Capitolo 1

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Mi affaccio fuori al cancello sperando di non vedere nessuno, sperando che tutti se ne siano andati a casa. Quando noto che non c'è nessuno alzo il cappuccio e mi metto le cuffiette. La musica, la mia prima amica, l'unica amica che ho e sempre vorrei avere al mio fianco. Adoro sentire la musica, anche se vengo sempre deriso per i miei generi. Dicono che le canzoni che sento sono fatte da gay e visto che le sento sono anche io gay. Non è vero, Niall non è gay, ma sul fatto che io lo sono hanno ragione e loro lo sanno bene. Da metà del semestre scorso lo sanno, da quando la prof di italiano con cui mi ero confidato in un compito mi umiliò, mi insultò davanti a tutta la classe. Da allora la scuola è duventata letteralmente un inferno. L'unico momento bello è la ricreazione. Durante quei quindici minuti mi nascondo in un angolo e parlo con l'unico amico che credo di avere oltre la musica. Purtroppo lui abita lontano quindi possiamo parlare solo attraverso Whatsapp e le chiamate. Lo vorrei spesso vicino a me, ho bisogno sempre di lui. Mi sento sempre solo. Scuoto la testa e caccio via i pensieri. Metto l'ultima canzone di Niall e mi incammino verso casa. Non mi piace questa canzone, mi mancano le sue canzoni con i Larry e gli Ziam. Già si sono separati, loro dicono momento di pausa ma non ne sono sicuro e poi conoscendo la mia fortuna addio One Direction. Parlando di fortuna ecco i quattro, era troppo bello sperare di non incontrarli, sperare almeno oggi di non essere picchiato. Stanno fermi davanti alla tabaccheria a fumare e a parlare con il propietario, forse non mi noteranno. Vado a passo più veloce sperando che almeno questa volta la fortuna mi assisti e invece mi sento tirare il cappuccio. Una mano mi tira e mi butta a terra. Alzo la testa e vedo i quattro con un sorriso cattivo, li vedo preparasi a divertirsi, prepararsi a picchiarmi. Sento la pancia farmi male quando mi dettero il primo calcio, poi un altro, poi un altro, poi uno in testa, uno forte ben assestato, questa volta non riesco a trattenermi e incomincio a piangere. I quattro vedendomi piangere ridono soddisfatti e se ne vanno, lasciandomi lì solo a piangere. Il propetario della tabaccheria mi passa avanti e mi spira addosso e se ne và, un altro omofobo, che città di merda. Incomincio a piangere, a sfogarmi, a urlare dentro nella mia testa. Vorrei davvero urlare, vorrei poter andarmene via, in un luogo vuoto senza nessuno e urlare, urlare forte, liberarmi di tutto, ma non posso, Dio vuole che io rimanga qui a piangere, ad asciugarmi il sangue che cola dal naso con la manica della felpa e stare sotto la pioggerellina. La pioggia. Mi piace, adoro il rumore che fa quando si distrugge sugli ombrellini, la pioggia come noi, nasce e muore, però a differenza nostra non soffre, muore subito, mentre noi nasciamo soffriamo e poi muoriamo. La pioggia aumenta di intensità, ma non ho intenzione di alzarmi, voglio rimanere per terra a piangere. "Hey, stai bene?" sento una voce farmi questa domanda, ma la ignoro, non voglio parlare con nessuno, non voglio sentire nessuno, voglio stare solo a piangere. "Vattene" dico piano quasi sussurrando a questa persona "lasciami da solo a piangere, ti prego lasciami solo". La persona non mi ascolta e si inginocchia davanti a me e mi mette sotto il suo ombrellino in modo che la pioggia non mi bagni più. Alzo di poco lo sguardo per vedere chi mi sta aiutando e vedo un viso liscio, dolce, quasi ancora da ragazzino delle medie, deve essere uno di prima, quando alzo lo sguardo in modo che i nostri occhi si incrocino e si scrutino l'un l'altro nella mia mente incomincio a maledirmi. Non può lui vedermi così, non quando sono debole, ora forse mi riderà in faccia o o finirà il lavoro dei quattro. No, no, no, no quanto posso essere sfortunato? Perché tra tutti quanti propio il ragazzo che mi