don't fly commercial

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Il telefonino vibra.
Davide lo guarda: è Matteo.
- Oh?- fa Davide
- Oh, ti va di andare a vedere il gran premio della Malesia?- Risponde Davide.
- Che cavolo dici è ottobre? La formula uno comincia a fine marzo e Sepang è la seconda giornata.
- Ma io non stavo dicendo di andarlo a vedere in tv. Io stavo dicendo andarlo a vedere in Malesia.
- Un po' in anticipo lo stesso. Non trovi? E poi lo sai benissimo che da giugno mi è scaduto l'assegno di ricerca e che i soldi per l'aereo non li ho.
- Ecco qui sta il punto: non ci andremo in aereo, ma ci andremo in Smart. E non cacceremo una lira perché ci faremo sponsorizzare. Faremo il Don't fly commercial tour.
-Eh? Chi dovrebbe sponsorizzarci? Poi perché proprio con la Smart che è minuscola? E soprattutto che nome è don't fly commercial tour?
- Don't fly commercial nasce da una frase di Naomi Campbell. Una volta stava con uno. Questo tutto carino e gentile le organizza un week end romantico a Parigi. Hotel a cinque stelle con vista su Notre Dame e prima classe in aereo. Tutto perfetto. Solo che la sera prima le fa: "Amore, il volo di Air France di domani è alle 17." Lei se lo guarda un po' schifata e gli fa: "I don't fly commercial!". Non prendo aerei di linea. Naomi Campbell vola solo su jet privati! E noi giochiamo su questa cosa: non prenderemo aerei di linea. All'andata andremo via terra, in Smart che sono sempre guidate da delle gnocche da paura. È in linea con l'atteggiamento fighetto del viaggio e invece contrasta con la povertà dei paesi che attraverseremo. E secondo me questa contraddizione rende il viaggio ancora più interessante. Al ritorno cercheremo di scroccare il volo da qualche scuderia della Formula Uno. Essendo la Smart della Mercedes penso che torneremo con Ron Dennis, ma io punto su Briatore che mi sembra uno che sta al gioco. Faremo un accordo con una radio: ogni giorno ci intervisterà e ogni giorno lanceremo l'appello a Briatore per un passaggio per il ritorno. Scriveremo per una rivista di viaggi o apriremo un blog. Io faccio le foto e tu scrivi. Gli sponsor li troviamo: abbigliamento sportivo, orologi, case editrici. Cose così. Fino a Natale organizziamo e a capodanno partiamo. Ti piace come idea?
- Guarda, facciamo così, io una mano te la do pure, ma il grosso lo fai tu, se riesce e tra un mese sono ancora disoccupato vengo.

