"Mi raccomando raccoglile tutte!" disse la madre a Timothy. Era un giorno caldo quello in cui la madre chiese al figlio di raccogliere le mele cadute dall'albero, piantato sul retro del giardino di casa. Erano giorni che le mele si erano posate sul soffice prato, la madre temeva che colonie di formiche le avrebbero mangiate prima di loro se qualcuno non le avesse tolte di li, lei era troppo indaffarata per farlo cosi chiese al figlioccio di sbrigare lui la faccenda. Al contrario di lei non aveva impegni, passava la giornata a bighellonare, come del resto fanno tutti i ragazzi i giorni prima di tornare a scuola, preparasi all'anno scolastico non era una cosa da Timothy, seppure gli piacesse non apprezzava il modo in cui si faceva scuola, la vedeva più come una cosa da prendere alla leggera piuttosto che farcisi dei grossi pensieri, lui era cosi spensierato. In fin dei conti frequentava ancora le scuole medie.
Preso dal compito assegnato si diresse fuori respirando quell'aria pulita, vivevano per strade residenziali, li non trafficavano molte macchine, questo permetteva a loro di respirare un'aria migliore rispetto a quella tra i condomini della loro piccola città. Gli alberi si illuminavano con i raggi di quel cielo, da un po' seguivano solo giornate radiose, il tempo era clemente, talmente tanto da evitare di tormentare anche i piccoli insetti, quelli che vivevano nel giardino attorno la casa. Il verde presente valorizzava la qualità dell'aria, se già lo smog di per se era minimo, gli alberi, riducevano ancora l'inquinamento, fornendo un'ospitale dimora alle specie animali deboli e considerate più insignificanti.
Il prato asciutto nascondeva una moltitudine di piccoli animaletti, le formiche erano la maggioranza, una sovrappopolazione in grado di predominare quelle terre, si incamminavano in vari gruppi andando a raccogliere cibo, trasportavano una mantide morta e delle briciole di pane, cadute dal panino mangiato dal piccolo Timothy mentre mangiava il panino con prosciutto cotto preparato dalla mamma. Preferirono quello alla frutta, da loro non venne toccata una singola mela, il che rassicurò il bambino, trovarle guaste non gli sarebbe andata giù, si schifava facilmente con certe cose.
Non sopportava gli insetti, riteneva che questi fossero disgustosi. Da piccolo venne spaventato da questi.Era dietro casa a giocare, aveva sette anni, camminava calpestando aree di terra dove, a quei tempi, mancava l'erba. La notte aveva piovuto molto ed il terreno si era impregnato dell'acqua rendendosi fangoso. La cosa lo divertiva, saltava da una pozza all'altra ridendo per il rumore (a lui ricordava una puzzetta). Continuò a giocarci tutto il pomeriggio tanto che si mise ad inventare una versione fangosa del gioco della campana. Giocò tra le pozzanghere finché non cascò.
Si macchiò la faccia di quell'umida fanghiglia melmosa, era interamente coperto. Gli abiti si colorarono di un marrone da lui disgustato e definito "marrone cacca", tentava di pulirsi con le mani scavando con le piccole dite, come un archeologo in cerca di fossili lui tentava di riportare alla luce un viso, il suo. Quando gettò lo sguardo sulle mani gli sembrò di vedere qualcosa di strano, come un piccolo muoversi. Mettendo le mani di fronte cercò di capire cosa avevo visto nel frattempo che si puliva la faccia.
Scoprirlo lo scioccò.
Erano vermi tanti piccoli e rinsecchiti vermi, strisciavano spuntando dalla terra bagnata sulle sue mani.
Quell'immagine lo sconcertò, quei schifosi animaletti si muovevano tra le sue mani. Di certo non bastava questo a traumatizzarlo, l'immagine fornita si legava ad un'altro ribrezzo che rendeva la situazione peggiore, le due cose si legavano tra loro instaurando un brutto ricordo vivo per una ripugnate sensazione. I vermi era anche sul suo viso, strisciavano su quell'innocente volto insudiciato di fango. L'idea che lo avrebbero mangiato partendo dalle guance fino a mordergli la bocca lo impauriva, tornando a guardare quei piccoli organismi gialli sulle mani che sparivano nascondendosi sulla terra in mano non poteva che spaventarlo. Di colpo gridò dirigendosi di fretta verso la porta di casa si mise ad urlare battendo la porte con le sporche mani.
La nonna uscì fuori preoccupata e con un fiatone per i pochi passi fatti si mise li buona a pulire il nipotino. Usò uno degli stracci sotto il lavandino e passandoglielo per tutta la testa lo pulì da quella sua paura, le lentiggini riemersero, cosi come il sorriso entusiasto, quei parassiti poggiati su lui erano andati, la nonna lo rassicurò di averli tolti tutti.
Quell'immagine, quel pensiero, portarono il piccolo Timothy a detestare la visione di qualsiasi "schifoso insetto strisciante".