piace?. "Dove abiti?" mi chiese dolcemente quasi come se gli importasse di me. "La traversa prima del cimitero" rispondo dolorante e sputando un po' di sangue ch usciva dal labbro spaccato. "Un po' lontano, vieni a casa mia così ti curo le ferite" disse sorridente lui guardandomi negli occhi. "N-n-non mi conosci nemmeno" dissi invece di dire quello che la mia vocetta interiore voleva dire. "Sei Lorenzo Laviano, fai la seconda scientifico e vieni sempre bullizzato perché sei gay" mi dice quasi dispiaciuto (?), sto per parlare quando lui mi batte sul tempo "Non ti preoccupare non sono omofobo e non voglio farti del male, voglio aiutarti, vieni?". Una parte di me voleva dire sì l'altra no e vinse la parte a favore "Va bene, però aiutami ad alzarmi". Lui si alza e mi dà la mano, la stringo e mi alzo urlando interiormente dal dolore e se non mi avesse sorretto lui sarei caduto subito. Fa passare il braccio dietro la schiena e mette la mano sul mio fianco stringendomi a lui e vorrei tanto che non l'avesse fatto, ma fà sentire basso. Cioè sono nella mefia per la mia età ma lui è dieci centimetri più alto di me e mi fa sentire basso, non è giusto dovrei io essere più alto visto che sono il più grande, non voglio essere il Louis della situazione. Cioè fare l'attivo non mi dispiacerebbe, ma non voglio sentirmi basso. Mentre faccio questi miei pensieri lui mi parla del più e del meno cercando di farmi uscire un sorriso. Ma non ci può riuscire, sono stato picchiato, ferito e umiliato, ci vuole di più per farmi sorridere. Quando vede che ha fallito abbassa la testa triste. Scusami davvero non volevo farti fallire "l'impresa" di farmi spuntare un mio sorriso, ma non ci riesco, non ho veri motivi per sorridere, vedo solo un lungo tunnel nero che mi tiene rinchiuso, vedo che stai provando ad avvicinarti a me, ma non ti consiglio di farlo, faresti l'errore peggiore della ttua vita. "Eccoci" dice lui indicando una casa piccola, completamente dipinta di un bianco crema credo, bho, per me tutti i bianchi sono uguali. Se mi sentisse una persona che conosco da poco mi ucciderebbe per quello che ho detto. Bhe se fà l'artistico c'è un motivo. Entriamo in casa e la trovo confortevole e calda, con mobili vecchi e pieni di gadget di DW, una bellissima serie conosciuta grazie allo stalkerare lui sulla maggioparte dei social che conosco. Avvolte mi stupisco della mia stramberia e stupidaggine. "Siediti qui, io vado a prendere del ghiaccio e un panno per il sangue" dice lui lasciandomi da solo in camera sua. Ha una bella camera, spaziosa e strapiena di DW, davvero credo che abbia un ossessione per questa serie TV. Mi metto a giocherellare con quello che trovo fino a che non vedo una foto di lui più piccolo con i capelli verso il rossiccio e un cacciavite sonico fra le mani. "Fanboy sin da piccolino" penso o meglio dire credo di pensare invece lo dico ad alta voce e infatti sento lui che entra ridendo a quella mia affermazione. Mi porge il panno che uso per tamponarmi il sangue mentre lui mi mette sui lividi il ghiaccio. Rimaniamo un po' di tempo a guardarci negli occhi mentre mi tampono il sangue e lui sembra quasi accarezzandomi con il ghiaccio. Stavo quasi per avvicinarmi a lui e baciarlo se non avesse parlato. "Ti va di mangiare da me? I miei non ci sono e sei ancora parecchio conciato male per farti tutta quella strada a piedi" mi dice guardandomi negli occhi e continuando ad accarezarmi. "Neanche i miei ci sono, ma non vorrei darti fastidio" dico abbassando lo sguardo e giocherellando con le mie mani. "Non crei fastidio e mi piacerebbe avere compagnia" dice avviandosi verso la porta dandomi le spalle. Okay questo è un gesto maleducato, ma l'accetto. "Dennis" gli dico attirando la sua attenzione che si gira verso di me, "Grazie, grazie davvero di tutto". Dennis mi sorrire e si avvio in cucina

La Falsità Del Vero AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora