Catullo percorse con lo sguardo il corpo nudo e desiderabile di Clodia, distesa accanto a lui, ancora ansimante. Con la bocca socchiusa, ingoiò l'aria pregna del profumo di rosa che lei faceva arrivare direttamente dall'Egitto.
C'era qualcosa di meraviglioso e terrificante nel silenzio che li aveva colti: non aveva nulla a che fare con il silenzio emozionato e soddisfatto dei loro primi, fugaci incontri. Era pesante, doloroso, ma riusciva ancora a tenerli aggrappati l'uno all'altro.
Clodia non gli chiedeva più la sua poesia, non voleva più raccontare o sentirlo motteggiare per ridere con lui. E Catullo continuava a vivere temendo e sperando, sentendo il suo cuore tremare di felicità ogni volta che lei diceva "verrò", solo per sentirsi precipitare, ogni volta più a fondo, quando dopo una furibonda battaglia fra le lenzuola, non restava più nulla.
Mosse la mano sul cuscino, per coprire quella morbida di lei, e per un momento si scambiarono uno sguardo. Le labbra di Clodia si schiusero in un sorriso, ma non aveva niente dello stupore e della gioia che c'erano state. Catullo inspirò a fondo, Clodia intuì che voleva parlare, e si affrettò a sollevarsi, per scendere dal letto.
«Dove vai?» le chiese, cercando di trattenerla. Ma la mano scivolò da quella di lui e Catullo restò a stringere il niente.
«Devo andare via. Lo sai che non c'è mai troppo tempo...» replicò Clodia, raccogliendo da terra i suoi vestiti.
Ma nel frattempo Catullo si era alzato. Camminò, nudo e scalzo, fino alla porta. Lei lo ignorò e solo quando fu di nuovo rivestita e pronta per andarsene, si decise a fargli segno di togliersi di lì, come se si stesse rivolgendo a un suo schiavo.
Ma Catullo non era il suo schiavo, o almeno così gli piaceva credere. Per cui le porse le mani.
«Clodia, dimmi cosa è successo. Credo di meritarlo, no?» disse, piano, sottovoce, quasi. Lei lo guardò come se le stesse facendo chissà quale affronto, aggrottò le sopracciglia bionde e strinse le labbra.
«Togliti, Gaio, devo andarmene» ripeté, ignorando l'appello di lui.
Si era fatto un patto, un patto d'amore, ma solo nel suo petto quella promessa sembrava essersi mantenuta. Avrebbe voluto dire che non c'erano problemi se lei aveva un altro amante, ma non era così.
Non era così, perché nonostante giocasse sempre con altre ragazze o con il bel Giovenzio, per Catullo era sempre e solo Clodia l'amore.
Clodia invece era mortalmente annoiata, non solo dal loro amore, ma dalla vita stessa, e saltava da una distrazione all'altra cercando di affogare questo vuoto. Questo lui aveva iniziato a capirlo, a perdonarlo, ma non era capace di accettarlo: l'amore che provava era tanto furibondo che non si schiantava contro alcun dolore, nessun affronto era abbastanza grave da farlo allontanare, nessuna parola crudele riusciva a cancellare l'immagine desiderabile di lei dai suoi occhi. La rabbia alimentava quella fiamma, l'indignazione lo incendiava, il sacro rispetto che aveva avuto per lei era perduto, certo, ma il suo amore non era stato neppure scalfito dai continui sinistri con cui Clodia lo ricambiava.
Anche adesso, mentre la guardava pronta a uscire da una casetta anonima ai margini della Suburra, presa in affitto da prestanomi di prestanomi e pagata molto più di quanto valesse, gli sembrava che ogni sacrificio e ogni sopportazione valessero la gioia che provava nel vederla, anche se sempre più velocemente quella gioia veniva affogata nei silenzi e nell'infelicità che entrambi sembravano volontariamente infliggersi.
Perché Clodia continuava a vederlo, se non lo voleva più? Perché non si limitava a chiudere quella storia, se non era più contenta? Avevano fatto un patto, è vero, ma chi le impediva di rimangiarsi la parola data? Venere lo sapeva che le promesse degli amanti non erano altro che scritte sull'acqua; allora perché Clodia restava, perché se ne andava subito, perché continuava a svestirsi, perché insisteva per vestirsi subito?
Catullo continuava a sperare che lei lo amasse ancora, perché lui la amava disperatamente. Ma anche quella notte, Clodia cercava di scappare.
«Dobbiamo parlare, Clodia. Che cosa stiamo facendo?» insistette, dopo un secondo che gli parve infinito.
