che ne dici di imrettof?

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  Sometimes you've got to bleed to know,That you're alive and have a soul,But it takes someone to come around to show you how

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  Sometimes you've got to bleed to know,
That you're alive and have a soul,
But it takes someone to come around to show you how.  

[twenty one pilots, tear in my heart]

«Se fossimo in una serie poliziesca, staremmo facendo di tutto tranne che questo. Lo sai?»

Louis ammicca con una risata goliardica, ancora concentrato in ciò che sta cercando di elaborare prima che la clessidra scocchi i suoi ultimi secondi.
«Lo sai, Harry» fa una pausa, sostituendo una tessera con un'altra e poi ritornando alla formula precedente senza ripensamenti.
«Dovresti assicurare il tuo cervello per degli studi scientifici, a volte penso che sarebbe veramente», Harry lo vede cercare la parola adatta, «soddisfacente, sì, capire in che modo le tue sinapsi lavorino per portarti a compiere certi tipi di...» un'altra pausa solo per controllare la clessidra e mordersi il labbro inferiore «ragionamenti» conclude, frustrato alla consapevolezza di ridursi sempre all'ultimo per ottenere un risultato. Assurdo è, però, rendersi contro che il livello della sua frustrazione è lo stesso di quando, quella volta in banca, si sono ritrovati a disinnescare una bomba perché l'arrivo degli artificieri equivaleva alla loro morte assicurata. Quella volta l'hanno fatta franca per il rotto della cuffia e per un enorme colpo di fortuna, ma Louis ricorda quanta paura abbia provato come se fosse ancora lì a vivere quei momenti, e non per la morte imminente, piuttosto per la consapevolezza di non avere visto nemmeno il bagliore di timore negli occhi del suo collega, nonostante davvero potessero essere gli ultimi momenti di vita.
Harry si sdraia sul pavimento dove siedono, sorretto soltanto dai gomiti e, incrociando le gambe fra loro, osserva il volto di Louis, crucciato a guardare tutte le sue tessere per cercare qualcosa che – magari? – sorprenda entrambi. Harry sorride, abbassando il capo e negando a se stesso: «Se è un complimento, allora grazie» replica con voce melliflua.
La voce delicata dell'altro, però, limpida nel suo tono beffardo lo corregge: «Non lo era, ma prego», lanciandogli un'occhiata solo per mostrargli il suo sorriso sghembo.
Harry guarda la clessidra, fingendosi offeso e «allora fottiti, il tuo tempo è terminato» gli dice, rimettendosi a sedere per vedere quale parola aggiungerà il suo partner sullo scarabeo.
Si acciglia quando Louis incrocia le braccia al petto con aria soddisfatta. Harry guarda le tessere aggiunte in orizzontale e poi alza gli occhi su Louis, soltanto per degnargli uno sguardo di sufficienza.
«Louis» lo redarguisce. L'uomo sulla trentina di fronte a lui, con le ginocchia incrociate sotto il piccolo tavolo, allarga le braccia a mezz'aria e alza un sopracciglio. «Cosa?»
Harry indica la scacchiera dello Scarabeo, in particolar modo la parola aggiunta dal partner e, per l'ennesima volta, mentre Louis si alza con un salto atletico per lanciarsi verso il frigorifero in fondo al modesto loft in cui abita, gli dice: «questa parola, se così si può chiamare tale, non significa nulla. Anzi, sono piuttosto certo che non esista».
Louis torna indietro con due birre e gliene porge una dopo aver fatto saltare il tappo con un accendino.
«Se non esiste, l'ho appena inventata» afferma, facendo saltare il tappo della sua bottiglia di birra, con la stessa metodologia. «Neologismo, sai cosa significa?» lo provoca, tornando a sedersi con le gambe incrociate e facendo un'alzata di sopracciglia per provocarlo.
Harry sbuffa mentre, per guadagnare tempo ora che la clessidra non è stata ancora capovolta, sceglie dal sacchetto quattro nuove tessere, sperando in qualche consonante, visto che ha solo vocali.
