It's a Good Day to Die

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Era felice, comunque.
Sua madre se n'era andata, suo padre beveva, suo fratello si drogava, non aveva amici.
Classica situazione di un adolescente americano.
Era felice in quel momento.
Nessuno lo stava insultando, nessuno lo stava picchiando, nessuno lo stava ignorando.
Era lui, se stesso e basta.
Pensava.
Forse, se fosse nato in Europa, tutto sarebbe andato meglio.
Avrebbe avuto una famiglia normale, amici normali, situazioni normali.
Beh, comunque non gli è andata troppo male.
Suo padre, nei pochi momenti in cui non era ubriaco, lo abbracciava e gli diceva quanto gli volesse bene.
Suo fratello, nei pochi momenti in cui non era fatto, lo abbracciava e gli diceva quanto fosse essenziale per lui.
Loro, nei pochi momenti in cui stavano insieme, si sdraiavano sul divano e dormivano stringendosi forte.
Nonostante fossero nel fondo del baratro, non sarebbero riusciti a vivere l'uno senza l'altro.
Poi, però, tutta la felicità scemava via in un momento.
Suo padre, quando era ubriaco, lo spingeva via e rompeva tutto.
Suo fratello, quando era fatto, lo spingeva via e gli gridava quanto fosse inutile.
Loro, quando non stavano insieme, si odiavano e avrebbero voluto andare via.
Erano nel fondo del baratro, e per questo volevano salvare l'un l'altro.
Era un ciclo che si ripeteva in continuazione, senza un attimo di pace.
A scuola la situazione non era migliore.
Nessuno lo calcolava, e quei pochi che lo facevano lo insultavano o lo pestavano.
Perfetto.
Ma, infondo, c'era chi stava peggio.
Come Niall Horan, che si era appena lasciato con la sua fidanzata.
O come Liam Payne, che aveva perso la partita di basket.
O come Zayn Malik, che aveva preso una A- al compito di matematica.
O come Harry Styles, che - no, non era vero, non c'era nulla che andava storto a quel ragazzo.
Sembrava avere la vita perfetta, che tutti desiderano.
Una famiglia attaccata e presente, tanti soldi, tanta bellezza, simpatia, e forza.
Oh, quella dannata forza.
Forse sarebbe stato meglio se non l'avesse avuta.
Almeno in questo momento Louis avrebbe avuto meno lividi.
Però, si ricordava sempre, c'era chi stava peggio.
Non voleva fare la vittima, sapeva quanto fosse inutile e stupido.
Si ricordava quando ancora c'era mamma.
Andava a teatro, era così bello, si sentiva libero per due ore e mezza.
Poi tornava a casa, suo padre e sua madre amoreggiavano ai fornelli, William sorrideva imbarazzato al cellulare - sicuramente per Sarah, la sua fidanzata - , e lui era felice.
Non che ora non lo fosse, ma da quando sua madre, una notte di Novembre, se n'era andata lasciando un semplice foglio sul tavolo, non tutto era diventato esattamente rose e fiori.
E ripensando alla sua vita, la vedeva talmente uguale a mille altre vite.
Quasi come se Dio non avesse fantasia.
Era per questo che Louis non era triste, non voleva fare la parte dell'adolescente addolorato che si taglia e piange giorno e notte per la scomparsa di sua madre.
Dio, sembra un fottuto libro per ragazzine.
Si ricorda ancora cosa c'era scritto sul foglio.
"Scusate, scusatemi tantissimo.
Lo so che mi odierete, e farete bene, ma non ce la faccio più, mi sono arresa.
Me ne andrò in Europa.
Vi prego di non sentirvi affatto in colpa, e di continuare a vivere con il ricordo della vostra mamma felice e spensierata.
Ricordate, sarò sempre qui con voi.
Vi amo più della mia stessa vita.
Con tanto amore,
La mamma."
Non era poi così complesso.
La capiva, comunque.
William spendeva troppi soldi per la droga, papà altrettanti per la birra, e Louis troppi per libri.
Andava tutto male, anche lui lo avrebbe fatto se fosse stato in lei.
Ma comunque, adesso era felice.
Il cielo era viola.
Le strade erano sgombre.
Il mare era calmo e piatto.
L'odore di salsedine era forte.
Il rumore delle onde era rilassante.
Non c'era nessuno a disturbarlo.
Era seduto sulla scogliera, e guardava imbambolato il mare, con un sorriso sul volto.
Era davvero un bel giorno per morire.
Louis non sapeva nuotare.
Sarebbe potuto andare.
