Prologo

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Prologo


-Ti vengo a prendere dopo?-

-Non ce n'è bisogno, grazie-

-Allora ci vediamo a casa. Arriverò per cena...magari un po' prima-

-Va bene papà. A dopo-

Gwen si sporse per baciare la guancia del padre, che sorrise affettuosamente e la guardò mentre scendeva dalla macchina per dirigersi all'entrata della scuola.

Gwen si girò un'ultima volta mimando un "Ti voglio bene" al padre e Jimmy ricambiò per poi vedere la sua bambina unirsi a degli amici. La sua bambina. Ormai chiamarla "bambina" era quasi sbagliato, ma per lui lo sarebbe sempre stata.
Si meravigliava ogni giorno di quanto stesse crescendo... quella bambinetta che lo assillava di "Perché?", che indossava vestitini che riportavano i loghi delle migliori band della storia, quella bambina dai lunghi capelli neri e gli occhi cristallini ...così diversa dai suoi coetanei a causa della sua personalità ora era cresciuta.
Ora, al posto di quella bambina c'era una, quasi, donna. Ora si trovava al suo ultimo anno di liceo, aveva tagliato i capelli all'età di quindici anni e da allora li aveva sempre portati corti e si faceva sempre consigliare da Johnny o Brian dei trucchetti per farsi una cresta perfetta o comunque portarli tutti sparati in testa.
Per il suo diciottesimo compleanno si fece fare il suo primo tatuaggio, una piccola parola: "foREVer", scritto in elegante stile gotico proprio all'altezza del cuore, tatuaggio che fece sorridere tutta la band e fece quasi piangere dalla felicità Jimmy che prese in braccio la figlia, la fece girare come quando da piccola giocavano insieme, e iniziò ad urlare "Questa è la mia bambina!" al cielo.

I pensieri di James vennero interrotti nel momento in cui si ritrovò a parcheggiare l'auto per poi scendere e dirigersi allo studio, alzò lo sguardo al cielo, era una bella giornata di inizio maggio.
Come mise piede dentro la grande stanza di registrazione venne sommerso dai saluti dei suoi migliori amici.

-Ehy!-

-Ciao ragazzi, tutto bene?-, chiese sorridente il batterista.

-Alla grande, Jimmy. Stavamo aspettando giusto te-, gli rispose prontamente Matt.

-Grandi, non sono in ritardo vero?-

-Per niente, dai preparati-, Brian gli battè una pacca sulla spalla e subito dopo James si sfilò il giacchetto in pelle e prese posto sullo sgabellino dietro la sua batteria.

La loro storia iniziò dai primi anni di liceo, spesso capitava che seguissero gli stessi corsi, almeno per tre o due di loro, eccezione per Johnny che arrivò un paio di anni dopo.
Sulla loro adolescenza c'era molto poco di speciale, erano ragazzi come altri con un innata passione per la musica e per i guai, ognuno di loro di buona famiglia e al liceo erano un gruppo ben conosciuto.
Per quei corridoi affollati di studenti loro giravano a testa alta, affrontando gli sguardi degli invidiosi, le attenzioni delle ochette e di quelli che li preferivano morti che attorno a loro. Erano popolari, semplicemente.

E la loro popolarità e voglia di farsi ricordare in tutto il mondo li aveva spinti a diventare una band, il loro unico sogno era quello di percorrere le orme di molte altre band della storia e fare di meglio, sempre e solo di meglio, volevano farsi ricordare per la loro musica e ci sarebbero riusciti ad ogni costo; il loro sogno fu così forte e i sacrifici così grandi da essere ripagati.

L

e ore passarono rapidamente, ben presto arrivò l'ora di pranzo e i Sevenfold al completo decisero di fare una pausa e uscire a mangiare qualcosa. Quando uscirono dallo studio, ridendo e scherzando come loro solito, si accorsero che un vento freddo si era alzato in città, non ci diedero troppo peso e diedero la colpa all'Oceano. Si divisero nelle macchine, Brian, Jimmy e Johnny salirono sulla macchina del chitarrista mentre Matt e Zacky li avrebbero seguiti sul SUV di Matt.