«Sì, ma le regole dello Scarabeo dicono che...» inizia Harry, guardando distrattamente le tessere che gli son capitate. Viene interrotto da un indice di Louis posto fra loro, all'altezza del naso, mentre tracanna un lungo sorso di birra. Louis manda giù grossolanamente, lanciando un rutto altrettanto grossolano e, mentre Harry fissa prima il suo dito e poi il suo viso con sufficienza, precisa: «Ah-ah, le regole? Quali regole? Tu non le hai portate, o meglio, io non le ho trovate nella scatola di questo meraviglioso gioco da tavola, o sbaglio?».
Harry alza gli occhi al cielo e sbuffa sonoramente, lanciando aria verso l'alto e andando a incasinare il ciuffo di capelli ricci che spesso e volentieri gli ricade davanti al viso.
«Se la tua scaltrezza nell'arrampicarti sugli specchi non fosse essenziale nel risolvere i casi e, soprattutto, nel farci uscire dai casini in cui ci immischiamo, giuro che avrei un valido motivo per prendere la mia pistola e mettere fine alla tua vita, perché sei snervante quando fai così».
Louis ridacchia nervosamente, assumendo tuttavia una espressione compiaciuta. Non gli piace quando Harry scherza in quel modo. Non gli piace, in realtà, il pensiero di morire. Anche per scherzo. Ma Harry, d'altra parte, ama farlo e, quindi, lo fa sempre, in continuazione. Perciò Louis, da qualche anno, si ritrova a infastidirsi e a divertirsi al contempo, ed è veramente una sensazione sgradevole.
«Per essere precisi, noi non ci tiriamo fuori dai casini in cui ci immischiamo» prende parola, ribaltando la clessidra e sorseggiando un altro po' di birra.
«Sei tu che finisci solitamente nei guai perché secondo il tuo stupefacente modo di ragionare "le regole sono sopravvalutate"». Sì, il virgolettato Louis glielo mima con tanto di gestualità delle mani e con voce più bassa e roca tentando di imitare quella di Harry, poi si indica tronfio e continua: «e sono IO che te ne tiro fuori prima che entrambi finiamo nella merda, dove per merda intendo il capo che ci mette a fare multe per un mese intero».
Harry rotea gli occhi velocemente, tornando ad analizzare le sue tessere. Troppe vocali.
«Te l'ho promesso, Louis» gli dice senza guardarlo. Sorseggia anche lui un po' di birra, quando alla fine torna sul suo viso: «Non accadrà più che io ti salvi il culo, se poi devo sorbirmi per un intero mese la tua cattiveria gratuita mentre facciamo il nuovo record di multe nel nostro distretto» gli fa l'occhiolino e posiziona soltanto tre tessere sulla scacchiera. Per fortuna la "z" di zio finisce sulla casella 3L, quindi gli varrà il triplo dei punti.
Fa un sorriso a trentadue denti, soddisfatto per il suo punteggio e per la sua giocata e alza gli occhi su Louis che, in realtà, sembra si stia un tantino inalberando per qualcosa che ha detto.
Non ha bisogno di ripensare alle sue stesse parole, perché repentino il collega glielo esprime con voce tagliente: «Farsi sparare addosso in un parco giochi pieno zeppo di b-a-m-b-i-n-i». Argh, Harry detesta quando Louis scandisce le parole in quel modo. Lo detesta proprio perché Louis lo fa continuamente. E se non fosse che sembra l'unico al mondo, o quanto meno nell'ambiente in cui lavora attualmente, che riesce ad essere il suo partner senza dover per questo finire mezzo morto e/o in cura da un bravo psicanalista, l'avrebbe già mollato da un pezzo. Come ha fatto con la lunga lista di colleghi che ha alle spalle da quando ha preso servizio come poliziotto.
«...Soltanto per dimostrare a un criminale che non hai paura di finire ammazzato, non è salvarmi il culo. È dimostrare apertamente e, ripeto, in un parco giochi pieno zeppo di bambini, quanto tu sia fuori di cervello!» conclude saccente, mentre inizia a pescare nuove tessere.