Quattro mesi dopo
-Cari amici di Marco Polo: la radio che attraversa il mondo eccoci di nuovo con voi, stiamo per metterci in contatto con Davide de Marchi e Matteo Caluzzi che da un mese e mezzo sono partiti da Roma con una Smart per andare a vedere il Gran Premio della Malesia. Ora dovrebbero essere in India. Vediamo se ci sono. Pronto Davide, Matteo ci siete?
-Pronto? Sono Matteo, mi sentite? Io vi sento poco che qui è pieno di gente che urla. Sentite: Hindustan-Indiah. Voi mi sentite?
-Si perfettamente. Ma dove siete?
-Siamo al confine tra l'India e il Pakistan per la cerimonia della chiusura serale della frontiera. Visto che voi mi sentite bene e io male, invece della solita intervista, se per voi va bene, vi faccio la telecronaca della manifestazione?
- Per noi va benissimo.
- Ok allora comincio. Noi siamo sul lato indiano della frontiera, c'è la strada che porta verso il confine dove c'è un muro con un cancello e l'asta con la bandiera. Ai due lati della strada ci sono delle tribune tipo quelle dei gran premi. Così a occhio ci saranno tra le 7 e le 8 mila persone e non sono turisti, sono quasi tutti indiani che ogni giorno vengono qui a fare il tifo. Per darvi un'idea dell'affollamento considerate che gli spalti non ce la fanno a contenere tutti e molti sono seduti a terra sull'asfalto. E per trovare i posti a sedere, quando hanno aperto i cancelli, c'è stata una ressa paurosa, molti hanno corso sulle scale ma altri si sono direttamente arrampicati. Un poveraccio è rimasto schiacciato contro una ringhiera ed ora una macchina l'ha portato via, penso all'ospedale. Per quello che riesco a vedere dalla parte pachistana la situazione è simile, lì c'è una curva tipo stadio divisa in due dalla strada, pure là ci devono essere 7-8 mila persone e vi assicuro che in Pakistan non ne abbiamo visti molti di turisti. Sulla strada da tutte e due le parti della frontiera c'è un drappello di soldati sull'attenti. Sono in alta uniforme e hanno una statura ben oltre quella media indiana, inoltre per sembrare più alti hanno anche una specie di cresta rossa sull'elmetto. Dall'altra parte invece hanno un abito tradizionale pakistano di colore nero, stretto da una fascia rossa che gli fa da cintura. Anche loro in testa hanno una cresta nera per cercare di sembrare più alti degli indiani. Anche se prima credo di aver visto pure dei soldati con un semplice basco. Diciamo che in questa gara, tra virgolette, noi tifiamo per l'India, ma bisogna ammettere che la divisa nera dei pachistani è molto più elegante e marziale di questa verde degli indiani. Un'oretta fa, prima che arrivasse il corpo d'onore, sulla strada c'erano delle donne in sari che ballavano ed è stata organizzata pure una miri cerimonia con dei bambini. Sul lato pachistano invece c'era una specie di ninja col passamontagna che sventolava una bandiera verde dell'islam con un'asta di tre o quattro metri. Adesso noi siamo su una tribuna circondati da gente che urla. Come è normale da queste parti fa un caldo assurdo, saremo oltre i quaranta gradi, ma gli indiani sembrano fregarsene: urlano come se stessero guardando una partita di calcio. Sì l'idea che dà la situazione è quella del tifo calcistico, per la folla sembra di stare a uno stadio di medie dimensioni, ma il fervore della gente dà l'idea di un ambiente più familiare, sembra più una partita di quelle dei pulcini che si giocano in periferia, dove i genitori urlano ai figli "spezzagli la gamba a quello". A fianco a noi ci sono due distinti signori vestiti di bianco con un turbante colorato. Stanno urlando Hindustan Indiah da quando siamo arrivati. Dalla lunghezza delle barbe direi che sono dei Sikh. Davide non li sopporta più. In realtà lui più di tanto non apprezza tutta la cerimonia, dice che gli sembra una pantomima ridicola. Io invece la trovo fantastica, mi sembra la cosa meno turistica che abbia mai visto in vita mia. Penso che non ci sia niente di più vicino allo spirito e al gusto degli indiani. Niente a che fare con quelle menate su Guru e spiritualità fatte apposta per gli occidentali. Ma ecco che il drappello di soldati si è messo in moto. Avanti il comandante e dietro quattro soldati, marciano spediti verso il cancello che divide le due nazioni. Gambe e braccia tese. Ogni tanto il comandante batte un piede per terra. Arrivano al confine. Due soldati si mettono vicini all'asta della bandiera. Due soldati dall'altra parte e si guardano. I pachistani hanno fatto lo stesso. I due comandanti uno di fronte all'altro a qualche metro dai cancelli. I soldati che stanno sotto la bandiera fanno uno strano gioco con la corda per tirarla su e la lanciano ai due soldati che gli stanno di fronte. All'improvviso c'è il silenzio del pubblico. È partito il suono delle trombe e stanno scendendo le due bandiere. Scendono, scendono. Ecco che sono arrivate. I due soldati le ripiegano e la gente ha ripreso a tifare. I militari ai due lati dei cancelli hanno iniziato a marciare uno verso l'altro. I pachistani stanno facendo lo stesso, sono in pratica spalla a spalla e il soldato di una nazione cerca di alzare la gamba più di quella del soldato dell'altra, così che quando il piede ricade a terra fa più rumore di quella dell'avversario. I due militari indiani sono arrivati uno di fronte all'altro. A fianco i pachistani sono nella stessa situazione. Si girano e tornano indietro. Sempre il solito gioco del piede lanciato in aria per fare più casino. Ritornano al bordo del cancello. Partono i due comandanti, con il solito gioco di gambe in aria, sembrano uno strano incrocio tra un soldatino di legno e un kickboxer. Arrivano a mezzo metro di distanza: si stringono la mano e fanno un passo indietro. I soldati chiudono i cancelli o meglio se li sbattono in faccia. Il drappello riparte a passo spedito verso la strada ed entra nella caserma che sta a fianco alla frontiera. La gente sta impazzendo: in pratica hanno fatto un'invasione di campo e stanno scendendo sulla strada. Io vi devo salutare perché qui c'è troppo casino. Stanotte andiamo a dormire nel tempio d'oro ad Amristar e in mattinata ripartiamo verso est. Ci risentiamo domani. Vi salutiamo e rimandiamo l'appello a Briatore: Flavio dacci un passaggio sul tuo jet. Ricordati: we don't fly commercial. Ciao a tutti. A domani.

Due mesi dopo.
Aereo del team Renault.
- A Flavio! Tu che ci sei stato insieme, dicci un po', ma è vero che Naomi non ha mai preso un volo di linea?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 28, 2016 ⏰

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