You'll be my last word

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«Oh Dio... Oh mio Dio... Camila!»

Lauren Jauregui aveva una sola convinzione: nulla al mondo era soddisfacente quanto le dita di Camila Cabello.

Fino a pochi mesi prima non avrebbe mai, neanche lontanamente, immaginato uno scenario come quello che, in quel momento, stava vivendo da protagonista ed ora, invece, non riusciva a pensare a se stessa come ad un corpo singolo, diviso da quello di Camila, diviso dalle dita, dalla bocca e dalla lingua di Camila.

«Voglio sentirti urlare il mio nome!»

Affermò Camila, decidendo che per quel fine era il caso di sospendere temporaneamente i colpi di lingua sul clitoride, gonfio di desiderio, «Urla il mio nome, Lauren!»

Ordinò, spingendo più a fondo le dita nella femminilità umida.

«Ci sentiranno!»

Farfugliò Lauren, trattenendosi a stento dall'eseguire quel comando.

Voleva davvero urlare il suo nome, ma fare in modo che i genitori di Camila la scoprissero in una situazione piuttosto compromettente con una ragazza che in teoria non sarebbe neanche dovuta essere in casa loro, era davvero l'ultimo dei suoi desideri.

Alejandro e Carlos Cabello avevano avuto la migliore idea della loro vita quando avevano deciso di ridipingere le mura esterne della loro abitazione!

Non che non le piacesse il precedente colore, ma da quando gli operai avevano dimenticato lì la scala, sgattaiolare nella stanza di Camila attraverso la finestra le risultava molto più facile e comodo.

«Quante volte devo ripeterti che siamo sole in casa?»

Chiese retorica, evitando di nascondere quel sorrisino furbo che ogni volta faceva impazzire Lauren.

«Forza dell'abitudine...»

Si giustificò lei.

Gli occhi socchiusi, celati in gran parte dalle palpebre e dalle lunghe ciglia, eppure così evidentemente lucidi, scuri dal desiderio e dalla passione che sembravano averla presa in ostaggio.

Camila la mandava in estasi.

Un'estasi così profonda e sconvolgente da limitare tutte le sue attività fisiche e cerebrali.

Quando la faceva sua in quel modo, qualunque tipo di azione che implicasse anche lontanamente l'utilizzo del cervello le diventava impossibile.

Era convinta che se anche, in quei momenti, le avessero chiesto il suo nome lei avrebbe stentato a ricordarlo, farfugliando qualcosa di incomprensibile.

E Camila amava essere la causa di quei momenti di quasi totale vulnerabilità, tanto quanto adorava sfruttarli a suo vantaggio, riuscendo ad estorcerle informazioni e promesse che in condizioni normali non avrebbe mai ottenuto.

Ritirò le dita fino a farle uscire, solo per il gusto di vedere, attraverso gli occhi di Lauren, il desiderio montare in lei nuovamente, con sempre maggior prepotenza.

Voleva leggere lussuria in quelle iridi così particolarmente screziate di verde.

Voleva leggere il bisogno.

Voleva leggere la disperazione.

«Camila... » Continuava a ripetere Lauren con la voce spezzata e gli occhi lucidi della sconvolgente passione che, ogni volta, quegli amplessi le regalavano.

Inarcò la schiena, senza preoccuparsi del sottile mugolio che le scoppiò in gola quando Camila le mordicchiò appena il basso ventre.

Amava sentirsi così sua e bruciava all'idea dei segni che la ragazza lasciava sul suo corpo quasi volesse marcare il territorio, mettere in chiaro il fatto che la sua pelle, il suo spirito, il suo cuore appartenessero solo a lei.

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