PROLOGO

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-Vediamo se riesci a prendere quella mela!
Disse Howard con agitazione bambinesca.
-Mi prendi in giro? Certo che ci riesco! Guarda!
Rispose Ella convinta con tutta sé stessa.
La bambina corse al melo vicino e con agilità iniziò ad arrampicarsi sull'albero. Con i sottili lunghi capelli che le svolazzavano sul viso, raggiunse un ramo in alto dove riposava indisturbata la mela rossa. Tenendosi saldamente al ramo sporse la mano e strappò il frutto dall'albero. Con un salto balzò a terra guardando con soddisfazione l'amico.
-Te l'avevo detto che l'avrei presa!
Ella incrociò le braccia al petto.
-Sì, sì ma ora dammi qua!
Howard agguantò la mela con uno scatto repentino e iniziò ad addentarla rumorosamente.
-Grazie per la merenda gratis!
Biascicò. Ella sgranò gli occhi.
-Adesso ti acchiappo e vedrai cosa ti aspetta!
Ella iniziò a rincorrere Howard per tutto il parco mentre le mamme dei bambini conversavano tranquillamente su una panchina vicina.
Era una calda giornata estiva di fine Agosto. Il sole stava iniziando a tramontare dipingendo delle pennellate rosse e arancioni mentre le nuvole fluttuavano dolcemente in una meravigliosa opera d'arte. Una di quelle giornate dove niente poteva andare storto. C'erano poche persone al parco quel giorno, al contrario di quanto succedeva solitamente. Ma Ella e Howard non ci avevano fatto caso. A loro pareva di esser completamente in un altro mondo. Un mondo dove solo loro due decidevano cosa essere. Un mondo lontano, in una dimensione irragiungibile da nessuno. Tranne loro due. Erano il re e la regina del loro mondo incantato. Qualcosa di incomprensibile a chi considera l'infanzia un periodo passato e irreversibilmente finito.
Non avrebbero desiderato altro se non essere in due.

...

-Mamma possiamo andare a sentire Howard suonare?
Chiese Ella mentre stava colorando con dei pastelli su un foglio seduta ad un tavolino, davanti il divano.
Nel frattempo Anita, la mamma di Ella, era intenta a scrivere il suo nuovo romanzo alla pesante scrivania di quercia sulla solita sedia di legno. Anita era una scrittrice di libri e romazi d'avventura. Non aveva riscosso molto successo nella piccola cittadina di Wells, in Nevada. Scriveva più che altro per sé stessa, per passione, ma cercava in un modo o nell'altro di spargere la voce tra gli abitanti di Wells per pubblicizzarsi le serie di libri che con tanto amore scriveva. Purtoppo nessuno, o almeno poche persone li leggevano, completamente assorbiti dal lavoro o dalle loro quotidiane e monotone commissioni.
La fan e l'ammiratrice più sfegatata di Anita era proprio sua figlia Ella, anche se non aveva mai letto i suoi libri per via dell'età. Ella era una bambina di sei anni, magra, esile, ma con un faccino paffuto e due occhioni verde smeraldo a cui nessuno sapeva resistere. Si era fatta crescere i lunghi capelli lisci rossi fin sotto la vita e non se li era mai fatti tagliare malgrado la disapprovazione del padre, un uomo serio e tutto d'un pezzo.
La grandissima passione di Ella era la musica. E il canto. Cantava ad ogni ora del giorno. Persino a scuola nella sua spensieratezza canticchiava, mentre i compagni e le maestre cercavano di sopprimere questa sua abitudine che loro ritenevano "fastidiosa". Ma a lei non importava, e sfogava tutti i suoi sentimenti e tutta la sua energia così: cantando.
Quel giorno era speciale per lei. O almeno tutti i giorni che il suo amico Howard aveva lezione di chitarra. Quando Ella sentiva Howard suonare ne rimaneva incantata, meravigliata. Quasi come se ogni nota che la chitarra emetteva, la catturasse dolcemente e la trasportasse delicatamente lontano da tutti, nel cuore della musica. Come se questo cuore e il cuore di Ella diventassero pian piano una cosa unica, indivisibile.
-Va bene Ella, ma ricorda che non possiamo intrufolarci nella sala di musica ogni volta che Howard ha lezione. Okay? Per questa volta passa, ma la prossima settimana proprio non possiamo o la sua insegnante ci brontolerà.
-Sì, sì. Oggi e basta mamma. Te lo prometto.
-Okay piccola. Mi vado a preparare. Tu inizia a prendere lo zainetto che io ci metto pochissimo.
Ella annuì e si voltò velocemente per correre verso la sua stanza. Ma dopo pochi passi si fermò e si girò per correre nuovamente dalla mamma.
-Grazie mammina!
La bambina abbracciò sua madre stringendola forte a sé. Anita non sopportava vedere la sua piccola triste, specie quando si trattava della sua passione e cercava sempre di accontentarla o di trovare dei compromessi per farle coltivare questo suo grande amore. Ella corse in camera a prendere lo zaino mentre la mamma salvò i suoi documenti sul vecchio computer sulla scrivania.
-Arrivo mamma.
disse a bassa voce Ella dal piano di sopra.
-Va bene.
rispose Anita.
Ella corse giù per le scale, cercando di fare poco rumore e si avvicinò ad Anita che era a metà della scalinata ad aspettarla. Anita sentì dei flebili rumori arrivare dal piano di sopra. Erano i rumori di suo marito che si stava svegliando.
-Presto muoviamoci che papà si è appena svegliato!
Le due corsero al portone di casa ma, il tempo di mettere la mano sulla maniglia, che il padre di Ella era già sulle scale, guardandole con sospetto.
-Anita, dove stai portando Ella? Rispondi!
La sua voce tuonò per tutto il salone della casa.
La donna, con le mani sudate e le dita tremanti, si voltò e cercò di guardare suo marito negli occhi, piccoli, vigili e arcigni.
-La... la sto portando a prendere un gelato...
Nell'aria si stava accumulando talmente tanta tensione che si poteva di già tagliare con il coltello. E la piccola Ella lo sentiva. Lo sentiva ogni volta che i suoi genitori stavano per litigare. Ed ogni volta, avrebbe voluto essere da tutt'altra parte, perché non sopportava vedere la mamma arrabbiata e triste. Suo padre alzava sempre la voce in modo pericoloso.
-Non raccontarmi balle, donna! Tu la stai portando dal suo amichetto, quello che spreca il suo tempo a suonare la chitarra!
La sua voce si era fatta ancora più tagliente, anche se aveva abbassato il tono di voce. Anita decise, volle far valere il suo diritto di madre di rendere felice sua figlia. Non era giusto. Non sopportava più questa situazione che andava avanti da anni. Volle rispondere per urlargli contro tutto quello che pensava. Così esplose coraggiosamente.
-Anche fosse?! Non ci sarebbe alcun male e tu lo sai bene!
-Adesso basta!! Non voglio che mia figlia butti via il suo tempo ad ascoltare uno stupido strumento musicale che non le servirà a nulla nella vita, mentre potrebbe usare la sua gioventù per studiare!
-Ella ha ottimi voti a scuola, non far finta di nulla Alfred! Oggi ha anche già fatto i suoi compiti. Ma tu ovviamente non te ne sei accorto, come tutte le altre volte!
-Non mi far passare dal genitore cattivo, donna!
Non ti permettere mai più!
L'uomo si avvicinò minacciosamente ad Anita. La donna fece un passo indietro e decise di abbassare il tono di voce. Il suo cuore iniziò a battere più forte dalla paura. Delle lacrime le salirono agli occhi desiderose di scendere sul suo viso pallido.
-Davanti a me, non c'è più l'uomo dolce e gentile che ho sposato. Io non mi sono innamorata di te, ma di Alfred Tolberman. Di quell'Alfred che amava passare il suo tempo con me. Dell'Alfred che rendeva sua moglie felice. Che la faceva sentire sicura, apprezzata e libera. Che fine ha fatto tutto questo? Che fine ha fatto il tuo amore?
Il padre di Ella, addolcì il suo sguardo che però rimase autorevole e indignato. Si passò la mano sulla bocca, con lo sguardo impassibile.
-Io ti dimostro già il mio amore. Ma tu non lo comprendi, anzi non l'hai mai compreso.
-Allora mi sa proprio che non lo dimostri nella maniera che io vorrei!
Anita si voltò di scatto per uscire di casa e per non dare la soddisfazione a suo marito di vederla piangere. Ella la seguì lentamente ed uscì con la madre. Alfred le vide allontanarsi a piedi con lo sguardo fisso su sua moglie. Per un attimo ebbe un piccolo luccichio di rimorso negli occhi ma poi tutto il suo orgoglio e la sua presunzione annullarono i suoi sentimenti. Sbuffò in modo sprezzante e rientrò in casa sbattendo la porta.
