messaggio e lo aprì, pronto a cadere nell'ennesima burla di chissà chi.
Il "Chi" fosse stato a inviargli quel breve messaggio lo capì quando lesse la firma: «L.T». Potevano venirgli in mente tantissimi nomi di studenti, ma il "perché" di quel messaggio, gliene fece pensare soltanto uno.

Ho finito di leggere quelli che mi hai dato, portane altri nella guferia, questa sera. Un'ora prima del coprifuoco.
L.T.


Quando Harry alzò lo sguardo, puntò direttamente il ragazzo che aveva osservato distrattamente poco prima. Allargò le braccia per esprimergli tutto il suo sconcerto e poi: «E la parolina magica?» esclamò, attirando l'attenzione di alcuni suoi compagni Grifondoro. Louis lo sentì, ma avrebbe negato di averlo fatto se qualcuno avesse chiesto. Si limitò a guardarlo con sufficienza, mentre masticava un po' del suo bacon, per poi voltarsi subito altrove, quando i compagni di Harry seguirono il suo sguardo arrivando a lui. E quasi si strozzò.
«Dannato ranocchio» lo maledì, tra i convulsi della tosse.
La posta via gufo divenne impraticabile da quel giorno.

A Harry piaceva salire nella Guferia per due motivi: il chiacchiericcio dei gufi appollaiati ognuno sul proprio trespolo e che tutti trovavano infernale e per il panorama. Il Sole tramontava come sciogliendosi all'orizzonte del lago, ed era uno spettacolo meraviglioso a cui assistere.
Arrivò per primo e attese Louis appoggiato al muretto al principio delle scale, osservando proprio il panorama.
Era quasi la fine di Ottobre. Due mesi, e ancora Harry trovava tutto talmente meraviglioso da iniziare a dubitare che tutto quello stesse accadendogli per davvero. Sorrise, sentendosi fortunato nell'essere un mago. Probabilmente non ci avrebbe mai fatto l'abitudine, alla magia.
«Hey, rospo» sentì giungere dal fondo della scale. Harry sospirò: a Louis, invece, avrebbe mai potuto abituarsi?
Harry non si domandava affatto perché quel Serpeverde cercasse in tutti i modi di ronzargli attorno. Certo era, però, che dall'antipatia che Louis gli aveva innescato il primo Settembre, sul treno per Hogwarts, era poi giunto a una spassionata curiosità nel conoscere ciò che Louis tentava di non mostrare a primo acchito a tutti.
Perché sì, era un Serpeverde, quindi un arrogante, presuntuoso, insopportabile e viziato ragazzino, ma dubitava che fosse soltanto questo.
C'era qualcosa in lui, che tentava animatamente di venir fuori. E quel qualcosa, lo spingeva stranamente alla ricerca di essergli amico. Per quanto poi Louis negasse fermamente di volerlo essere.
«Louis» salutò quando egli arrivò all'apice delle scale. Harry rimase fermo, appoggiato al muretto, a guardare il lago che aveva ormai praticamente inghiottito il Sole. E Louis lo imitò, senza dire nulla.
La pazienza, tuttavia, non doveva essere di Casa Serpeverde, perché quando Louis, pochi minuti dopo, gli avanzò i fumetti, lo fece proprio agendo con impazienza. E quest'ultima doveva provarla perché Louis aveva un irrefrenabile desiderio di parlare con Harry.
Harry lo accontentò: «Allora, ti è piaciuta questa storia?», il Grifondoro evitò di dirgli che oltre a Zayn che aveva disegnato l'intero fumetto, anche il suo amico Liam, di Tassorosso, del secondo anno come Niall, ci aveva messo del suo, scrivendo le interazioni dei personaggi e la trama.
Non gli disse nemmeno che Zayn gli aveva detto di non dire nulla a Liam perché a detta del Tassorosso: «Non era ancora pronto per quel tipo di passo».
Non gli disse nemmeno che aveva promesso di non farlo, benché li stesse già facendo leggere addirittura a una terza persona; e nemmeno che per un po' si sentì in colpa, nel non dirgli di Louis, né che per un altro po' pensò di poterla nascondere, quella bugia, evitando di consegnarne altri a Louis.
Non gli spiegò nemmeno che quando il barbagianni era planato davanti a lui, quella mattina, Harry era sceso facilmente a patti con se stesso, ammettendo che un po' gli sarebbe piaciuto essere amico di Louis. E che, quindi, quei fumetti erano una scusa anche per lui.
«Ho preferito quella sugli alieni, in realtà. Questa era troppo romantica, per i miei gusti. E poi i vampiri che smettono di nutrirsi di sangue umano per seguire una dieta vegetariana a base di animali perché non vogliono essere degli assassini è un'idea stupida. I vampiri non hanno sensi di colpa, sono morti, non hanno sentimenti» sentenziò. Solo in quel momento Harry si voltò a guardarlo.
«E tu lo sai perché sei un vampiro?» domandò senza indiscrezione. Anche Louis, a quel punto, si voltò per guardarlo piuttosto sorpreso.
Poi rise. «Ranocchio, se qualcuno ti ha parlato di me o della mia famiglia apostrofandola come "succhiasangue", non intendeva nel suo significato letterale» si prese gioco della sua stupidità.
«Voi Nati Babbani siete uno spasso. Credete a tutto» per una volta, Louis sembrò non qualificarlo come tale in tono dispregiativo. Harry se lo annotò mentalmente, mentre si mordeva un labbro per la sua gaffe.
Pensò per un po' di tempo a qualcosa di strano che potevano fare i Babbani a cui Louis avrebbe creduto, come aveva fatto lui quando Niall aveva dato l'epiteto di "succhiasangue". Ma niente di niente. Era troppo imbarazzo per avere un'idea geniale in quel momento.
Louis aveva ancora il sorriso sulle labbra, divertito all'idea che Harry avesse pensato che fosse un vampiro per tutto quel tempo. «Tieni» lo richiamò Harry, piuttosto seccato, quando gli passò il nuovo fumetto che Zayn gli aveva dato; lui col sorriso sulle labbra abbassò gli occhi e lo afferrò. «E dopo i vampiri, gli zombie. Com'è?»
«No spoiler» tagliò corto Harry, iniziando a scendere le scale. Louis lo seguì: «Che?»
Harry si fermò, si voltò appena per rispondergli: «Spoiler, Louis. Se ti dicessi come finisce, ti rovinerei la sorpresa di scoprirlo da solo».
«E se si rivelasse una perdita di tempo perché alla fine scopro che non mi è piaciuto?»
Harry si voltò definitivamente per guardarlo in faccia. Lo esaminò con piglio e uno strano sorriso incredulo, infastidendo Louis che «Ora che c'è?» sbottò.
Harry fece spallucce: «Niente, è che mi faccio la stessa identica domanda, quando penso a te».

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