Capitolo 1

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Erano passati esattamente sei mesi dall'ultima volta che avevo preso quel volo. Timorosamente salii le scale dell'aereo.
'Biglietto e documento in una mano, valigia nell'altra. Bene, adesso solleva il piede e posalo sul gradino, ora l'altro. Perfetto Michela. Ci sei quasi. Non far caso al braccio che si sta atrofizzando e continua così. Vedrai che riuscirai a non cadere. Ecco! Sei arrivata! Adesso da' il biglietto e il documento al ragazzo e cerca il sedile 5C. Oh quanto é carino!! Okay. Programma abbordaggio attivato. Fase numero 1: fare gli occhioni dolci e fare una camminata sexy fino al tuo posto.' Il programma di abbordaggio non funzionò; o meglio, funzionó...finché non vide la mia carta di identità. Come può un trentenne invaghirsi di una sedicenne che ha sulla carta d'identità una foto con la faccia da pesce lesso?
Arrivai al mio posto, e come al solito, i miei vicini erano un vecchietto ed un bambino di otto anni circa. Almeno avevo il posto vicino al finestrino. Infilai le cuffie e guardai fuori. Era da così tanto tempo che non prendevo l'aereo, che non rivedevo i miei amici. Mentre ero assolta nei miei pensieri, gli occhi iniziarono a chiudersi e l'ultima cosa che sentii fu il rumore delle ruote che correvano sulla pista di lancio.
"Excuse me."
Assonnata aprii gli occhi e sbadigliai, mentre il bambino che mi era seduto di fianco continuava a fissarmi cercando di formulare una frase in inglese.
"Fly finish."
Lo ringraziai per avermi avvertito e mi alzai a prendere la valigia.
Lanciai un occhiata fugace allo steward che ricambiò con un sorriso e scesi le scale cercando di non cadere.
Mi guardai attorno in cerca di una via di fuga da quel labirinto composto da Terminal, valigie e pareti, e, dopo aver chiesto a un paio di persone ed essermi persa una decina di volte, uscii dall'aeroporto. Per ogni passo che facevo, milioni di ricordi mi ritornavano in mente: la prima volta che venni a Siviglia, emozionata di visitare una nuova città e desiderosa di conoscere un principe azzurro spagnolo; febbraio scorso, quando ero convinta di essere una modella pirata e che il carnevale di Cadice fosse come quello di Rio; e luglio e ottobre. Ah, certi ricordi sarebbe meglio poterli cancellare. Distrarmi non mi aiutò, le lacrime scesero ugualmente. Avrei voluto buttarmi per terra e non rialzarmi più, svenire o scomparire...ma non ero venuta lì per quello. Ero venuta lì per ricominciare. Andai in bagno a sistemare il trucco e cercai di auto convincermi che ce l'avrei fatta. 'Tu sei forte, sei coraggiosa, sei bella: sei una donna! Ehm...no. Non sei niente di tutto questo. Mm...beh...sei un pandacorno! E i pandacorni non piangono! Vomitano arcobaleni però non piangono!"
I miei buoni propositi durarono meno di qualche minuto, perché, quando vidi Ludovica, scoppiai in un pianto disperato.
"Bimba, amore come stai?"
"Non lo so."
"E queste? Sono lacrime di gioia o di tristezza?"
"Non lo so." Esclamai sorridendo mentre cercavo di asciugare il viso con la manica del giacchetto.
"E c'è qualcosa che sai?"
"Non lo so."
Scoppiammo entrambe in una fragorosa risata e la strinsi ancora più forte. La mia seconda mamma, la mia sorella maggiore.
La sua espressione si fece improvvisamente seria.
"È meglio che andiamo adesso. É qui."
Mentre mille dubbi, insicurezze e paure invasero la mia mente, mi guardai attorno.
Qualsiasi donna, uomo o bambino sembrava in qualche modo ricordarmelo. Ogni volta che qualcuno usciva dall'aeroporto, un brivido mi percorreva la schiena.
Con la poco lucidità che avevo in quel momento, corsi verso l'autobus e cercai di mimetizzarmi tra la folla.
Quando mi assicurai che David non fosse lí, mi sedetti e chiesi spiegazione a Ludovica.
"Come qui? L'hai visto?"
"Lui ha visto me. Mi ha seguito per un pó. Ho cercato di depistarlo entrando in bagno ma mi ha aspettato fuori."
"E poi?"
"Fortunatamente ho un amico che lavora lì. Gli ho chiesto di dirigersi ai bagni e di darmi false indicazioni per raggiungerti, David appena ha sentito quello che ha detto, é corso nella speranza di vederti prima di me, mentre io sono tornata all'uscita dove ci siamo date appuntamento. Come faceva a sapere a che ora atterravi? Glielo hai detto?"
"No. Sapeva che prendevo lo stesso volo delle altre volte. Non sapeva dove aspettarmi però. Non è mai venuto a prendermi per pigrizia o per lavoro. Credi che lo rivedrò?"
"Se lo rivedrai, ti seguirà fino a casa. E una volta saputo dove abiti, saprà sempre dove trovarti. Non devi vederlo."
"Lui sa quali posti frequento di solito. Verrà al vostro ristorante, chiederà a chiunque qualche informazione su di me. Sarebbe capace di andare in giro per Siviglia con una mia foto in mano. Mi troverà."
"Non finché sarai con me. Ci siamo io, Pietro, che praticamente fa per due, Claudio, il vecchio saggio muscoloso, e la ferocissima Penna. Andrà tutto bene, vedrai."
Le sorrisi e mi buttai tra le sue braccia. Ludovica era sempre capace di farmi sentire a casa, al sicuro. Mi diceva esattamente quello che avevo bisogno di sentire.
"Bimba! Siamo arrivate!"
Ancora in fase zombii, mi alzai lentamente dal sedile, e, dopo aver realizzato di essermi addormentata sulle gambe di Ludovica, pregai di non avere gli occhi a panda e soprattutto, di non aver sbavato sui suoi pantaloni. Beh..forse sbavato è un po' volgare. Mi correggo: pregai di non aver emesso il liquido che viene secreto dalle ghiandole salivari. Si, la definizione l'ho trovata su Wikipedia.
Fortunatamente il mio trucco era intatto e i pantaloni di Ludovica ancora asciutti.
Le porte dell'autobus si aprirono e una luce divina bruciò la retina dei miei poveri occhi. Dopo tanto tempo ero finalmente tornata. I cinquanta gradi, gli insulti in Andaluzo che si sentivano per strada, l'allegria delle persone e la loro voglia di vivere....si. Mi era davvero mancata Siviglia.
"Ti ricordi come si arriva al nostro ristorante?"
"Certo. Questa è casa mia." esclamai convinta.
"Vediamo...siamo a Santa Justa. Dobbiamo prendere Calle Aguila e poi praticamente siamo arrivate.
"Complimenti. Pensavo che ti saresti persa."
E effettivamente ci perdemmo. Non sapendo a che altezza girare, ci ritrovammo esattamente davanti casa del mio inseguitore. Ricordo ancora adesso ogni singolo particolare di quel portone: le vernicie scrostata, il legno rovinato e le ante leggermente stacchate dai cardini. Significava molto quella porta per me; vi erano legati tanti ricordi. Cercammo di attraversare inosservate la strada, ma non ci riuscimmo. Il coinquilino ubriaco di David si avvicinò a noi bloccandoci la strada. Preparai psicologicamente il mio subconscio a parlare spagnolo e lo salutai.
"Ciao, David non è con te? Lo stavo cercando,questa mattina è uscito presto."
"No,non l'ho visto."
"Mi puoi dire dove vai? Così dopo glielo riferisco?"
"No,tranquillo. Non ti preoccupare."
"Va bene, è stato un piacere rivederti."
"Anche per me." dissi, sfoggiando il sorriso più finto che abbia mai fatto.
Ubriaco ma non stupido...
"Pensi che gli dirà che sono passata da qui?"
"Sicuramente. E gli dirà anche che sei con me; quindi ci conviene non mangiare da noi per stavolta."
Dopo risate e prese in giro riguardo il mio senso di orientamento, arrivammo sane e salve al ristorante di Ludovica.
Era esattamente come lo ricordavo: non era cambiato assolutamente niente.
All'esterno c'erano tre tavoli con delle tovaglie azzure, delle piante come centro tavola e circondati da sedie in legno. Appesi al muro c'erano i menù: piatti tipici spagnoli e italiani e anche i mitici bocadillos (come dimenticarli?!) e ovviamente, altre piante. Dentro invece, c'erano sei tavoli bianchi con sedie di plastica, lo stereo di Claudio affiancato dalla sua collezione di CD de Il Volo, candele ovunque, la cucina, e il bancone dove mi offrivano sempre il caffé. E per finire in bellezza, sulla parete azzura,c'era un immagine meravigliosa di una spiaggia calabrese di cui non ricordo il nome.
Non c'erano molti clienti,così entrai dentro e per attirare l'attenzione esclamai "posso ordinare una decina di piatti di cozze?"
Pietro e claudio corsero verso di me e mi abbracciarono. Loro tre erano la mia seconda famiglia, Pietro e Ludovica i miei genitori,e Claudio mio fratello maggiore...molto maggiore.
Eppure era sempre stato difficile considerarlo un fratello, e adesso, dopo tanto tempo che non lo rivedevo,era ancora peggio.

You are my DemonsWhere stories live. Discover now