“Allora?”
“E' buono.” Risponde lui.
“Tutto qui? ...È buono... nient'altro da aggiungere?”
“Cosa dovrei aggiungere?”
“Non so, potresti dirmi che sei felice che ti abbia preparato il dolce, o pensi che tutto ti sia dovuto? Il fatto che tu abbia un lavoro e io no non vuol dire che io stia a casa a girarmi i pollici tutto il giorno.”
“Non ho detto nulla di tutto ciò.”
“Sappiamo entrambi cosa pensi. Ti aspetti di tornare a casa, trovare la tavola apparecchiata, la cena pronta, magari ti aspetti anche che indossi un qualche vestitino accattivante o soltanto lingerie. Solo perché TU hai un maledetto lavoro!” intanto inizia a sparecchiare
“Sono stanco cara” lo sguardo è fisso nel vuoto leggermente rivolto verso il basso.
“Ah! Sei stanco!? Quindi fammi capire, tu hai il diritto di essere stanco, mentre io devo starmene qui a lavarti mutande, calze, prepararti da mangiare, fare i letti, pulire per terra, sbattere le tovaglie, fare la lavatrice, spolverare, lavare il pavimento... senti lasciamo perdere. Vattene a letto o svaccati sul divano davanti al televisore come tuo solito”
Lui smette di ascoltare le sue parole a metà della frase, come se fosse la fine di una canzone in dissolvenza, e comincia a pensare a Krizia: giovane, dolce, sorridente, silenziosa, con quei movimenti giovani del corpo che si fanno amare a prima vista.
“Che ci fai ancora a tavola? Non eri stanco? Non ti metti a guardare la tv come fai sempre?” dice lei alzando la voce.
Lui si alza senza risponderle, mette una mano nel taschino della camicia che ancora non si era tolto e prende il pacchetto di “ammazza stress”.
“Ah adesso ho capito, devi impuzzolentirmi tutta la casa, io pulisco, io lavo, io rendo vivibile questo posto di merda in questo quartiere del cazzo e tu devi pure riempire di odore di fumo ogni vestito, poltrona e oggetto di questo posto. Complimenti caro. Complimenti.”
La sigaretta la tiene con le labbra mentre cerca l'accendino nelle tasche, lo trova poi nella giacca appesa in corridoio. Va sul balcone del salotto socchiudendo la porta-finestra lasciando dentro casa tutta la frustrazione di cui è impregnata.
Osserva le auto dal balcone del settimo piano dell'appartamento, piccoli individui che si muovono in varie direzioni: chi va a sinistra, chi a nord, chi svolta a destra... già, una svolta.
Pensa a Krizia, di nuovo.
Riflette su una situazione impossibile, su una vita, impossibile.
Finisce la sigaretta, con rammarico, prova a farsi forza, pensando a suo padre e ai suoi sacrifici per tenere tutto il suo mondo unito.
“Ma che gentile, sei pure andato fuori a fumare, cos'è... ti da fastidio la mia compagnia? Solo perché dico quello che penso? Guarda che ho tutto il diritto di farlo anche se non lavoro per lo sporco denaro.”
Lui si avvia di nuovo verso la sala da pranzo, si siede sul divano e accende il computer portatile che ha messo sulle ginocchia. Lo schermo si illumina.
“Eccolo li, lo abbiamo perso, ora è lì al computer il capofamiglia. È come se fossi ancora a lavoro adesso, non esiste più nessuno vero? Non posso raccontarti nulla, non posso parlarti della mia splendida giornata. Bé te lo dico lo stesso: mi sono alzata, mi sono lavata, ho spazzato per terra, ho passato la aspirapolvere, ho lavato i pavimenti, stirato, cucinato, fatto tre lavatrici, pulito il bagno, spolverato i mobili di ogni stanza e lavato i vetri. Poi è arrivata Gloria, probabilmente non ti interessa ma mi ha raccontato che Sam è partito per...”