-Allora, Gwen come sta?-, chiese Johnny felice sporgendosi dai sedili posteriori.

-Direi alla grande. È contenta di star per finire la scuola-, rispose allegro Jimmy.

-La tua piccola si sta per diplomare, chi lo avrebbe mai detto-

-Cosa vorresti insinuare, Brian?-, chiese il batterista con finto sguardo minaccioso.

-Che conoscendo il padre mi sembra impossibile che quella ragazza sia così una brava studentessa-

-Ma sentilo! Mr. Sapientone!-

-Più di voi di sicuro!-

-Nah, con noi non abbocca questa vecchia storia, ricordiamo bene come finivi ogni pomeriggio dalla preside-

-E mi ricorda anche la preside JC, non temere-, ammiccò Brian facendo scoppiare a ridere gli altri due.

James aveva appena compiuto i suoi vent'anni quando alla porta di casa sua si presentò una giovane ragazza, coperta da un cappuccio e la zip della felpa chiusa fino al collo, teneva in mano una culla trasportabile che lasciò subito sullo zerbino della casa, mise una lettera sulla copertina violetta della culla e scappò di corsa su di una macchina. James si ritrovò con una bambina di appena due anni in casa, leggendo la lettera scoprì che quella bambina era sua figlia, in allegato alla lettera c'erano i test del DNA ma anche se non li avesse avuti Jimmy l'avrebbe capito subito, quella marmocchia aveva i suoi stessi lineamenti, solo un cieco non avrebbe capito che quella era realmente sua figlia.
Tentò varie volte e per parecchi mesi a rintracciare la ragazza che gli si presentò alla porta quella fredda mattina di Novembre, ma senza successo, non ritrovò mai più la ragazza tanto meno ne ebbe notizie.
Imparò con l'aiuto dei suoi genitori a badare alla piccola, quando andava in tour con i ragazzi la affidava ai nonni, che badavano a lei con gioia fino al ritorno di Jimmy. Lui crebbe con la sua bambina, in un certo senso, per questo motivo ora, che lui presentava i suoi trentacinque anni e la sua bambina diciotto, il loro rapporto era quasi da migliori amici. Certo, Jimmy si faceva sempre rispettare, è pur sempre suo padre, ma quando si trattava di feste, pianti, risate durate ore o anche semplicemente fumare una sigaretta insieme, Jimmy e Gwen si comportavano esattamente come migliori amici.

L'affetto che Gwen provava per suo padre era sempre stato platonico, sapeva che avrebbe sempre potuto contare su suo padre, sapeva che se aveva dei problemi o semplicemente aveva bisogno di aiuto gli bastava chiamare la parola "Papà" e Jimmy si sarebbe fatto in quattro pur di aiutarla.
Nessuno, nemmeno tra i Sevenfold, ci si sarebbe immaginato un comportamento così da parte di Jimmy.
Il senso di protezione, l'affetto, l'amore, la gioia di vedere sua figlia crescere e man mano vederla sempre più pronta a costruirsi una vita sua.

Spesso Jimmy si reputava la persona più fortunata del mondo. Aveva fatto carriera come batterista, il suo sogno, aveva i suoi migliori amici sempre accanto, aveva una figlia meravigliosa e una famiglia sempre pronta per lui.
Era felice. Semplicemente era felice.

Ed ora si apprestava a condurre una giornata come molte altre, senza sapere che quella sarebbe stata l'ultima giornata normale della sua vita.

~SPAZIO AUTRICE~

Buona sera a tutti lettori, come potete vedere sono ancora viva e con una nuova idea.
Mi scuso se sto trascurando "Lui era incapace di amare. Lei cercava una ragione per vivere" ma ultimamente ho un blocco su quella storia, che spero di risolvere al più presto.
Cosa ne pensate di questo prologo? Vi intriga? Spero di si.
Fatemi sapere la vostra e continuate a star attenti, potrei aggiornare quando meno ve lo aspettate.

Xoxo

~Heaven 6661~

Take my hand when the world diesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora