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《Lara, stai bene? Ti prego svegliati. Oh mio dio, che cosa ho fatto.》Una voce familiare mi chiamava, ma la sentivo a malapena; sembrava che mi trovassi dentro una campana di vetro, al cui interno ogni rumore proveniente da fuori era distante. Facevo fatica ad aprire gli occhi, mentre quella persona continuava a toccarmi le braccia e il petto, come per controllare se avessi qualche ferita. Era un uomo. Un uomo dai capelli ricci e castani, gli occhi verdi e le labbra carnose. Aveva la barba corta di un ragazzino, che faceva da contorno ad un'espressione preoccupata. Nello stato di confusione in cui mi trovavo, ci misi un pó a capire cosa stesse succedendo e chi avevo di fronte a me. Sentivo una forte sensazione di calore sulle mani e sul braccio destro, e mi sembrava di non avere più il controllo della gamba sinistra. Ero distesa sull'asfalto, inerme, incapace di muovermi, e in attesa che quell'uomo mi portasse via, in un posto sicuro, in cerca di aiuto. Quando iniziai a riprendermi e a ragionare di nuovo, capii chi era l'uomo chinato su di me, sul punto di piangere. Era Luca. Un miliardo di pensieri differenti affollarono la mia mente, in quel momento così debole. Possibile che dovesse essere lui l'uomo che mi avrebbe cambiato la vita quella sera? E perché incontrarci in quel modo? Dovevo aver attraversato la strada così in fretta, da non avergli dato il tempo di fermarsi. Ancora oggi ricordo il rumore dell'auto che aveva cercato in ogni modo di non farmi del male. Dopo quel momento, però, non ricordo nulla. Provai una sensazione stranissima, che non ho più provato nella mia vita: sembrava che il mio cuore si fosse fermato per qualche minuto, per poi ricominciare a battere solo successivamente, quando mi trovavo per terra, la testa rivolta verso il cielo nero di quella notte senza luna nè pietà.《Devi assolutamente andare in ospedale. Ti ci porterò io, faremo molto più in fretta.》Rimase a guardarmi per qualche secondo, fissando i suoi occhi nei miei. Sapevo cosa stava pensando, e sapevo che da quel momento le nostre vite sarebbero cambiate. Lui stava rivivendo la sua vecchia vita nei miei occhi, scavando nella mia anima e nei miei pensieri. Era l'unica persona a cui io avessi mai permesso di farlo, l'unica che lo aveva meritato davvero. Ritornò al presente e alle mie brutte ferite, poi disse, con un pó di angoscia nella voce:《Ma cosa ti è saltato in testa...》Non avevo la forza di alzarmi, né tanto meno di rispondergli. In tutto quel tempo avevo pensato che lui fosse cambiato, che la sua voce fosse diventata più profonda e le sue mani più dure. Mi sbagliavo. Forse non erano poi così tanti gli anni della sua assenza, ma a me erano sembrati un'eternità. Mi prese in braccio con la delicatezza che sempre lo aveva reso speciale, adagiando la mia testa sulla sua spalla. Chiusi gli occhi. Inspirai profondamente, annusando il suo profumo. Subito quell'odore mi invase e iniziò a scorrere nelle mie vene doloranti, fino ad arrivare al cuore. Il battito aumentò a tal punto che credo che anche lui lo avesse sentito. Era assurdo, ma non potevo sbagliare, ero cosciente e non stavo sognando. Quello era il nostro profumo. Il profumo che metteva sempre quando eravamo giovani e innocenti. Quel profumo tanto costoso, che lui una volta non aveva avuto il coraggio di comprare. Era sempre stato un ragazzo parsimonioso, e qualcosa dentro di me mi diceva che le cose non erano cambiate con il tempo. Fu per questo motivo che decisi di regalarglielo il giorno del suo compleanno. Avevo messo i soldi da parte e sapevo che lui ne sarebbe stato felice, anche se avrebbe continuato a ripetermi che non avrei dovuto farlo. Da allora ogni volta che sentivo quel profumo, mi sembrava di percepire la sua felicità, la sua voglia di vivere una vita insieme. Amavo abbracciarlo, sapendo che poi il suo odore sarebbe rimasto sui miei vestiti, sulla mia pelle, tra i miei capelli. Così anche quando ero a casa, sotto le coperte, io sapevo che lui era lì accanto a me. Credo che questa sia una sensazione che ogni essere umano meriti di provare in vita sua: sentire la persona che ama vicino a lui, anche quando è lontana, anche quando non può stringerla a sé, così forte da impedirgli quasi di respirare. I sedili posteriori erano in pelle ed erano tanto freddi da provocarmi i brividi. Lì dietro non doveva essersi seduto nessuno per tanto tempo. Alzai lo sguardo e un particolare mi saltò all'occhio, nonostante la stanchezza e lo stordimento. Appeso allo specchietto retrovisore c'era Pinky, il maialino portafortuna di cui Luca non aveva mai potuto fare a meno. Ricordo che il giorno dell'esame di maturità un orecchio di quel piccolo animale fuoriusciva da una tasca dei suoi pantaloni. Senza di lui non si sentiva sé stesso. Nonostante tutto, non era mai stato un ragazzo superstizioso. Ho sempre saputo, infatti, che non avrebbe mai lasciato quel maialino, neanche per un attimo, semplicemente per i ricordi e il valore inestimabile che portava con sé. Non era superstizioso, ma sapeva amare, e capiva l'importanza delle piccole cose. Imporovvisamente sentii Luca sussurrare qualcosa, ma quelle parole non sembravano rivolte a me. Parlava con un tono di voce così basso, che non riuscivo a capire nulla del suo fitto discorso, nonostante tutti i miei sforzi. Stavo per pronunciare un "Cosa?" faticoso e forzato, quando dalla sua bocca fuoriuscì un nome, un nome che stranamente non feci fatica a comprendere. Angelica. Quell'uomo che un tempo era stato l'essenza delle mie giornate, non stava parlando con me. Il mio cuore si bloccò di nuovo per qualche istante. Sul sedile accanto a quello di Luca era seduta una donna con il volto stanco e seccato, dall'aria arrabbiata, ma per niente preoccupata.

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