CAPITOLO 1

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Ero seduta su delle sedie antiche e arrugginite. Accanto a me erano presenti delle ragazze che non conoscevo. L'unica amica che era riuscita ad arrivare qui era Debby. Le altre erano ci hanno lasciate verso il terzo isolato. Penso sempre a come le madri l'abbiano presa. E se, in quel periodo lo sapevano. Nessun genitore aveva notizie del proprio figlio e viceversa. In quel posto c'erano anche bambini. Avranno avuto 4 o 5 anni. Ma era pauroso. Crescere in questo ambiente, a quell'età, senza i propri genitori era una situazione infernale. Molti arrivavano feriti con il desiderio di rivedere i propri cari. Noi eravamo adolescenti, vivevamo il tutto con terrore, senza divertimento. Rispettando le regole, una per una, per evitare conseguenze catastrofiche. Non pensavamo neanche al fatto che non ci avrebbero potuto fare niente, se non mangiare. Ma alla fine, sarebbe stato meglio starsene al proprio posto ed eseguire tutto il regolamento stabilito da Patrick, il direttore. Aveva i capelli rasati. Un signore molto muscoloso, forse avrà fatto palestra, intuii. I suoi occhi celesti gelavano il cuore come un ghiacciaio. Incuteva timore a tutti, comprese educatrici e genitori. Fu così anche per me per i primi giorni lì dentro. Pensavo cosa potessero provare le insegnanti e a cosa potesse succedere. Ma tutti questi pensieri furono subito scacciati quando il "capo" (così voleva essere chiamato), iniziò a parlare. Era tutto buio, lui puzzava di fogna. Con una torcia indicò gruppetti di 5 persone, pronunciando i nomi di ciascun componente. Anzi, più che pronunciava li gridava, scandendo tutte le lettere. Cinque nomi, dieci nomi, quindici nomi, venti nomi fin quando non sentii pronunciare quel nome. Nick. Nick Davis. Il sangue mi si bloccò ma il cuore fece il contrario. Non pensavo fosse riuscito a resistere a tutto quel caos che si era verificato nel suo istituto quel giorno. Lo guardai. Ma lui guardò gli amici, entusiasta dei suoi compagni di "stanza". Dopo altre dieci persone arrivai io. Fortunatamente fui messa nella stessa camera nella quale Debby avrebbe passato il resto della sua vita, o quasi. Ma non fu quello il mio primo pensiero. Insomma, oltre lei non conoscevo nessun'altra. Al pronunciare del mio nome girai lo sguardo. Ci guardammo e sorridemmo. Putroppo però non sapevamo ancora la collocazione delle nostre stanze. Ed è per questo che, sorridevamo ancora.

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⏰ Last updated: Dec 19, 2016 ⏰

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