Harry alza un indice e nega. «E questo perché succede? Te lo dico io, perché TU, per quanto non voglia farmelo notare OGNI SANTA BENEDETTA VOLTA che ci puntano una pistola contro...» il tono di voce subito si abbassa e con un sorriso nostalgico, fa una parentesi: «ti ricordi del tipo con le baionette in quel museo di storia?» in cui Louis annuisce, mascherando quanto poco sia nostalgico di quei tempi bevendo la sua birra. «Bei tempi» commenta ancora Harry, prima di tornare al suo ragionamento iniziale: «Insomma, questo accade non perché io non ho paura di morire, ma perché tu te la fai talmente nelle mutande al solo pensiero di venire ammazzato che non è colpa mia se mi sento in dovere di arrivare laddove tu non puoi» conclude, ma ci ripensa: «Non c'è di che, fra l'altro» gli dice, alzando la propria birra e brindando a un ringraziamento implicito che si è guadagnato da solo. Il sorriso sornione, che ha tutta l'aria di appartenere a una persona che è veramente convinta di ciò che dice, infastidisce talmente tanto Louis che sbattendo la bottiglia di vetro sul tavolino «quindi dovrei pure ringraziarti?» lo minaccia con gli occhi sgranati.
Harry nega e tira su le spalle. «Non lo so, sei tu quello caparbio» si fa beffa di lui, ridacchiando mentre Louis gorgheggia diverse minacce tra le quali, una delle solite a cui Harry è piuttosto affezionato: «ringrazia che ho la pistola troppo lontana o metterei subito alla prova la tua mancata voglia di appartenere al mondo dei vivi».
Alla fine, dopo qualche secondo di silenzio, «tic-toc tic-toc» lo avvisa Harry. «Spicciati col tuo nuovo neologismo o mi farai vincere anche questa partita».
Louis sbuffa lanciando un'occhiata alla clessidra. Ha ancora tempo. «Ricordami perché giochiamo a Scarabeo?»
Harry ride apertamente, lasciando fuoriuscire una risata roca ma sinceramente divertita. Beve dalla sua birra mentre pensa a una risposta e, alla fine, «Azzardo: perché non siamo in una serie poliziesca e quindi nei momenti morti ci si annoia da matti?»
È il turno per Louis di ridere, ma la sua risata è trattenuta mentre posiziona le tessere sulla scacchiera aggiungendo lettere alla parola "zio" di Harry.
«E questo, a voler essere precisi, accade ogni giovedì sera» dice nel mentre. Harry amplia il suo sorriso e annuisce. Poi, all'unisono, entrambi affermano: «In realtà amo giocare a scarabeo», Harry, e «in realtà ami giocare a scarabeo», Louis.
Si guardano, complici, per qualche istante, abbozzando un sorriso diverso da quelli fatti fino a quel momento. Questo fino a quando Louis non gli mostra la nuova parola composta sulla scacchiera con un «Ta-daaan».
Harry è sconcertato e non parla per una ventina di secondi che trascorre a fissare la parola – stavolta esistente – di Louis.
Quando finalmente è pronto per riappropriarsi della capacità comunicativa, Harry alza lo sguardo su Louis e non gli evita di mostrargli tutto la sua incredulità. «Fai sul serio?»
Louis subito si acciglia, guarda la scacchiera per essere certo che entrambi stiano leggendo la stessa parola e annuisce. «Sì, perché?» è una parola di senso compiuto, sembra pensare. Per lo meno questa volta se dovessero andare a cercare su un dizionario, la troverebbero.
Harry sbuffa sardonico. «No, Louis, seriamente. Guarda questa fottuta scacchiera, ti sembra normale che la metà delle parole non esista e che l'altra metà faccia parte invece di un insieme di parole... volgari?» lo sconcerto gli ha tolto via pure la facoltà di trovare le parole adatte. Le sopracciglia di Louis si aggrottano maggiormente. Con le mani sui fianchi guarda prima la scacchiera e poi Harry. «Prepuzio è una parola volgare? È una parte del nostro corpo, Harry... che dovresti conoscere piuttosto bene considerato come-»
«FORSE PREPUZIO NON LO è» lo interrompe alzando la voce e poggiando entrambi i palmi delle mani sul piccolo tavolino posto fra loro, per impedirsi di usarli per circondargli il collo e ammazzarlo a mani nude. Si schiarisce mentre lo sente sogghignare e continua: «Ma vogliamo parlare di fallo e, questo qui, sì, glande, oppure se non sono sufficienti come esempi, c'è la parola ano, o come al mio "di" tu abbia aggiunto "latare" o, ancora, come il mio occhi a causa tua sia diventato bocchino. E non ti bastava, Louis, no, perché al mio pino tu hai aggiunto pom per farlo diventare pompino» Harry fa una pausa solo per vedere Louis aprire bocca e richiuderla, velocemente, esitando nella risposta ma continuando a sorridere scaltramente.
«E sto evitando di proposito culo, cazzo, pene, godere, succhiare-» gli elenca uno a uno fino a quando «va bene, va bene. Hai reso il concetto. Anche se non capisco quale sia il problema. Sono parole. Ed esistono» mette il broncio, come se avesse dieci anni e non il triplo dell'età, sotto gli occhi attenti di Harry che, incapace di smetterla con il rimprovero, replica: «Esistono, ma non stiamo giocando allo scarabeo sconcio, quindi cambia repertorio» ammonendolo.
A quel punto, come infastidito eccessivamente, Louis fa un sorriso sghembo e «Sì, sì» risponde, dandogli soltanto l'impressione di concordare con lui. Harry lo conosce fin troppo bene e sa che quella testa permalosa ne sta già progettando una delle sue ma decide di ignorarlo e riprende il suo gioco.
Pesca nuove tessere e poco prima del termine del tempo, compone un'altra parola. In silenzio, mentre aspetta che Louis giochi il suo turno, Harry finisce la sua birra. «Ne vuoi un'altra?» gli domanda alzandosi e avviandosi verso la cucina facendo come se fosse a casa sua.
Louis risponde distrattamente con un «sì» e Harry non presta molta attenzione a ciò che fa ma lo lascia mentre il collega sta pescando le sue tessere.
Quando torna al suo posto, Harry lo vede maneggiare le tessere sulla scacchiera per formare una nuova parola.
E ci risiamo. Questa volta, una senza alcun significato. Harry alza gli occhi al cielo e sbuffa veramente esasperato. «Louis» usa di nuovo il tono seccato, mentre sposta le mani davanti al viso, veramente disperato.
Torna a guardarlo soltanto per accertarsi che non sia soltanto uno scherzo ma Louis ha ancora il sorriso sghembo stampato in faccia e non accenna a voler smettere, così Harry abbassa nuovamente lo sguardo e «Sentiamo, cosa vorrebbe significare imrettof?» domanda. «Tra l'altro hai rovinato una delle parole volgari – retto – e non so se dispiacermi o compiacermi per questo».
Louis sogghigna e nega velocemente col capo. «No, no, Harry. Ascoltami, è un piccolo enigma e se lo risolvi, fidati, ne trarrai senz'altro molto... compiacimento».
«Stento a crederlo» ribatte Harry, subito raggelato dalle iridi cristalline di Louis. «Va bene, peggio per te, ma rinunciando è come se perdessi a tavolino contro di me, quindi questa partita l'ho vint-»
«Non ci provare. Sentiamo, quale sarebbe questo enigma?» lo interrompe Harry, guardando la scacchiera. Louis lo osserva fiero e sogghigna di nuovo, puntando l'indice sulla prima parola, una di quelle giocate da Harry.
Harry la ripete ad alta voce. «Che...», così Louis ne indica un'altra «...ne...» e subito una terza, una di Louis apparentemente inesistente ma che ora, effettivamente, prende subito significato: «...dici...». Harry alza gli occhi per osservare Louis, ora incuriosito, ma il collega lo obbliga con uno sguardo ad abbassare gli occhi sulla scacchiera. Louis sta indicando una quarta parola «...di...» afferma, mentre vede il dito di Louis tornare sull'ultima parola senza significato giocata da Louis.
«Imrettof?» domanda.
Louis nega. «Forse ti faccio più intelligente di quanto in realtà tu sia». Harry si acciglia, torna a guardare in basso e pensa. Ci arriva un minuto più tardi e con un filo di voce «che ne dici di... fottermi?» ripete, leggendo l'ultima parola da destra verso sinistra. Quando alza lo sguardo, si sorprende nel trovare Louis al suo fianco che con un sorriso molesto «Volentieri» gli risponde beffardo a un soffio dalla bocca.
Harry ha il tempo di ridere divertito e «idiota» commentare, prima che le labbra di Louis collidano perfettamente con le sue in un bacio inaspettato ma ben accolto.

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