Colori.

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Le persone feriscono, e questa non è una novità.
Le persone feriscono, ogni giorno, in ogni modo.
Le persone feriscono, e forse non lo fanno neanche apposta.

Quando ci si innamora è inevitabile non rimanere rotti, spezzati, distrutti.
Io ero davvero innamorato di lei. L'unica ragazza che fosse come me.

Mi ero innamorato della persona che era, dei suoi modi delicati, e del suo carattere forte.
Del dolce profumo di crema alla mandorla che aveva sempre sul collo.
E delle sue mani, delle sue dita sottili, ricoperte da uno strato così leggero di pelle, quasi trasparente, che si riuscivano a distinguere alla perfezione le sue vene blu.
Mi ero innamorato dei suoi occhi grigi, azzurri, verdi, che riflettevano alla perfezione il cielo che torreggiava imponente sulle nostre teste; oppure le onde che tanto le piaceva cavalcare; oppure i prati, dove andava giornalmente per riflettere.
Si stendeva sull'erba verde, rischiando di sporcare di clorofilla le maglie bianche che tanto le piaceva indossare, solo per sentire di poter essere finalmente se stessa.

Era costantemente stufa, me lo diceva ogni volta.
Stufa delle continue liti con suo fratello, stufa di sentirsi obbligata a rendere qualcuno soddisfatto di lei; e forse era stufa anche di me.

Amava guardare il mare da quella scogliera così alta e pericolosa. Lei amava il pericolo, e inconsciamente lo era in prima persona.
Amava guardare l'acqua dell'oceano infrangersi contro le rocce sotto di lei; la faceva sentire potente, trovarsi in alto, sentiva di riuscire a fare ogni cosa, guardare chiunque, senza mai essere vista.

Io, invece, avevo paura dell'altezza.
Avevo paura di guardare in faccia la realtà, ma lei mi spronava a farlo ogni giorno.
Mi diceva, indirettamente, di rischiare, di smetterla di vivere la mia vita dietro delle cinture di sicurezza.

Mi piaceva vedere come i suoi capelli castani oscillassero, ogni qualvolta sollevasse le mani in aria, perché esasperata, da cosa in particolare non lo so, e non l'ho mai saputo.
Qualcosa in me la esasperava, eppure ha sempre continuato a far finta che non fosse così.

La nostra era una storia d'amore come tutte le altre.
Dolce, ma allo stesso tempo combattuto, desiderato, il nostro era un amore vero.
Quel tipo di amore che ti farebbe venir voglia di strapparti il cuore dal petto, solo per smettere di farlo battere così forte ogni volta.
Quel tipo di amore che ti farebbe aprire lo stomaco, solo per far volare tutte quelle farfalle, tenute prigioniere da uno spesso strato di tessuti e capillari.

Di lei amavo tutto: dai capelli lunghi e mossi, che rendeva sempre lisci per non farli gonfiare dall'umidità del nostro paese, i suoi occhi, che erano lo specchio della sua anima, le sue labbra, così sottili ma calde e delicate, ai suoi modi di fare, al suo timore costante di star correndo troppo, di star facendo le cose troppo di fretta.

Lei odiava fare le cose di fretta.

Diceva sempre che il tempo dovevamo godercelo fino all'ultimo attimo, perché era ristretto, e nessuno di noi sapeva quanto realmente lo fosse.

Lei era una ragazza semplice, con qualche fissazione poco comune.

Amava fare bagni caldi, immergersi nell'acqua bollente della vasca, tra tanta schiuma resa colorata da quei bagnoschiuma effervescenti, che tanto le piacevano, che esplodevano, sprigionando tanti di quei colori, un po' come lei.

Perché lei per me rappresentava i colori.

E glielo dicevo sempre.

Mi divertiva vedere come roteasse gli occhi al cielo, ogni volta le consegnassi un biglietto colorato ogni giorno in modo diverso, con su scritto sempre un motivo per cui la amavo.

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