Decise che, però, prima doveva salutare un paio di persone.
"P-pronto...?"
"Ehi, ciao papà..."
"Louis...cosa c'è? Perché hai chiamato? Sono...un tantino impegnato...ich..."
"Lo so che stai facendo, 'pa, ma okay. Ascolta, volevo dirti che ti voglio bene..."
"Perché me l-lo dici adesso? Torna a casa, è tardi..."
"No, papà, sto per morire, non torno più a casa."
"...che cazzo s-stai dicendo, Louis! Torna subito a casa! Dove sei? Ti vengo a prendere e te le suono!"
"Sono sulla scogliera, sto per buttarmi, ora chiamo William...nulla, volevo solo dirti che ti vorrò per sempre bene, e non è colpa tua, ma mia."
"Cosa cazzo dici Louis?! Non fare cazzate! Aspettami lì, sto arrivando!"
"Grazie papà, di tutto, ti voglio bene."
E riattaccò.
Era ubriaco, ma non troppo.
Entro dieci minuti sarebbe andato a riprendere il suo corpo inerme.
Chiamò suo fratello.
"Ti ho detto di non chiamare mai se non per l'emergenze, testa di cazzo!"
"Scusa Will, volevo solo chiederti di scusarmi, e che ti voglio bene."
"Cazzo Louis! Ti avevo detto di non iniziare a farti le canne! Oppure qualcos'altro? Cristo, dimmi dove sei, ti vengo a prendere."
"Sono sulla scogliera, ora mi butto, ti voglio tanto bene Will, per favore non fare il mio stesso errore e resta con papà."
"Louis? Mi stai facendo spaventare, non fare cazzate, stai fermo, sto arrivando!"
"Ti voglio un bene dell'anima."
E riattaccò.
Fu buffo il modo in cui le due telefonate si assomigliarono talmente tanto.
Louis ridacchiò.
Rimaneva l'ultima persona da chiamare.
"Wow, sbaglio, o Louis Tomlinson mi ha appena chiamato? Forse per supplicarmi di scoparlo?"
"No, in realtà volevo dirti che ti amo, e che per quanto non te lo meriti, continuerò a farlo anche dopo che sarò morto."
"Wo wo wo, aspetta...mi ami?"
"Si, da tanto tempo, ma sapevo che non ricambiavi, era impossibile. Ma adesso che non potrai più umiliarmi, ho deciso di confessartelo, come mie ultime parole: ti amo, Harry Styles, mi dispiace di essere me stesso, spero non ti rimanga sulla coscienza."
"A-aspetta Louis, non fare minchiate. Dove sei? Arrivo subito."
"Sulla scogliera. È troppo tardi, Har, ci vediamo tra tanti anni."
"Aspet- "
E riattaccò.
Con un sorriso sulle labbra, scrisse sul foglio di carta che aveva lasciato sua madre:
"Sono tranquillo, ho un sorriso sul viso, vi amo."
E niente.
Fu così che, quando il padre arrivò di fretta e furia su quella maledetta scogliera, vide i vestiti di suo figlio giacere di lato, mentre un pezzo di foglio svolazzava da sotto il cellulare.
Cadde in ginocchio: era troppo tardi.
Urla e grida riempirono quel dolce silenzio che aveva caratterizzato quella sera, tanto amata da Louis.
Quella maledetta sera, di liberazione e amarezza.
Pochi minuti dopo arrivò William.
Si abbracciarono stretti, gridando come pazzi.
Il dolore era troppo.
Non avevano fatto in tempo.
Piano, il padre raccolse il foglio di sua moglie, leggendo quella riga in più.
Ed in quel preciso attimo si calmò.
Le lacrime smisero di scendere, i singhiozzi cessarono, il respiro si placò.
Suo figlio era tranquillo, che motivo c'era di essere disperati?
Suo figlio stava finalmente bene.
Harry, beh, Harry fu una semplice ombra, quella sera.
Un' ombra che guardò silenziosa la scena e andò via.
Non era nessuno, lui.
Non era più nessuno.
Quella sera fu davvero bella.
Un ragazzo si liberò dal suo dolore.
Un padre perse un figlio.
Un fratello perse un fratello.
E un cuore perse l'amore.
Nulla da dire, nulla da ribadire.
So solo, che quella sera fu la più tranquilla sera che Louis Tomlinson avesse mai trascorso.
Nessun rimorso, nessuna angoscia.
Solo il lontano ricordo di un' anima silenziosa e sofferente, che piano da una scogliera scappò via.

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