Prologo

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"Ragazze, motociclette e rock. E' Los Angeles, bello, il posto per noi".

Senza alcuna apparente ragione, le parole di Matt riecheggiarono nella sua mente, all'atterraggio, quasi fossero una sorta di monito, di involontario avvertimento su quello che l'avrebbe atteso, al suo arrivo.

Ragazze, motociclette e rock.

Era quasi certo che Matt avesse tirato fuori anche altri argomenti, per decantare le lodi della Città degli Angeli, eppure, a lui pareva che la conversazione si fosse già conclusa al terminare di quella frase. Era cosa fatta, ormai. Giusto il tempo di metter sù un paio di bagagli, e avrebbe raggiunto il resto della ciurma dall'altro capo del mondo. Del resto, non era quello a cui aveva sempre ambito, da adolescente? Non erano, forse, quelli i tre dogmi sui quali avrebbe voluto basare la propria vita?

Ragazze, motociclette e rock.

In quest'ordine. Era certo che fosse stato Jamie, a stilare quell'elenco e che Matt l'avesse ripetuto come un impiegato di un'agenzia di viaggi. Lui certamente avrebbe invertito il primo punto con l'ultimo. Rock, non chiedeva altro. Sheffield non era male, ma anche lui era inconsciamente consapevole del fatto che, presto o tardi, avrebbe pur dovuto emigrare in una grande città, se davvero avesse voluto perseguire il suo sogno, sfondare. Los Angeles sembrava essere l'ideale, di certo la scena indie rock era più varia e, stando a quanto avesse sentito, le opportunità arrivavano con molta più frequenza. Eppure era stato l'ultimo a lasciare l'Inghilterra, il più riluttante, quello più saldamente ancorato alle proprie origini. Il giorno del suo arrivo in aeroporto, Matt e Nick avevano già raggiunto Jamie sulla West Coast americana da qualche settimana, in cuor loro certi che li avrebbe raggiunti. E lui l'aveva fatto, aveva tenuto fede a quella muta promessa.

Ragazze, motociclette e rock.

Ne percepiva la presenza, un odore speziato, un misto di tutti e tre, lo pervase immediatamente, all'arrivo. Fu la prima cosa che notò, in effetti. Si disse che non doveva essere poi tanto male, non con il cielo di un azzurro così tipicamente californiano, screziato da qualche nuvola rada e sottile, che lo osservava pigramente dall'alto. Strinse saldamente la mano attorno al manico della fodera della chitarra, ed una vena azzurrina si evidenziò sul suo avambraccio, attraversando esattamente a metà il recente tatuaggio. Quello che, per Alex, non era un semplice tatuaggio, ma un vero e proprio marchio, che gli fosse da costante promemoria delle proprie origini, affinchè non si rendesse vero il suo più grande timore: quello di dimenticarle. Era un monito che gli teneva a mente le parole di suo padre alla partenza, quali erano state, precisamente? Ricorda cos'hai lasciato dietro, prima di guardare avanti.

Ed Alex ricordò, e guardo avanti, dritto davanti a sè.

Please, can I call you her name?// Arctic MonkeysDove le storie prendono vita. Scoprilo ora