IT'S JUST
SUGAR
Richard· 10:15 PM
Era giunto il momento di andare a dormire, ma il giovane Richard non ci riusciva. Erano passati due giorni da quando non dormiva più. Le occhiaia si espandevano sotto gli occhi ogni due ore, e i ciuffi biondo cenere gli cadevano sulle palpebre. Pallido e infreddolito se ne stava nell'angolo più buio in quella stanza di legno, la soffitta. Voleva nascondersi, voleva sparire per sempre. Un'altra goccia fredda gli cadde sulla nuca ormai fradicia e ricoperta di briciole di ghiaccio. Il tetto era impregnato di umidità poichè fuori stava piovendo, ma a Richard non importava. Voleva soltanto nascondersi, doveva farlo.
Per un momento gli parve di cedere la testa sulle ginocchia rannicchiate, forse questa volta non avrebbe resistito a restare ad occhi aperti. Eppure quella puzza di unto e sporco avrebbe dovuto tenerlo sveglio ancora un po'. Ma al momento, oltre agli odori, sembrava che anche i suoni si fossero arrestati nel silenzio. Tranne uno.Probabilmente nella stanza di sotto, il padrone della grande baracca stava ancora stuzzicando una delle tante ragazze di quel piano. Le urla continuavano a spargersi per i corridoi, fino a sembrare vicine alla porta della soffitta buia di Richard, oltre ai vetri rotti spezzati per terra. Forse erano i bicchieri di alcool che qualche giorno fa erano posati sul tavolo della sala centrale. Se Richard ricordasse bene, solamente un orribile tappeto rosso dava colore all'ingresso della baracca. Il resto erano solo pareti grigiastre, sporche e con qualche chiazza di vino rosso, secondo Richard. Ad ogni piano, per terra vicino al muro, vi erano vecchi candelabri arrugginiti, dove la fiamma delle candele non illuminava granchè. Richard aveva ormai imparato a vagare al buio come un gatto.
Le terribili grida di quella ragazza si fecero sempre più lontane e più soffocate da qualcosa. Finalmente il silenzio. Richard si sentiva più tranquillo da solo, in quella stanza senza finestre ed occupata soltanto da mobili nascosti sotto veli bianchi. Quello più vicino al ragazzino doveva essere un vecchio pianoforte. Ma cosa poteva importare a Rick? Ormani aveva smesso di contare sull'aiuto di qualcuno, della polizia o di Dio. Un tempo pregava. Un tempo sperava ancora... ma questo solo prima che venisse rapito per strada e trascinato in un vecchio garage.
«Se fai il bravo, riceverai un po' di zucchero, va bene?» gli dicevano due uomini incappucciati. Richard ricordava bene quel pomeriggio. Ricordava ogni cosa, ogni singolo rumore, ogni sospiro di paura soffiato con terrore oltre quella bandana sporca avvolta sul suo viso, perchè non potesse parlare. Ricordava bene come gli legarono le mani dietro la schiena e come lo buttarono dentro il baule di un'auto. Ma da quel momento avrebbe voluto dimenticare tutto.
«Abbiamo bisogno del tuo parere.» Gli disse un terzo uomo, una volta averlo trascinato per terra. « È buono lo zucchero, vero?» Richard annuì. « Ti andrebbe di assaggiarne un po'? È diverso da come lo ricordi, ma sono sicuro che ti piacerà.»
Ogni giorno la stessa storia. Se stava zitto ed ubbidiva agli ordini riceveva un cucchiaio di zucchero. Gli dicevano che sarebbe diventato un ragazzo forte se l'avresse mangiato. Ma Richard non poteva più esitare a restarsene in quel posto. Ogni mattina vedeva svestire una ragazza, picchiata e stuprata, per poi rivederla la sera stessa, pallida e senza vita, posata su un carro e ricoperta da un velo. Le candele per i corridoi potevano benissimo essere state accese dallo stesso fuoco che bruciava i corpi di quelle povere ragazze. « Diventerai un ragazzo forte.» Si ripeteva. Ma sicuramente non sarebbe mai diventato come uno di loro.
I sogni cominciarono a girargli nella mente, tra violenti suoni acuti che tagliavano i suoi pensieri. Incubi su incubi, ed ecco ancora una volta il mostro. Richard si trovava sempre nella stessa baracca, in soffitta. Tutto ciò sembrava così reale che il ragazzino non pensò nemmeno che si stesse trattando di un sogno. Ma il mostro era tanto vicino a lui e stava per prenderlo. Il tredicenne aprì gli occhi. Era mattina. La stanza era buia, ma l'aveva capito dall'odore di caffé che oltrepassava il pavimento di legno. La mattina era l'unico odore gradevole che potesse sentire. Gli venne una fitta allo stomaco per la fame. Cosa poteva fare? Era il terzo giorno che se ne restava in quella soffitta buia e non osava guardarsi i vestiti per le sue terribili condizioni igeniche. Però, dopo quella lunga dormita, si sentiva molto meglio.
Decise però di alzarsi e barcollando ad ogni passo fino alla porta, guardò silenzioso oltre la sottile fessura. La luce del mattino sembrava così luminosa dopo aver passato tanto tempo al buio. Gli lacrimarono gli occhi, ma forse stava piangendo. Non aveva avuto il tempo di farlo da quando era stato rapito.
Così cominciò a singhiozzare per diversi minuti, restandosene in piedi appoggiato di schiena alla porta. Aveva paura? Sicuramente. Per lui sarebbe stata la fine se lo avessero scoperto in giro per la baracca. Da quando si era nascosto in quella soffitta gli stavano dando la caccia.
Ancora perso in lacrime, cercò di ricordare dove si trovasse la stanza più vicina dove vi era una finestra. Una stanza sicura che non appartenesse a nessuno dei tre uomini.
Senza rendersene conto, prese a camminare per la stanza come se stesse ripercorrendo la strada che aveva fatto per arrivare fin lì. C'era quasi, i ricordi non se ne erano andati, non ancora. Ogni volta che tornava a vagare nella sua mente, incontrava spesso il terribile mostro. Eppure sembrava non essere mai esistito. Tornava a tormentarlo ogni volta che finalmente mangiava lo zucchero e cercava di prenderlo. I tre uomini lo guardavano scappare da una stanza all'altra e sembrava che a loro divertisse vederlo così spaventato. Nessuno si azzardava ad aiutarlo, le ragazze non potevano.
La maniglia della porta si abbassò di scatto e l'anta arrugginita si aprì velocemente rilasciando un terribile cigolio che rimbombò per tutta la baracca. Richard si sentì perduto ancora una volta, ma per fortuna nella stanza si presentò solo una ragazza. Forse era stata appena rapita, perchè non era conciata molto male come le altre che aveva visto il ragazzino. Questa era più grande di lui. Aveva sicuramente diciassette anni, forse diciotto. Due enormi occhi azzurri e un naso all'insù. Le labbra viola e screpolate e lunghi capelli biondi spettinati fino alle spalle. Stava piangendo e si era fermata subito non appena vide Richard. Anche il ragazzino se ne restò dov'era. Non muoveva un muscolo, era impanicato. I due si guardavano negli occhi, provando compassione uno per l'altro e solamente dalle lacrime si scambiarono uno sguardo di speranza.
Al momento erano gli unici ad essere riusciti a scappare fino lì, ma quella era la stanza sbagliata. Forse anche la ragazza, come Richard, credeva che ci fosse una via d'uscita.
« Vai a vedere chi è stato.» Disse uno dei tre uomini, cominciando a salire le scale. La ragazza si voltò impanicata e richiuse velocemente la porta. Richard la prese per mano e la portò nell'angolo più buio, dove si era nascosto prima. Afferrò il velo del vecchio pianoforte e lo tirò sopra di loro, aiutato dalla ragazza. Restarono entrambi ranicchiati nell'angolo, cercando di fare silenzio coi loro sospiri. I pesanti passi terminarono i gradini e cominciarono a percorrere lentamente tutto il corridoio di quel piano. Molto, molto lentamente, avvicinandosi sempre di più alla porta di quella stanza.
I due ragazzi si stringevano le mani, facendosi forza. La ragazza tremava e solo in quel momento Richard fece caso a come fosse vestita. Indossava una leggerissima canottiera e semplici mutande. Era scalza. Forse tremava per il freddo, o magari per la paura. Entrambe le cose, insomma!
I passi terminarono oltre la porta e la maniglia si abbassò piano piano, facendo cigolare a lungo l'anta di legno. Un fascio di luce illuminò una parte della stanza e l'uomo avanzò verso i teli. I due ragazzi si strinserò più vicini, tenendosi ancora con forza le mani.
« Vieni fuori, su.» Disse l'uomo. Se Richard ricordasse bene, quella voce era del padrone di casa. « Non ti farò del male.»
« Qui giù maca Claire.» Disse un altro uomo, dal piano di sotto.
« Chi?»
« Claire!»
« E chi cazzo è Claire?!» Il padrone si diresse nervoso verso la porta aperta. « Credi che mi vada ad imparare i nomi delle puttane? Chi cazzo è Claire?!»
« La bionda!» Gli rispose l'uomo.
Così il padrone si voltò ancora una volta verso gli oggetti sotto i veli e li scoprì uno ad uno, impaziente. « Esci fuori biondina!» Alcuni dei vecchi mobili caddero a terra per via della loro fragilità, e uno di questi finì davanti ai ragazzi, intrappolandoli nel telo del pianoforte, che anche quello venne scoperto. Soffocarono entrambi un grido. Il loro velo non scoprì i corpi, ma una volta alzato in aria, si avvolse sulle loro teste. Cercarono di rimanere più vicini possibili da far sembrare al padrone che la loro fosse una semplice piega del telo. Infatti l'uomo uscì deluso dalla stanza, lasciando la porta aperta. Scese le scale e lo sentirono parlare con l'altro uomo, entrambi arrabbiati.
Claire e Richard si aiutarono a vicenda per uscire da quel nascondiglio, scavalcarono il mobile caduto davanti a loro e si avvicinarono silenziosi dalla porta aperta.
« Qui a sinistra c'è una stanza.» Sussurrò la ragazza. « Usciamo dalla finestra e saliamo sul tetto.»
« Perchè dobbiamo salire? Scendiamo!»
« No, ci scopriranno. Hai idea di quante finestre ci sono al primo piano? Scenderemo non appena farà buio.» L'idea di Claire non era male e Rick lo ammise.
Si affacciarono piano piano oltre l'anta di legno. Il corridoio era libero. Silenziosamente si incamminarono verso la stanza alla loro sinistra. Ecco arrivati. Era la camera da letto di uno dei tre uomini, ma per fortuna non c'era nessuno.
Richard cercò di aprire la finestra nella maniera più silenziosa possibile. Innanzi a loro vi era una distesa di alberi e in basso a destra si intravedeva un sentiero che portava alla città. « Questa sera andiamo lì giù.» Sussurrò Richard, voltandosi verso la ragazza. Claire stava per rispondergli, ma entrambi udirono i passi dei tre uomini salire ancora una volta le scale.
« Vi dico che non c'era nessuno in soffitta.»
« Dove può essersi nascosta quella puttana?»
« Forse nello stesso posto che ha trovato il ragazzino.»
I due dovevano affrettarsi. Richard si aggrappò all'anta apera della finestra e si arrampicò velocemente sulle tegole del tetto. Claire si affrettò a raggiungerlo e per fortuna si ricordò di calciare la finestra per chiuderla. Si aspettava che facesse molto rumore, invece il suono si confuse tra le chiacchiere dei tre uomini.
« L'avrai drogato così tanto che sarà morto.» Pensò il padrone.
« Davvero credeva fosse zucchero? Ahah! Che idiota!»
« Vi ricordate come barcollava ad ogni passo?»
« Chissà che cosa vedeva! Elefanti voltanti! Ahah!»
« State zitti, coglioni! Steve, hai lasciato la finestra aperta?»
Claire e Richard cominciarono ad allontanarsi da quella parte del tetto, cercando di non far sentire i loro passi. Fuori faceva ancora più freddo e il ragazzo sentì un'altra fitta allo stomaco.
« No, non mi sembra.»
« E quella fessura come la spieghi?!» Il padrone cominciava ad agitarsi. « Saranno sicuramente scappati la notte!»
« No, me ne sarei accorto.» Rispose Steve. « Ci avvicino sempre l'armadio quando vado a dormire. E ieri sera Claire era nella stanza con le altre.»
« Padrone, saranno scappati poco fa.»
« Vi ho detto che qui su non c'erano! Chiamate gli altri quattro e dite loro di lasciar perdere quello che stanno facendo in città. Voglio che sorveglino questa zona, capito?!»
