Scappo di casa terrorizzata.
Quell'odore, inconfondibile, l'odore della sconfitta, l'odore dello sbaglio, l'odore del tradimento.
Se fossi una di quelle giovani perfettine, avrei il mascara sciolto sulle guance, i tacchi mezzi rotti e la borsa abbandonata come un peso morto nella mano tremula. Invece sono così vuota, quasi nuda, e peso, peso da morire, e sì che ero tanto leggera! Faccio schifo di mio, in questi ultimi giorni mi sono lasciata andare sempre di più, per cui non subisco una vera e propria disfatta nella mia corsa disperata; sono orrenda, ai miei occhi e a quelli del mondo, soltanto più di prima.
Corro il più lontano possibile da quella casa infernale, oltrepassando le strade, raccogliendo sguardi fugaci e disgustati, derisori, senza singhiozzare ma con l'orrore stampato sul volto. Sul Ponte Nuovo incrocio James che torna a casa, mi passa accanto impacciato nella sua cravatta celeste, proprio lui, che era un semplice operaio e che si era costruito con così tanta fatica una carriera, solo per la famiglia. Ah, la sua agognata famiglia! Era rimasta tristemente composta da sole due persone. Sento conati di vomito attraversarmi la gola, senza concretizzarsi, restando appena lì a farmi compagnia. Guardo James, ancora lontano da me. Ha lo sguardo vacuo di un uomo stanco e desideroso di buttarsi su un letto, sul suo letto, e dormire, tesoro!, come un bambino. Lo fisso, immobile, con così tanta intensità che mi sembra di poterlo distruggere con lo sguardo, oh, quanto vorrei distruggerlo in questo momento pur di riuscire a proteggerlo!
La verità è che non sono stata in grado di resistere. Non ho assolto il mio compito, non ne sono stata capace, non sono stata me. James cammina lentamente a qualche metro di distanza, andando verso casa probabilmente, quella orribile casa infernale che non oserà mai più chiamare casa. Contemplo quasi affascinata l'innocenza di un uomo ignaro, sereno, che si sente nel pieno della sua vita. Ora che tornerà là e vedrà... oh cosa vedrà, no, non posso assolutamente permetterlo!
Corro incontro a quell'uomo nella mia pesantezza, una pesantezza vuota, come un vaso pesantissimo e finemente decorato, che una volta aperto si rivela vuoto, deprimente e distrutto da innumerevoli crepe.
<<James!!>> urlo, flebile, senza ricordare che la voce non uscirà mai nè mai sarà udita. <<James!>>.
Mi aggrappo al suo braccio, punto i piedi, tiro più forte che posso verso la direzione opposta a quella in cui sta andando. Lui resta con quel viso inespressivo, pensieroso, non si accorge certo di me. Ma inspiegabilmente le sue folte sopracciglia si abbassano in un movimento repentino e improvviso. "Sì!" penso subito. "Qualcosa ha sentito. Deve averlo sentito. Devo urlare di più, tirare di più, devo fare di tutto, sia pure l'ultima cosa che faccio!"
Ci metto tutta la mia essenza, tiro, strepito, lo spingo, lo schiaffeggio, lo prendo a calci, singhiozzo disperatamente e mi accascio a terra mentre lui continua con passo più veloce il suo ritorno a casa.
<<Oh, James!>> gemo, fissando il cielo crudele che comincia a riempirsi di nuvole.
<<Oh, James! Non doveva andare così! Avevate fatto una promessa, davanti a tutta quella gente, vi sentivate importanti, felici, elettrizzati, e ora? Ora entrerai febbricitante nella casa silenziosa, e andrai in cucina, o in camera tua, o duvunque siano, il tuo cuore, oh!, il tuo cuore d'improvviso si spegnerà vedendo quella moglie che tanto amavi con quell'uomo, viscido, orrido abbindolatore! Quei baci sporchi, quegli sguardi fugaci, quei tocchi proibiti! Li fisserai sconvolto, con un interesse quasi macabro per quella scena, incrocerai gli occhi di quella che hai chiamato moglie, la vedrai senza guardarla, lei spalancherà gli occhi! Oh Lidia, perché l'hai fatto?
Lui ti amava, tu lo amavi. Io c'ero. Io ero lì con voi, ero la cosa più importante.
Mi alzo in piedi di scatto e tra lacrime e singhiozzi lascio che il mio corpo si guidi verso la balaustra, si sporga, un po' troppo forse, si lanci nel vuoto senza ritorno.
Mentre mi disintegro nella rapida caduta verso l'acqua e i sassi, cerco di ricordare qualcosa di quando tutto era bello. Ma è impossibile, la sconfitta e la distruzione sono brucianti.
L'unica cosa che riesco a ricordare, pallido e meschino gioco del destino, è che mi chiamavano fiducia.
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Avevi il mio amore sul comodino
Short StorySta correndo, no, di più, sta scappando. Lo incontra sul ponte, si disintegra, si annulla. Piange, strepita, d'incanto si addormenta.