Nel frattempo Ella ed Anita erano in cammino per arrivare alla scuola di musica. Calcavano a grandi passi il marciapiede di Corney Street per raggiungere la scuola ad un isolato di distanza. Anita era di pessimo umore. Nella sua mente vagavano mille pensieri e il battito del suo cuore non era per niente decellerato. La bocca le tremava dalla rabbia e avrebbe solo voluto che niente di triste la opprimesse in quella bella giornata. Ma ormai era tardi, e si era rovinata il pomeriggio a causa di suo marito. Odiava quando si comportava così e ogni volta che stavano per litigare avrebbe voluto sparire, per umiliarsi semplicemente ed evitare di creare un atmosfera carica di negatività. Anche se quel giorno, non diede freno alla lingua.
-Mamma ti posso chiedere una cosa?
Ella distolse Anita dai suoi tristi pensieri.
-Dimmi Ella.
-Ma... papà non pensava davvero quello che diceva? Vero?
-No piccola, assolutamente no. Stai tranquilla. Tuo padre sta solo affrontando un brutto periodo... e quindi è semplicemente molto stressato.
-Ma allora perché tu gli hai detto "che fine ha fatto il tuo amore"?
-Gli ho detto così perché.... beh, te lo spiegherò un altra volta ok? Non voglio che ci roviniamo ancora di più questo momento.
-Mamma tu lo ami ancora vero?
-Sì amore, moltissimo. Dai, siamo arrivati.
Ella ed Anita entrarono in un edificio dalle mura grigie con un bellissimo portone in legno anticato e con un iscrizione recata sopra: "Scuola di musica P. McCartney di Wells, Nevada."
Dentro trovarono un brulichio di persone che percorrevano velocemente il corridoio centrale della scuola. Alunni con chitarre, con violini, flauti traversi che si avviavano nelle loro stanze per le lezioni, insegnanti con fogli, lettere, accordi, spartiti che uscivano dalle sale per entrare nuovamente in altre, che discutevano in segreteria delle iniziative, che compilavano moduli e molto altro. Sulle poltroncine per l'attesa sedevano dei bambini che giocavano e leggevano dei giornalini, mentre i genitori aspettavano il loro turno in segreteria e chiacchieravano fra di loro. Anita e sua figlia si fecero spazio abilmente tra la folla per entrare in una piccola stanza in fondo al corridoio che recava sopra lo stipite la scritta: "Sala 10".
Dentro trovarono il piccolo Howard già seduto ad aspettare la sua insegnante. Come vide Ella, Howard le andò incontro e l'abbracciò.
-Che fai qui Ella?- chiese sorpreso Howard.
-Sono venuta a sentirti di nuovo!
-Che bello che sei qui!!
Howard la strinse forte e i due risero dimenandosi dall'abbraccio con una bambinesca ingenuità. Anita sorrise alla vista della scena. Improvvisamente entrò nella sala l'insegnante di Howard, una giovane ragazza con i capelli castani riccioluti. Ella ed Anita si sedettero velocemente su due sedie vicine mentre la piccola continuava a ridacchiare. Ella era emozionatissima. Fremeva ogni volta che entrava in quella stanza. Non riusciva a stare ferma neanche sotto i rimproveri di Anita. Lei non la ascoltava. Voleva solo sentire Howard suonare. E chiudere gli occhi, attenta ad ogni singola vibrazione delle corde della chitarra. L'insegnante di chitarra stava cercando degli spartiti in un mobiletto di legno, mentre Howard cercava di accordare il suo strumento. Poi la sua insegnante prese la sua chitarra e diede dei fogli ad Howard.
-Ok, Howard. Mmmm... ti ho scelto questa canzone: "Hey Jude" dei Beatles. Non è difficile ma neanche facilissima. Quindi a casa ripassatela varie volte. Per ora te la faccio sentire io OK?
-Va bene.- rispose titubante il ragazzino.
L'insegnante di chitarra si mise in posizione e iniziò a scorrere il plettro sulle corde suonando la canzone scelta. Ella osservava attentamente le mani della maestra. Con abilità spostava le dita da un tasto all'altro.
FA DO DO DO DO DO DO DO FA. E poi una piccola pausa. Sib FA DO7 FA. Ogni suono che usciva era amplificato dalla cassa acustica e per Ella rendeva ogni secondo sempre più bello e ogni attimo sempre più vivo.
Poi arrivò il turno di Howard.
-Prova tu ora.
lo intimò la maestra.
-Okay ci provo.
-Leggi bene lo spartito.
Howard inizò a suonare. Ella chiuse gli occhi ondeggiando la testa a ritmo di musica. La semplicità di quel suono la rilassava. E la faceva cantare. Cantava a bassa voce per non farsi sentire dall'insegnante. Ma dentro di lei era esploso qualcosa di molto vicino, ma più potente della felicità: i suoni della chitarra la rendevano davvero in pace con sé stessa mentre la spazialità intorno a lei si annullava e le sembrava di volare in questa sua dimensione indistruttibile, inviolabile che ogni volta la prendeva senza permesso e la portava con sé in alto, in altissimo, rendendola felice, senza brutti pensieri.
