1 -Il Trasferimento

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1 -Il Trasferimento

Era una giornata come tante altre: a dir poco triste e maledettamente noiosa. Era ormai un mese che il tempo era pessimo: grigio e coperto di nubi. “Beh cosa ti aspettavi ? In fondo siamo in Inghilterra, ed in autunno per giunta…” pensai nella mia testa. Mi ero appena trasferita qua da circa 6  settimane e già non ne potevo più.

La morte di mia madre era il motivo per cui mi ero dovuto trasferire qui, prima abitavo in Italia insieme a lei e ad i miei cugini; mio padre invece era inglese: uno degli uomini più potenti della Gran Bretagna e questo faceva di me un’ esponente di una delle famiglie più influenti della nazione del XX secolo.

Quel giorno mi ero svegliata di pessimo umore: la mia “domestica personale” Lily – così me l’avevano presentata -  quella mattina mi aveva letteralmente buttata giù dal letto. Quel giorno avremmo avuto ospiti importanti a pranzo e “non potevo assolutamente presentarmi in disordine” mi aveva informata con la sua voce acuta ed insopportabile.

Una delle cose positive dell’essere andata a vivere con mio padre era che non dovevo più scendere al fiume per lavarmi ogni mattina. Una volta tolta la camicia da notte – bianca, di seta pregiata e morbidissima – mi diressi dietro il separè in un lato della mia nuova ed immensa camera che nascondeva una vasca in rame che Lily ed altre due domestiche stavano riempiendo con dei secchi di acqua calda e fumante: una visione davvero allettante visto che mi trovavo nuda a piedi scalzi su un pavimento di pietra gelida. Qualche minuto dopo il mio bagno era finalmente pronto ed io mi immersi nell’acqua con immensa gratitudine. Piano piano i piccoli brividi di freddo che partivano dalla pianta dei piedi e mi percorrevano il corpo cessarono e mi sciolsi in quella vasca fumante. Mi misi ad osservare l’ambiente: non mi era ancora familiare nonostante ci vivessi da ormai più di un mese. Non avevo ancora fatto in tempo a personalizzarlo secondo i miei gusti così ogni volta che entravo nella stanza per andare a dormire sentivo uno strano senso di disagio allo stomaco: il posto non mi apparteneva, le pareti erano asettiche e vuote e mi infondevano un senso di solitudine ed abbandono. La stanza era molto grande e di forma rettangolare. La porta per accedervi, come tutte le altre porte d’altronde, era di legno massiccio antico: la residenza di mio padre era un vecchio castello medievale ristrutturato e messo a nuovo, ma le pareti ed i pavimenti erano comunque rimasti di pietra per “conservare l’originale fascino del castello”. Nonostante il freddo che comportavano le pareti di pietra non mi dispiacevano affatto: in effetti questo posto aveva un-non-so-che di misterioso, senza contare il fatto che i castelli mi avevano sempre affascinato, fin da bambina. Comunque oltre la porta in legno massiccio color mogano – massiccio tanto per dire, in realtà quelle porte erano dei veri macigni da spostare: alte due metri emmezzo a doppia anta ognuna larga più di un metro – vi erano anche il mio letto e le intelaiature delle finestre fatte dello stesso materiale. Nella parete sinistra adiacente la porta vi era un grande balcone che dava su un immenso prato che terminava a ridosso di un bosco: da lì si potevano vedere le scuderie di mio padre, le cucine , in una struttura separata, e l’ala sinistra del castello.

Di fronte alla porta vi era il mio letto a baldacchino con le colonnine intagliate in maniera delicata e precisa. Nel resto della stanza a destra della porta vi era il separè che nascondeva la vasca da bagno in cui mi stavo rilassando e una grande cassettiera anch’ essa di legno che conteneva una miriade di vestiti.

Quando l’acqua del bagno cominciò a raffreddarsi mi decisi ad uscire dalla vasca. Lily mi porse un asciugamano che presi con gratitudine e mi avvolsi intorno alle spalle. Le altre domestiche mi aiutarono a vestirmi e a prepararmi per i miei ospiti e nel giro di una mezzoretta fui pronta.

