Para-para-paradise

2.1K 73 8
                                    

PARA-PARA-PARADISE

*Flashback*

'Hey Louis, dormi?'. Harry quella notte non riusciva proprio a prendere sonno. Era la prima notte da quando lui e i suoi quattro migliori amici, Louis, Zayn, Niall e Liam , si erano trasferiti in quella piccola villetta in Charing Cross Road. Appena arrivati avevano scelto le camere. E lui subito aveva guardato il suo migliore amico, che intuendo quello che pensava gli si era avvicinato e aveva detto un semplice "io e Hazza stiamo nella camera che dà sul giardino, quella con il piccolo balconcino". E quindi eccolo lì, sdraiato nel suo letto, con le braccia incrociate dietro la testa a osservare il soffitto azzurrino della camera, mentre fuori il cielo era illuminato da lampi continui. Pioveva. 'No, non riesco a dormire' ammise poco dopo il suo compagno di stanza. 'Tu come mai non dormi?' aggiunse immediatamente. 'I tuoni.' Disse sincero Harry per poi continuare con un 'Ti piace la pioggia Louis?'. E Louis non riusciva davvero a capire come gli era anche solo passata per la mente una domanda del genere al suo migliore amico, ma 'Sì' rispose semplicemente, con un leggero sorriso improvvisato sulle labbra. Harry allora si alzò e, lentamente, si avvicino al letto del ragazzo, spostando di poco le coperte per poi infilarcisi sotto e rannicchiarsi vicino all'amico. Non sapeva perché l'avesse fatto, gli era venuto spontaneo alzarsi e raggiungerlo. 'Come mai?' chiese poi. Louis capì subito a cosa si riferisse il compagno e 'Mi aiuta a riflettere, a pensare. Mi tranquillizza. Non trovi che la pioggia sia rilassante?'. Aveva iniziato a giocherellare con i capelli di Harry, che nel frattempo sorrideva. 'A me non piace' disse infine, per poi addormentarsi, con la testa appoggiata al petto dell'amico, accolto dalle braccia di Morfeo.

*Fine Flashback*

A Louis era sempre piaciuta la pioggia. Lo scrosciare lento e interminabile dell'acqua sui vetri appannati delle finestre, il ticchettio dolce delle gocce sul ferro, ormai arrugginito, del piccolo cancelletto che circondava la villetta che condivideva con i suoi quattro migliori amici, l'odore di fresco e bagnato, quel suono così rilassante che emetteva. A Louis la pioggia piaceva perché gli permetteva di pensare, tranquillo, di perdersi nei suoi pensieri, di viaggiare in un mondo alternativo, lontano e completamente diverso dalla realtà, in cui non esistevano problemi, in cui non c'era né nero né bianco, ma solo colori. A Louis non erano mai piaciuti il nero e il bianco. Insignificanti. In contrasto tra di loro. Nero. Buio. Paura. Freddo. Apatia. Indifferenza. Insensibilità. E poi. Bianco. Luce. Calore. Purezza. Fragilità. Sensibilità. Debolezza. Insicurezza. Louis non era questo. A Louis piacevano i colori. A Louis piaceva il rosso. Sangue. Amore. Passione. Bramosia. Desiderio. A Louis piaceva l'azzurro. Libertà. Infinito. Potere. Scelta. Volontà. Possibilità. L'unica cosa che a Louis non piaceva della pioggia era quel leggero venticello che si alzava di tanto in tanto, quello che ti scompiglia i capelli, quello che ti trafigge freddo, potente, con impeto in pieno viso. Quel venticello che ogni volta che esci ti colpisce con le mille goccioline d'acqua che porta con sé. Quel venticello che non ti permette di guardare avanti, ma che ti costringe sempre a voltarti dall'altra parte. Quel venticello tanto fastidioso. E il suo fruscio. Louis proprio non lo sopportava. Smuoveva le fronde degli alberi sovrastando il ticchettio dolce della pioggia e creando un suono secco, deciso, che a Louis arrivava sommesso, ma comunque insopportabile.

Ed anche quel pomeriggio di metà novembre, seduto sul divano con le gambe al petto, la testa appoggiata alle ginocchia e una tazza di tè caldo in mano, Louis osservava distratto dalla finestra la pioggia che cadeva sulle strade di Londra da ormai qualche ora, mentre la televisione accesa davanti a sè trasmetteva uno di quei noiosi film sdolcinati che sono solite guardare le ragazzine di quattordici anni alle prese con la loro prima cotta. Pensava. Louis pensava. Era da un pò di tempo ormai che aveva in mente sempre gli stessi occhi verdi. Quegli occhi che facevano invidia anche agli smeraldi più costosi e pregiati del mondo. E quei ricci, sempre disordinati, con il ciuffo che gli ricadeva dolcemente sul viso. Era da un po' di tempo ormai che Louis pensava sempre a lui. Al suo migliore amico. E non capiva nemmeno lui perché, ma non riusciva a farne a meno. Harry era diventato come una droga per Louis. Era la sua cocaina, la sua eroina, la sua birra, la sua vodka, le sue carte da poker, la sue roulette, la sua sigaretta. Era qualcosa della quale una volta provato non riuscivi più a farne a meno. Louis era come diventato dipendente da quegli occhi e da quel sorriso, da quella voce calda da 19enne che ti scalda il cuore. Ed anche in quel momento Louis pensava a lui. Pensava a Harry e sorrideva. Sorrideva ripensando a tutti i momenti passati insieme, alle notti trascorse a parlare per poi finire addormentati sempre abbracciati, stretti uno all'altro, tanto che chi non li conosceva vedendoli avrebbe potuto benissimo credere che fossero fidanzati. Louis sorrise a quel pensiero. Lui e Harry fidanzati. Al solo pensarlo sentì qualcosa muoversi nel suo stomaco, un branco di elefanti che facevano su e giù. E in quel momento non riusciva a non pensare che infondo il suo migliore amico era veramente bello. Bello da togliere il fiato. A Louis piaceva tutto di Hazza. Gli piaceva il suo sorriso, i suoi occhi, i suoi capelli, la sua voce, le sue labbra. Che ti succede Louis? Da quando pensi queste cose del tuo migliore amico? E parlava. La vocina, quella fastidiosa vocina che da quando aveva cominciato a fantasticare su Harry in quel modo, ronzava perennemente nella sua testa, parlava. E aveva anche ragione. Cosa gli succedeva? Louis questo non lo sapeva. L'unica cosa che sapeva era che ogni volta che Harry era lì vicino sentiva le farfalle nello stomaco e arrossiva, sempre. E sapeva anche che gli sarebbe piaciuto tornare ai vecchi tempi, tornare a quelle sere in cui non facevano altro che parlare. Voleva tornare a dormire abbracciato al suo migliore amico. E un'altra, ultima cosa che Louis sapeva, era che gli sarebbe piaciuto essere la causa di quel bellissimo sorriso e la meraviglia che quegli occhi vorrebbero scrutare.

Para-para-paradise || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora