1

40 2 0
                                    

Il mondo sembrava girare in modo diverso quella sera. Tutto era confuso, e io sentivo di non appartenere più a quella realtà. Le persone per strada chiacchieravano felici, a voce alta, costringendo anche gli altri passanti ad ascoltare i loro noiosi discorsi su routine che tutti sono costretti ad affrontare. Altri camminavano a passo svelto, diretti verso chissà quale luogo lontano. Magari la loro famiglia li stava aspettando, o magari c'era il loro grande amore in attesa, a fumare una sigaretta, seduto da solo ad un tavolino di un vecchio bar. Altri ancora parlavano a telefono, alcuni gesticolando come se la persona dall'altra parte del filo potesse vederli. Chissà cosa avevano da dirsi tutte quelle persone, chissà quale vita conducevano, chissà qual era il loro grande segreto. Ognuno di noi conserva un segreto dentro di sé, un segreto che non siamo capaci di confidare a nessuno, nemmeno alla persona che ci è più vicina, che è sempre pronta a sostenerci. Non per forza deve essere un segreto eccezionale, uno scandalo, può anche essere un piccolo pezzo del nostro cuore, che non vogliamo mostrare agli altri, per paura che possano distruggerlo. Mi è sempre piaciuto interrogarmi sulle persone, sui loro pensieri, le loro paure, sugli aspetti più profondi della loro anima, che tendono sempre a nascondere. Mi piace guardarli negli occhi senza farmi notare, e scavarci dentro per scoprire i loro segreti, e mi piace immaginare che loro facciano lo stesso con me, senza riuscirci mai. Con gli anni ho imparato a non affezionarmi troppo e a cercare di non mostrarmi eccessivamente a coloro che non meritano la mia anima. Non mi lascio mai guardare negli occhi troppo a lungo: ho paura che potrebbero scoprire le mie debolezze, i miei segreti, che potrebbero vedere anche solo una goccia del mare che ho dentro. Intanto in strada quel vociare distante e confuso si faceva a mano a mano sempre più fitto nella mia mente, che sembrava non avere più spazio per altro dolore. La gente a passo svelto passava accanto a me senza voltare lo sguardo, troppo impegnata nella sua quotidianità per poter prestare attenzione, anche solo per un attimo, ad una come me. Durante la mia vita mi sono sempre sentita un fantasma. Nessuno si rendeva mai conto della mia presenza a scuola, e nelle foto dell'annuario, al liceo, ero sempre "quella con i capelli disordinati dell'ultima fila", "la pazza". Non davo molta importanza al mio aspetto fisico, questo è vero, ma più che altro al mio modo di essere. Pochi erano riusciti a capire ciò che io fossi realmente, e mi apprezzavano per questo. Ho avuto pochi amici nella mia vita, ma almeno posso consentirmi il privilegio di definirli tali. Conosco la concezione di amicizia dei ragazzi di oggi, una concezione egoistica e solitaria, tanto diversa da quella che è ed è sempre stata la mia. Con i miei amici potevo essere sicura di avere una spalla su cui piangere, un compagno con cui ridere, un fratello che mi avrebbe accompagnato nei cammini più lunghi e difficili della vita. Quindi, nonostante la mia tendenza a preferire la solitudine, durante la mia adolescenza, ho scoperto il vero significato di amicizia, di amore, di vita. Quella sera però, quella maledetta sera, tutti i miei ricordi sembravano lontani anni luce, troppo sfocati e indistinti per potermi restituire la speranza di ritornare alla vita di prima. Quella patetica sfilata di passanti indaffarati sembrava stesse per finire, e le luci dei lampioni erano ormai gli unici punti luminosi in quella cappa di oscurità che era calata improvvisamente sul mondo, conferendogli un aspetto sinistro. Le stelle non c'erano, e la luna doveva essersi nascosta dietro qualche nuvola grigia, stanca di assistere allo spettacolo del mondo che continua a girare, egoista e ignaro dei problemi dei suoi innumerevoli abitanti. 7 miliardi di persone. Chissà se c'era qualcuno che, come me, quella sera, era in cerca di qualcosa, in attesa di qualcuno che cambiasse la sua vita.  Non ho idea di che ora si fosse fatta. Ero uscita con l'intenzione di prendere una boccata d'aria, di stare sola con il cielo e la strada, con il silenzio della notte, con il rumore del vento. Una brezza leggera mi sfiorava il viso e mi accarezzava i capelli, sussurrandomi all'orecchio parole che non riuscivo a capire. All'improvviso qualcosa dentro di me si mosse inaspettatamente. Alzai gli occhi verso l'alto e le luci dei lampioni non erano più dei punti luminosi ben definiti come prima, ma mi apparivano sfocate, dei cerchi concentrici di luce che andava via via dissolvendosi. Mi toccai le guance: erano bagnate. Eppure non pioveva. Erano lacrime. Piangevo inconsapevolmente, sapendo però che ne avevo bisogno davvero. Ho sempre pensato che le lacrime portino via con sé, giù lungo le guance, tutte le preoccupazioni e le tristezze, almeno per qualche minuto. Attraversai la strada in fretta, volevo tornare a casa. Guardavo dritto davanti a me, e camminavo velocemente, senza rendermi conto del mondo che mi circondava. Ad un tratto, però, una forte luce e un rombo tremendo, mi riportarono alla realtà.

You are my artDove le storie prendono vita. Scoprilo ora