Respirava piano, piano al punto che sembrava più un impercettibile e continuo sospirare, una fioca lamentela atona accompagnata solo dallo sbuffo gelido del vento del nord che soffiava forte sul vetro delle finestre. Tremavano, le finestre, e con loro quello che restava di una piccola donna, rannicchiata sotto le coperte.
Quanto tempo era passato da quando aveva visto la luce del sole per l'ultima volta?
Ricordare sembrava impossibile da quando lui aveva portato via tutto,
lontano lontano, dove lei non l'avrebbe potuto raggiungere. Lontano da qui.
A Johanna non restarono neanche le lacrime per piangerlo.
«Questa vita è crudele» pensava, non era così che gliela avevano descritta.
Crudele ed ingiusta, questa vita maledetta che le aveva strappato dalle braccia il suo piccolo angelo.
-Samuel...
Sussurrava il suo nome nel buio della notte per sentirlo ancora un po' vicino, sentire quelle manine attorno al suo pollice, il suo respiro caldo sul seno mentre lo allattava.
-Ti prego Johanna, cerca di dormire. Ti prego.
Fuori, e dentro, tuonò.
Quella voce proveniva dalla figura distesa sull'altro lato del letto, con gli occhi incollati al soffitto e un'espressione impassibile sul viso.
Fruscio di coperte.
-Johanna, ti supplico. Chiudi gli occhi e dormi, adesso. Fallo per te, ok? Devi farlo, ascoltami.
-Non posso, Peter. Non posso.
Sento ancora il suo pianto non appena chiudo gli occhi.
Tornò il silenzio. Non c'erano singhiozzi, solo un amaro tacere dagli occhi spalancati solcati dall'insonnia.
Per quella e per tante altre notti i Barry non riuscirono a dormire.