Capitolo 4

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"Che intenzioni hai?" Mi ringhia infuriato.

"Potrei farti la stessa domanda!" gli rispondo infastidita.

Il tono di superiorità che usa nei miei confronti mi fa perdere la pazienza.

"Non stiamo qui a prenderci in giro, ragazzina."

Ragazzina? Odio questo soprannome, ad occhio avrà la mia età...

Decido di prendere in mano la situazione e mi alzo dal materasso su cui ero rimasta seduta.

"Saresti così gentile da arrivare al punto di questa conversazione?" lo provoco.

Lui si appoggia alla scrivania che si trova di fianco al mio letto.

"Che diavolo ti passa per la testa? Perché sei scappata?" mi domanda incrociando le mani all'altezza del suo petto possente.

Le sue braccia sono piene di disegni e scritte strane che attirano la mia attenzione.

Cerco di pensare a che significato possano avere tutti quei tatuaggi, quando mi riporta alla realtà sventolandomi la mano davanti agli occhi  che erano incantati su di lui.

"Cosa te ne importa?So che vi volete sbarazzare di me, non sono stupida."
dico guardandolo negli occhi.

"Ah, non lo sei?" mi domanda con un sorrisetto beffardo.

Questo suo continuo prendermi in giro mi irrita sempre di più allora stringo i pugni lungo i fianchi per cercare di contenere la mia rabbia.

"Dovresti ringraziarci. Non saresti sopravvissuta neanche una notte là fuori." continua sistemandosi il ciuffo dei capelli corvini che gli era caduto davanti agli occhi.

"E ti sarebbe importato se fossi morta?" scatto infuriata.

Lui si alza dalla scrivania e si mette davanti a me continuando a fissarmi negli occhi senza dire una parola.

"Rispondimi!" gli ordino alzando la voce.

Lui fa un passo in avanti e riesco a sentire il profumo della sua pelle da quanto siamo vicini.

"Qui le domande le faccio io, ragazzina." mi sussurra furioso.

Indietreggio perché questa vicinanza mi mette particolarmente a disagio.

Non devo perdere il controllo davanti a lui se no si prenderà gioco di me.

"Non chiamarmi così" dico cercando di mantenere la calma.

"Sei una di loro, vero?" mi chiede afferrandomi il braccio con una stretta dolorosa.

Loro? Non capisco a chi si stia riferendo.

"Adesso sei tu a dovermi rispondere." dice alzando la voce.

Io non ribatto e continuo a tenere lo sguardo fisso nei suoi occhi. Il braccio stretto nella sua presa comincia a farmi male e questa situazione mi sta mettendo troppa pressione che a stento riesco a trattenere le lacrime.

"Che... che cosa vuoi da me?" mi si spezzano le parole in gola.

"No Anderson..." mi lascia il braccio e afferra la mia canottiera stropicciata con un pugno.

"Che cosa vuoi tu da noi?"

Fortunatamente, prima di lasciarmi il tempo di rispondere alla sua ennesima domanda, mi spinge all'indietro facendomi perdere l'equilibrio e mi lascia da sola.

Mi siedo faticosamente sul materasso e guardo il mio braccio che si sta arrossando sempre di più.
Le lacrime cominciano a rigarmi il viso ma non cerco di asciugarle.

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