«Tu mi stai impedendo di andare via» ebbe lo spirito di rispondere lei, con voce leggermente più alta. Ma la voce di Catullo coprì ben presto quella di lei:
«Perché mai sei venuta, allora? Dimmelo, Clodia! Perché vieni da me, se non vuoi stare qui?»
Clodia non era abituata a quei toni, da parte sua. Per cui la vide indietreggiare di un passo e guardarlo di nuovo, scioccata.
«Cosa vuoi che ti dica? Sono qui, sono venuta, perché vuoi sempre più di quanto hai?» gli rispose, polemica. Clodia aveva un pessimo carattere. Catullo aveva sempre saputo che lo aveva. Ma aveva anche una risata deliziosa, era intelligente, a volte diceva battute divertentissime, era adorabile quando si accoccolava sul suo petto e gli chiedeva di cantare per lei.
«Voglio che tu mi dica che mi ami ancora! E voglio che sia vero, per Ercole!» rispose, gridando, con la voce rotta per il dolore e la vergogna. Che razza di uomo era, a implorare l'amore di una donna, e non una donna qualunque, ma una donna che comunque non avrebbe mai potuto ridurre in suo potere!
Clodia lo guardò, muta, ma la sua espressione si trasformò subito in una maschera dolente. Socchiuse gli occhi, e le labbra si mossero appena, mute, i denti morsero la lingua. Sotto lo sguardo di Catullo, Clodia spalancò le braccia e le lasciò cadere d'un colpo, in un moto di frustrata impotenza. Poi, in pochi passi, fu di nuovo vicina a lui, lo abbracciò, e lui non riuscì a non ricambiare quello che desiderava.
Si strinsero forte, Catullo immerse una mano nei suoi capelli biondi, sentendo le braccia delicate di lei serrargli i fianchi e le sue mani fresche premersi sulla schiena.
«Ti amo, Clodia» bisbigliò, ma non ottenne risposta.
Continuò a tenerla stretta, ma sentiva dentro di sé la rabbia e il dolore per quel silenzio, era una presenza viva e tremendamente potente. Perché non poteva amarlo? Perché non era più come prima? Perché continuava a stringerlo? Perché non era capace di dare voce ai suoi gesti? O perché era capace di mentire così bene nei fatti, ma non sapeva accontentarlo con una bugia di due parole?
«Devo andare ora, Gaio, devo davvero andare...» mormorò, sollevando il viso per dargli un bacio. Catullo lo accolse senza rispondere nulla, la presenza di Clodia scivolò via dal suo abbraccio, sparì dietro la porta e giù per le scale con i suoi passetti affrettati.
Catullo rimase lì, fermo, provando l'intensa nostalgia del suo profumo e della sua voce, odiandosi per questo, odiando lei, amandola disperatamente.
C'era ancora odore del loro abbraccio in quella stanzetta arredata solo di un letto, come è giusto che sia la stanza di due amanti. Ma Catullo spalancò le imposte e osservò, con un sordo dolore al petto, la sua Clodia incamminarsi fra due guardie del corpo, illuminata solo dalla luce di uno spicchio di luna. Avrebbe voluto gridarle di non tornare più, ma non desiderava altro che averla vicina, ancora e ancora.
Passò la notte in veglia, a contemplare il mistero di quell'odio e di quell'amore che lo dilaniava. Non era più certo che fossero due cose distinte.
Eeee... eccoci qui ^_^
Grazie di essere arrivati fino a qui! Spero che la storia vi sia piaciuta, lasciatemi stelline e commenti per farmi sapere che sono sulla retta via :°D
Manco a dirlo come al solito ho mantenuto toni allegri - lo giuro, io lo vorrei fare un racconto con un lieto fine, ma non ce la faccio... Finora di tutta la cricca i più fortunati sono Cinna e Murrina e questo la dice lunga! XD Ma Catullo e la sua Lesbia? Cosa è successo al loro amore che doveva superare ogni difficoltà e che invece, almeno a sentire le poesie di Catullo, non è stato che una corsa al massacro? Voi che ne pensate?
Non vi rompo le uova raccontandovi di quanto sia affascinata non solo da Catullo e dal suo amore irriducibile, ma anche da Clodia e dal suo continuo tira e molla: anche per lei non deve essere stato facile, sicuramente Catullo non fu uno dei tanti...! E questo quindi è un tributo non solo al poeta, ma anche alla sua molto misteriosa musa :)
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Odi et Amo
Historical FictionTerza OS per il circolo dei Poetae Novi... Questa volta mi sono concentrata su Catullo e sul suo difficile rapporto con Lesbia... "Odio e amo. Perché lo fai?, mi chiederai: non lo so, ma sento che è così ed è un tormento." Traduzione mia per l'immor...