Sogno o realtà?

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Il sole era tramontato da diverse ore e la luna era già comparsa in cielo.

Nella piccola Ereso nessuno si trovava più nelle strade.

Solo una casa era illuminata.

Da essa provenivano risate e grida, unite alle note allegre di uno di quei flauti tipici dell'epoca.

Il vino scorreva a fiumi, aromatizzato con miele e spezie.

Giovani efebi ed etére giravano tra le klinai, mescendo la dolce bevanda.

I commensali si divertivano, tutti rigorosamente di sesso maschile: era proibito alle donne non schiave prendere parte a un simposio.

Ad un tratto una folata di vento corse nella stanza, smorzando le fiamme delle fiaccole.

Per un istante l'oscurità fece da padrona nella sala, accompagnata da un rumore di passi strascicati.

Quando la luce ebbe nuovamente  scacciato la sua nemesi, gli invitati si guardarono velocemente intorno, desiderosi di riprendere ciò che stavano facendo in precedenza.

Nulla di strano sembrava esserci.

Nessuno fece caso all'angolo meno illuminato del vasto salone.

Nessuno si interessò all'uomo curvo e canuto, dagli occhi vitrei, senza più luminosità.

Fino a quando non iniziò a pizzicare le corde dello strumento che stringeva tra le mani tremanti.

Il primo suono si librò nell'aria, libero e pulito.

Il tempo parve cristallizzarsi.

La seconda nota fu dolce ed eterea come una farfalla.

I commensali si fermarono, chi nell'atto di portarsi la coppa alle labbra, chi a metà di una frase.

Persino lo sfrigolio delle torce si attenuò.

I suoni presero a susseguirsi sempre più veloci, incalzanti, creando una melodia vibrante e ipnotica.

Poi si levò la voce del vecchio, profonda e sonora, come proveniente dalle viscere della terra.

Cominciò a tessere trame.

Immagini iniziarono a formarsi nella mente degli ascoltatori.

E fu così che Achille si trovò ad adirarsi nuovamente con Agamennone; Andromaca diede per l'ennesima volta il suo straziante saluto a Ettore e Patroclo cadde sotto la spada del principe troiano. 

Achille uccise Ettore e Troia venne data alle fiamme.

E poi venne lui, Odisseo, il maestro di arguzie, il tessitore di inganni.

Tra maghe, ninfe e mostri, si snodò il suo meraviglioso e mirabolante viaggio, fino al sanguinoso ritorno a casa.

Eroi e leggende senza tempo, in grado di sopravvivere al Tempo stesso, invidioso dell'immortalità altrui.

Il canto si smorzò lentamente, tramutandosi in un borbottio indistinto.

La corda della lira vibrò l'ultima nota, solenne, degno finale di un sì illustre racconto.

Un silenzio attonito calò sulla sala.

Un battito di ciglia e riprese il chiacchiericcio, le coppe furono nuovamente riempite.

Rotto l'incanto, nessuno più si curava dell'aedo.

Era questo il suo ruolo: meravigliare per un istante per poi sparire nel buio.

E così tutto tornò come era prima.

Solo una bambina, nascosta nelle vicinanze dell'ingresso della sala, rimase come imbambolata alla fine del canto.

Sentiva ancora aggirarsi nella sua mente gli eroi di cui aveva udito le gesta, nel sangue l'adrenalina generata dallo stupore.

Quando si affacciò nel vasto salone, attenta a non farsi vedere, non trovò più il vecchio cantore.

Ritornò nel buio, affranta.

Nel suo cuore ancora durava l'incanto e la delusione di non aver potuto parlare con l'anziano uomo ebbe vita breve.

Stava ancora chiedendosi se fosse stato solo un sogno oppure la realtà: le era parso che avesse cantato per più di due ore... o forse era stato solo un istante?

Aveva camminato con lui sul labile filo che separava verità e fantasia.

E voleva farlo ancora.

E ancora.

"Sarà questa la mia strada." pensò, sicura di sé.

E mentre i suoi occhi si chiudevano fu certa di aver sentito una risata e una mano accarezzarle il capo.

***

Al mio aedo, perché lo so che non mi abbandonerai mai.

***

Aedo: cantore di imprese epiche dell'antica Grecia.

Etéra: schiava greca che si occupava di servire gli ospiti e di allietarli con musica, balli e prestazioni di altro genere... (Intelligenti pauca! XD)

Klinai: divanetti con un solo "bracciolo" su cui i greci mangiavano semisdraiati.

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