Sì, la passione di Ella per la musica era la cosa più forte che la piccola provava e le sembrava di voler vivere per sempre dentro questa bolla di sensazioni, dove i suoni esterni spariscono gradualmente e ogni nota è vita. Ad un certo punto Howard smise di suonare perché aveva sbagliato una nota e l'insegnante prese a spiegargli come posizionare le dita. Ella nel frattempo era tornata alla realtà e rimase un po' delusa dal fatto che il suo amico l'avesse portata via dal suo mondo magico. Anita guardò la figlia e stava per proporle qualcosa di inaspettato. Aveva osservato Ella per tutta la lezione e aveva visto con quanta amore la sua piccola cantava in ogni situazione e quanto fosse a suo agio con la musica. Le piaceva vederla cantare. Voleva a tutti i costi che conservasse questa grande passione così decise di chiederglielo, malgrado tutti i litigi con suo marito che già si era immaginata. Ma non le importava.
-Tesoro, posso parlarti fuori di una cosina?
-Sì, ma Howard non ha finito la lezione.
-Adesso la sua insegnante gli sta spiegando gli accordi. Che ne dici se ci avviamo fuori? Così lo aspettiamo per quando finisce.
-Va bene mamma.
Ella e Anita uscirono dalla stanza senza far troppo rumore. Fuori continuava a brulicare un bel po' di gente, tra allievi e insegnanti. Anita prese coraggio e iniziò a parlare alla figlia.
-Ella, tesoro, volevo parlarti un po' della musica... ti piace vero?
-Tantissimo mamma!!
-Sono contenta, e cosa ti piace della musica? Raccontami un po'....
-Mi piace tanto perché mi fa sognare... sai mamma quando dormo la notte sogno di cantare mentre suono il pianoforte ed è un sogno bellissimo, incantato. E poi mi piace tanto anche quando Howard suona la chitarra perché immagino noi due insieme e mentre lui suona io canto. Ah, e poi adoro scrivere delle piccole canzoni perché...
-Va bene amore ho capito, sei sempre molto entusiasta quando parli della musica. E sono tanto contenta che ti piaccia. Quindi... ho deciso di iscrivere la mia piccolina a un corso di musica qua!
Ella rimase sbalordita e si tappò la bocca con le mani.
-Solo se ne hai voglia... e poi puoi decidere se lasciarlo o no.
La madre non finì la frase che la figlia si gettò tra le sue braccia, piena di entusiasmo.
-Oh mammina, grazie grazie grazie! Ti voglio tanto bene! Non sai quanto sono felice!! Ti voglio bene!
Anita rise perché non si aspettava una simile reazione per la bellissima sorpresa che aveva fatto alla figlia. Ma se lei era felice, lo era anche la mamma.
-Anche io amore mio! Però mi devi promettere una cosa...
-Cosa mamma?
La piccola si sciolse dall'abbraccio. Anita esitò un po' prima di dirlo. Era la prima volta che succedeva qualcosa in casa loro senza che suo marito lo sapesse. Fece un gran respiro.
-Che non lo dirai a papà. Perché ora è un brutto momento e non è il caso di dirgli che ti sei iscritta qui. E poi lui non vuole. Lui vuole che tu fai altro. Ma io, Ella...
La mamma accarezzò il viso della figlia.
-Io voglio che tu coltivi questa tua grande passione. Sai anche io ho una passione. E' un po' diversa dalla tua. Io scrivo. Mi piace tanto scrivere, il mio non è solo un lavoro... ecco ora sai il gran segreto della mamma!
Ella rise con tanta ingenuità tipica dei bambini.
-Visto? Io scrivo e tu canti!
-Sì io canto perché mi piace e tu scrivi perché ti piace. Siamo simili!
-Esatto, è diverso ma in realtà è molto vicino, ricordatelo. Sono due cose vicine. Quindi non lo devi dire a papà, se no lui non ti manderà più a canto né a qualsiasi altro corso di musica. Intesi?
-Sì mamma.
-Oh Ella... ti amo tanto piccola mia. Ascolta quello che ti dice il cuore. La mente e il cuore. Solo così sarai davvero felice. E se vuoi realizzare un sogno niente te lo impedirà. Non permettere mai a nessuno di distruggere i tuoi sogni, amore. Nessuno. Sii coraggiosa piccola. Non mollare mai. E continua a cantare, sempre.

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