I due ragazzi si sdraiarono sul tetto per non essere visti da quegli altri uomini che forse erano già nei dintorni. Aspettarono ore lì sopra e Richard aveva ancora fame.
« Tra qualche minuto tramonterà il sole.» Sussurrò Claire, congelata. « Grazie.» gli disse poi.
« Grazie a te, Claire.» Le rispose Rick. « Spero che riuscirai a salvarti.»
« Anche io lo spero per te.» La ragazza rivolse lo sguardo verso la città, sospirando. Restò qualche secondo in silenzio tra i suoi pensieri, poi chiese: « Quante volte sei stato drogato?»
« Credo tante. E tu?»
« Se ricordo bene, solo una.» sospirò trattenendo le lacrime. « Che cosa vedevi?»
« Un mostro. Alto, magro, testa gigante e due occhi alieni. Era orribile... Lo sogno ogni volta che mi addormento.» Sussurrò Rick.
« Mi dispiace molto. Davvero.» Poi gli rivolse lo sguardo. « Non so ancora il tuo nome.»
« Richard. Ma chiamami Rick, se vuoi.» E fu solo in quel momento che gli venne da sorridere. Una sensazione bellissima anche se stonava in quella difficile situazione.
In quell'istante, udirono avvicinarsi una macchina. Forse erano arrivati gli altri uomini. Parcheggiarono proprio davanti alla baracca e scesero tutti quanti dall'auto. Si sparsero in pochi secondi, nascondendosi tra gli alberi.
« Merda, merda, merda...» Fece Claire.
« Cosa facciamo? E adesso? No, no... cosa facciamo?»
Si alzarono in ginocchio, impanicati. Il sole era già tramotato e la strada si vedeva appena. Cominciò a far ancora più freddo e tutto attorno a loro sembrava essersi sommerso in una sfumatura invernale color blu.
Claire prese per le spalle Richard e lo guardò seria negli occhi.
« Corri dalla parte opposta.»
« Cosa?»
« Se dovessero mai chiedertelo» iniziò a piangere. « mi chiamo Claire Meelth, diciasettenne di Charleston.»
« No, no, smettila.» Sussurrò Richard.
« Dì a mia madre che le voglio un mondo di bene e che finalmente sarò con papà. Dille di non fermarsi.»
« No, Claire, tu verrai con me. Ti salverai, devi salvarti!» Anche Rick cominciò a piangere.
« Dille di andare avanti, dille che le vorrò per sempre bene!» Mollò la presa sulle sue spalle e gli sorrise. « Salvati, Rick.» Si alzò in piedi e corse verso il bordo del tetto. Poi si voltò un'altra volta verso il ragazzino in lacrime. « Buona fortuna.»
« Claire...»
La ragazza si aggrappò ai rami del pino che aveva di fronte e si calò in basso. Uno dei quattro uomini l'avvistò e gridò agli altri: « È qui! Venite!» Mentre gli altri tre correvano verso Claire, che stava scappando tra gli alberi per allontanarli da lì, Rick si passò un braccio sugli occhi per asciugarsi le lacrime. E facendosi forza, si aggrappò anche lui ai rami del pino che si trovava vicino al tetto, dalla parte opposta. Una volta giunto sull'erba, udì le grida di Claire, trascinata verso la baracca. Stavano già tornando.
Richard cominciò a correre lungo il sentiero, cercando di resistere all'aria congelata che gli soffiava contro. Le gambe erano fragili tanto quanto lui e aveva ancora molta fame. Per un momento, senza fermarsi, si voltò a guardare cosa stesse succedendo alle sue spalle, e avvistò da lontano la ragazza. L'avevano presa in braccio e posata per terra. Forse svenuta, Richard lo sperava. Ma ormai per lei era finita.
Rivolselo sguardo in lacrime davanti a sé e continuò a scappare, a correre più veloce che poteva. Giunse in città ed entrando nel primo bar che gli si presentò vicino, chiamò aiuto.
STAI LEGGENDO
IT'S JUST SUGAR
HorrorRichard, un tredicenne di Charleston viene rapito da tre uomini e portato in una baracca abbandonata. Insieme a lui incontra diverse ragazze, ogni giorno ne violentano una. Richard viene drogato quasi sempre, ma una volta riuscirà a nascondersi in s...