Sentii il rumore di una carrozza provenire da fuori: probabilmente gli ospiti erano già arrivati. Mi diedi un’ultima occhiata allo specchio per controllare che fossi in ordine: occhi azzurri e carnagione chiara in netto contrasto con i mie capelli castano chiari – o biondo molto scuro a seconda dei punti di vista – non ero magrissima ma formosa: avevo i fianchi piuttosto larghi ma la vita stretta ed il seno abbondante. Questi vestiti dalle immense sottogonne nascondevano bene le mie gambe: la parte del corpo che odiavo di più ed evidenziavano il vitino da vespa ed il decoltè. Avevo un visino piccolo e squadrato con due altrettanto piccole labbra che però erano piuttosto carnose, niente di eccessivo, però tutto l’insieme mi faceva sembrare una bambolina di porcellana: una cosa che odiavo con tutta me stessa. Già la settimana precedente era capitato un episodio che mi aveva parecchio infastidito: durante uno di quei noiosi pomeriggi mi misi a girovagare per il castello alla ricerca di qualcosa da fare e per caso mi ritrovai davanti alla stanza degli ospiti di mio padre. Non mi sarei di certo fermata ad origliare se non avessi sentito pronunciare il mio nome seguito da delle risate. Pensai subito che per qualche motivo si stessero prendendo beffa di me e mi fermai ad ascoltare, mi sbagliavo di grosso: quei luridi schifosi Lord-dei-mie-stivali stavano facendo apprezzamenti volgari su di me!!!

<<Hahahah, hai proprio ragione John, qualche bella sculacciata se la meriterebbe la Bambolina! Vorrei proprio vedere la sua bella pelle rosea diventare rosso fuoco sotto le mie mani…>>

“COSAAA ? Perché vogliono sculacciarmi???” pensai indignata!

Fortunatamente un rumore proveniente dal fondo del corridoio mi distrasse e non feci in tempo a farmi altre domande … o peggio ancora: ad irrompere nella stanza con in mano una delle ascie che c’erano appese nei corridoi qua e là a fargli vedere io come si sculacciano le persone !!!

Cacciai via quei pensieri sgradevoli che mi infiammavano il viso di rabbia, feci un bel respiro e mi incamminai verso la sala da pranzo dove mi aspettavano gli ospiti.

Scendendo le scale incontrai la mia sorellastra, Guen, figlia della nuova moglie di mio padre ed un altro uomo.

<Hei fanciulla…> sottolineò l’ultima parola con un tono sprezzante e derisorio, molto ironico. “Ma è cretina ? Pensa che non me ne accorga ?” .

< Dimmi bellezza …> le risposi altrettanto ironicamente. Mi disse di comportarmi bene perché questi ospiti erano persone molto importanti. Io non conoscevo nessuno di tutti quei Lord amici di papà.

< Fai la brava okay ? E cerca di tenere la bocca chiusa signorina, tanto qua si parla di politica e tu non ne sai niente… almeno eviterai di farti brutte figure.>  Girò sui tacchi sdegnosa ed entrò in modo teatrale nella stanza dove mio padre e sua moglie stavano intrattenendo gli ospiti. Mi trattava sempre da Bambina piccola nonostante avesse 19 anni, solo due più di me. Faceva di tutto per farmi sentire in colpa, triste o disprezzata da quando avevo messo piede nel castello, e ci riusciva bene. Lei aveva vissuto tra lo sfarzo da quando era nata, io in una modesta casa di contadini; lei aveva ricevuto un educazione perfetta e sapeva come comportarsi in ogni occasione, io ero impacciata e timida ed  insicura ed il più delle volte , quando parlavano di arte, di libri o di cultura io non sapevo nemmeno a cosa si riferivano.

Di colpo la rabbia che provavo nei confronti della mia sorellastra si trasformò in insicurezza: mi iniziarono a sudare le mani tanto che dovetti premerle sul vestito nel fallimentare tentativo di asciugarle. Mi fermai davanti alla porta del salone e presi un gran respiro “Oddio se sono davvero così importanti gli ospiti di oggi come dovrò comportarmi ?”  iniziò a salirmi il panico: lo sentì partire dal cuore e infondersi nello stomaco e poi su per la gola. In effetti dovevano essere proprio importanti gli ospiti di oggi: era da una settimana che le varie domestiche preparavano da mangiare e ripulivano ogni singolo angolo del castello, per non parlare dell’euforia che vigeva tra il personale da due giorni a questa parte.

Alzai una mano ed afferrai la maniglia in ferro battuto del salone ma cominciaia tremare ed indugiai qualche attimo per ricompormi prima di abbassarla ed entrare. Pessima scelta: dall’interno della stanza qualcuno tirò la porta con forza, talmente tanta forza e in maniera inaspettata che io non feci in tempo a staccare la mano, anzi mi trovai letteralmente catapultata nella stanza a terra sul pavimento freddo con le sottogonne per aria. Silenzio. Silenzio assoluto. Merda. 

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