Assenzio

1.2K 114 59
                                    

Si potesse cancellare tutto il male
Lo berrei come Assenzio

Stanotte

Quante volte avrei voluto urlare
Ma sono rimasto in silenzio

A pensare alle cose che ho perso
Ad immaginare fosse diverso

Non mi guardo da mesi allo specchio

È da un po' che sospetto
Che dentro al riflesso
Ci sia quella maschera che mi hanno messo.

Le luci troppo intense di quel bar erano piuttosto fastidiose, si ritrovò a pensare Bucky.
Era una sera di fine novembre a Washington D.C. e il cielo scurissimo lasciava a malapena intravedere la luna, mentre un sottile nevischio sporcava le strade.
Era passato relativamente poco tempo dallo scontro con Captain America, e i ricordi erano ancora fin troppo vividi nella memoria di Bucky.
Eppure, nonostante il suo istinto da Soldato d'Inverno gli suggerisse di allontanarsi al più presto da quella città e sparire dalla circolazione, lui si ritrovava lì, in quel piccolo bar di un quartiere non proprio ben visto. Seduto con la testa incassata nelle spalle e le mani - soprattutto quella di metallo - nascoste nei guanti neri. Con troppi pensieri per la testa e una bottiglia di Assenzio sul tavolo.

Si beve per dimenticare, è una frase che si sente dire spesso, ma a Bucky serviva più che altro ricordare. Ricordare e capire perché quel biondo a stelle e strisce sembrasse importargli così tanto.
Si rigirò la bottiglia fra le mani giocherellando con l'etichetta mezza staccata.
Ricordava vagamente che negli anni '40 fosse vietato dalla legge. A quanto pareva, dopo settant'anni non era più così, o forse quel bar era di un livello davvero infimo, tanto da spacciare liquori illegali.
Un pungente odore di fumo si mescolò all'aria opprimente solleticandogli il naso e lui sollevò lo sguardo: un uomo aveva acceso una sigaretta e rideva con la tipica risata degli ubriachi, sorretto dagli amici che non sembravano molto più sobri.
Di lì a poco l'atmosfera si sarebbe fatta ancora più fastidiosa delle luci del locale, meglio togliere il disturbo.
Bucky si alzò con lentezza e pagò, poi uscì da quel bar nauseante senza salutare.

Si ritrovò in strada sotto la neve mista alla pioggia e sospirò lentamente mentre il fiato si condensava in una nuvoletta; si calcò il berretto con la visiera - l'unico cappello che fosse riuscito a "trovare" - e si strinse nel giaccone verde militare.
Si infilò in un vicolo deserto illuminato solo dalla scarsa luce dei lampioni che rendevano il paesaggio piuttosto inquietante e si bloccò, vedendo per terra una bottiglia in frantumi.
Raccolse uno dei frammenti abbastanza grande con la mano di metallo e osservò il proprio riflesso, nonostante fosse opaco e poco visibile.
"Chi diavolo è Bucky?" disse a mezza voce aggrottando la fronte e aspettandosi quasi che la sua immagine gli rispondesse.
"Una persona meravigliosa" si intromise una voce alle sue spalle che lo fece sussultare.
Si girò di scatto e indietreggiò con lo sguardo simile a quello di un animale in trappola.
A pochi metri da lui c'era Steve; era stato fortunato, Steve non era una minaccia. Almeno, sperava che non lo fosse.
"Buck" il biondo lo chiamò con un sorriso appena accennato "Non temere, sono Steve".
Fece per avanzare di un passo, ma si bloccò quando vide Bucky che arretrava. I lampioni gettavano una luce giallastra e tetra, illuminando lo squallido vicolo e i volti tesi di entrambi.
Il moro tirò un violento calcio a un bidone per scaricare la tensione facendolo cadere.
"Vattene" gridò con la voce roca.
"So che sei confuso" continuò Steve ignorandolo e mantenendo il tono di voce basso e calmo "Ma ti assicuro che ti posso aiutare".
Fece un passo e tese le mani verso il moro che lo fissava con il respiro irregolare.
"Perché non torni a casa con me?" sorrise dolcemente e si avvicinò a Bucky. Il moro rimase immobile, questa volta, e strinse i pugni cercando di resistere alla tentazione di scappare. Forse Steve poteva davvero aiutarlo.
Quando il biondo lo strinse fra le sue braccia, con una buona dose di cautela e timore perché non sapeva come l'altro avrebbe potuto reagire, Bucky si irrigidì mentre i ricordi lo travolgevano come un fiume in piena.
"Steve" mormorò.
"Sì, Bucky, sono Steve. Ti ricordi di me, vero? Di tutto ciò che abbiamo passato insieme?"
Il moro tentò di allontanarlo, prima delicatamente, poi con forza, ma Steve non voleva lasciarlo andare. Gli era mancato davvero troppo.
"Basta, Steve. Non sono il Bucky che conoscevi tu"
"Non ci credo"
Gli occhi di Bucky si inumidirono e poche minuscole lacrime iniziarono a scorrere sulle sue guance.
"Smettila. Non c'è nulla in me che valga la pena di essere salvato"
Steve iniziò ad accarezzargli la schiena e lo strinse ancora di più. L'affetto che gli stava dimostrando spaventava il moro più di ogni altra cosa.
"Ti prego" la sua voce era ormai ridotta a un soffio. Steve premette il viso sul collo dell'amico. Dopo una vita passata a sacrificarsi per gli altri era arrivato il momento di essere egoista, perciò ignorò le richieste di Bucky e lo tenne stretto a sé.
Sentiva la sua paura e si sentiva in colpa, eppure non lo lasciò andare.
Si staccò un po' e vide l'altro che respirava affannosamente con le lacrime agli occhi. La tenerezza che gli provocò gli impedì di ragionare.
Appoggiò le mani sui fianchi di Bucky e lo baciò dolcemente, trattenendolo nonostante il moro opponesse una debole resistenza. Si staccò dopo pochi secondi e restò in attesa di una reazione da parte di Bucky che lo guardava scioccato con il volto a pochi centimetri dal suo. Si aspettava che gli desse uno schiaffo -preferibilmente non con la mano di metallo - o che se ne andasse senza dirgli una parola. Ma Bucky lo sorprese. Annullò una seconda volta la distanza fra le loro labbra e lo baciò a sua volta.
Il biondo era al settimo cielo.
Si staccarono e rimasero alcuni secondi senza dire niente e ad ascoltare la melodia dei loro respiri che si mescolavano.
"Va bene, Steve" disse alla fine Bucky con un debolissimo sorriso "Salvami"
Steve lo prese per mano e sorrise, aveva appena ritrovato il suo Bucky.

N.d.A.

Grazie a tutti quelli che sono arrivati alla fine di questa fanfiction. È nata dopo aver ascoltato Assenzio di J-Ax e Fedez - non mi piacciono granché come artisti, ma pace - e dopo aver notato quanto in certi punti la canzone sembrasse parlare di Bucky (tipo nella parte che ho citato all'inizio), ma forse sono io che ormai vedo Steve e Bucky ovunque. Sì, dev'essere così.

Comunque, spero che vi sia piaciuta!
Alla prossima :)

AssenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora