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Anche quella lunga e silenziosa giornata di pioggia stava per giungere al termine.

Sherlock era ancora in laboratorio, analizzando al microscopio un minuscolo granello di sabbia, quando si udirono risuonare i rintocchi delle undici e mezza.

Pochi istanti dopo le porte del laboratorio si aprirono e comparve la figura rispettosa e stanca di John. "Sherlock, credo-"

Si arrestò di colpo notando l'assoluta concentrazione dell'amico.

Le luci erano soffuse, sul largo tavolo bianco si notavano i riflessi colorati delle decine di ampolle e alambicchi contenenti le più strane varietà di liquidi chimici.

Sherlock spiccava in tutta la sua altezza, nonostante seduto, avvolto da una strana luce biancastra proveniente dal neon dietro di lui. Non distoglieva lo sguardo dal microscopio nemmeno per un secondo.

John rimase a contemplare Sherlock per qualche interminabile e troppo silenzioso secondo, poi decise di avanzare verso di lui.

Mentre camminava teneva lo sguardo fisso sul volto di Sherlock; la sua espressione si distese, quasi mutando in un impercettibile sorriso.

Si sedette accanto a Sherlock, osservando tutti gli appunti che doveva aver preso dalle sette di quella mattina. Scriveva formule chimiche e nomi a John assolutamente sconosciuti.

Quasi come non volesse farsi notare,Sherlock mosse gli occhi nella direzione di John rimanendo totalmente immobile. Sorrise.

"Sembri molto stanco. Torna in Baker Street, io ho ancora molto da fare." Sherlock ruppe il silenzio.

John lo guardò, in parte deluso, in parte lusingato dal pensiero di Sherlock. "Ero venuto proprio per avvisarti che ho deciso di aspettarti. Non avere fretta; mentre tu finisci il tuo lavoro io mi occuperò di aggiornare il blog."

Sherlock non rispose ne' diede segno di aver ascoltato le parole di John.

Così John, inizialmente esitante, si alzò dirigendosi velocemente verso la porta per togliere il disturbo, limitandosi a rivolgere a Sherlock un ultimo sguardo malinconico.

"John!"

Sherlock distolse, finalmente, gli occhi dal telescopio, arrossendo lievemente.

Con le mani strinse forte quest'ultimo abbassando lo sguardo. Sul suo volto si disegnò un'aria sconsolata; poi alzò lo sguardo e, fissando intensamente John, portò, passo dopo passo, la sua alta e importante persona sempre più vicino al compagno.

John osservava Sherlock compiere una camminata che ai suoi occhi appariva fin troppo attraente, tenendo la maniglia della porta impugnata nella mano destra. Il cuore gli batteva all'impazzata senza che capisse veramente perchè.

Quando ormai Sherlock era a pochi centimetri di distanza da John e gli occhi dei due sembravano fondersi gli uni negli altri, la tasca dei pantaloni neri di Sherlock si illuminò e il suo cellulare produsse un inconfondibile "Haaah!".

John sospirò rumorosamente, come se potesse finalmente rompere una tensione diventata insostenibile, e lasciò di colpo la maniglia della porta rendendosi conto di quanto la sua mano fosse sudata.

Sherlock sembrò non fare caso a quel suono, ma, notando la sollevata delusione di John, gli parve opportuno allontanarsi dall'amico di qualche passo.

In preda ad una passione sconsolata, John, ad occhi socchiusi, procedette velocemente verso Sherlock, la cui sorpresa fu assoluta quando realizzò che il petto di John fosse gentilmente appoggiato al suo.

John aprì finalmente gli occhi divorando lo sguardo di Sherlock con un'incurabile passione. Era un gioco di sguardi e loro ne erano i soli due protagonisti.

Dopo essersi ammirati, cullati, compresi come mai avevano fatto prima... successe.

John posò, cauto, le sue labbra su quelle di Sherlock, chiudendo gli occhi in un'esplosione di gioia, mentre Sherlock, inizialmente impietrito, si lasciò trasportare dalla passione di John; sorrise nel bacio e chiuse anch'esso gli occhi.

Sherlock distese completamente tutti i muscoli del suo corpo e portò le sue grandi, affettuose mani attorno al collo di John, risultando come in un abbraccio.

Mentre il soldato capì, una volta per tutte, a chi dovesse cedere il suo cuore, l'incurabile sociopatico riuscì ad addentrarsi nei più profondi meandri della sua anima scoprendo una parte di se' impolverata, abbandonata e mai seriamente adoperata.

John e Sherlock erano ormai fusi l'uno tra le braccia dell'altro in un bacio poeticamente silenzioso; il mondo attorno a loro non esisteva più.

Da quella piovosa notte in poi Sherlock Holmes e John Watson vissero sempre teneramente insieme, risolvendo insormontabili casi e sconfiggendo chiunque avesse cercato di infangare i loro sentimenti.

Johnlock, pioggia e silenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora