Un altro doppio turno era finito e Molly pensava tra se e se quanto fosse distrutta perché oltre alla stanchezza fisica vi era anche quella dovuta al pensiero di una certa persona che, come al solito, la deludeva. Tutti questi pensieri le occuparono la mente durante il tragitto fino al suo appartamento. Dove diavolo sono finite queste maledette chiavi, si ritrovò a pensare la donna mentre mezza addormentata su per le scale intenta a raggiungere la sua abitazione e poter così, finalmente, dormire almeno per un po'. Ma Molly spesso e volentieri dimenticava che quando Sherlock è parte integrante della tua vita nulla andrà come si era progettato. E questo Molly lo avrebbe sperimentato di nuovo, molto presto.
Apologize (for a person who count)
Quando entrò nell'appartamento per poco non urlò per la paura e la sorpresa, nel suo salotto seduto sul suo divano si stagliava la figura dell'uomo che amava ma che la faceva soffrire. Ripresa dallo shock fece per parlare ma Sherlock l'interruppe prima che potesse proferir parola.
"Prima di giungere a conclusioni affrettate non ho scassinato niente, ho una coppia delle chiavi."
Molly intanto ribolliva dalla rabbia così urlò: " Ti voglio fuori di qui e non voglio sentire nessuna delle tue menzogne."
"No!" rispose Sherlock "Per quanto tu possa considerarmi un bastardo"
"Ed uno stronzo"
"Si, anche quello, ma tu per me sei importante e ti meriti delle spiegazioni e delle scuse."
"Ora non mi importa e non ho voglia di ascoltarti."
"Invece si. Perché non so quando troverò di nuovo il coraggio di parlarti faccia a faccia."
"Tanto l'hai sempre vinta tu. Almeno aspetta che mi prepari un caffè."
"Per me..."
"No! Il caffè è solo per me."
"Si giusto. Scusa"
Molly non sapeva da dove le usciva tutto quel coraggio, ma in quel momento le serviva davvero.
Quando il caffè fu pronto si accoccolò sulla poltrona. Avrebbe voluto sedersi più distante da lui ma in quel momento aveva bisogno della comodità della sua poltrona.
"Avanti, parla, e vedi di fare presto ma di essere adeguatamente soddisfacente."
Mentre Sherlock parlava e raccontava Molly faceva di tutto per restare sveglia; voleva capire il perché di quella telefonata e perché trovasse sempre il modo di farla soffrire.
"Quello che ti ho chiesto di dire...io l'ho fatto perché mia sorella, Eurus, mi aveva fatto credere che ci fosse una bomba nel tuo appartamento e che tu stessi per morire, l'unico modo per fermare il timer era che tu pronunciassi quelle parole. Perdonami per averti fatto soffrire, per averti ingannato, per tutto."
" Quindi quelle due maledettissime parole che mi hai detto per telefono non significano niente, erano tutte bugie?!"
Il silenzio era sceso in quella casa, un silenzio pieno di tensione. Un silenzio che sembrava durare secoli anziché secondi.
"Io..." provò a replicare Sherlock ma Molly fu più veloce di lui e alzandosi di scatto gridò: "Esci da casa mia! Vattene! Non voglio sentire una parola di più!"
Sherlock si alzò dal divano con l'eleganza che l'aveva sempre contraddistinto. Quando fu sulla soglia si girò verso di lei ed i suoi occhi mostravano qualcosa, un emozione, che non aveva mai pensato potesse appartenergli: il rimorso. "Mi spiace Molly Hooper, spero che un giorno tu possa perdonarmi." Dopodiché uscì.
Molly, devastata, si abbandonò a peso morto sulla poltrona lasciando cadere la tazza sul pavimento frantumandola così in mille pezzi.
Quella notte non riuscì a dormire e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo e che aveva trattenuto fin a quel momento. E così fu per i due giorni successivi, nei quali Molly non si mosse quasi mai come se fosse in uno stato catatonico. Tutti i rumori provenienti dall'esterno le giungevano ovattati e lontani anni luce. Avevano provato prima John con la piccola Rosie e poi Greg con una vaschetta di gelato e del buon vino, a farsi aprire, ma senza successo. Molly restava inamovibile.
Il terzo giorno Mrs Hudson, sempre più convinta che gli uomini fossero degli incapaci in questo campo, dopo aver sottratto la coppia delle chiavi dell'appartamento di Molly si recò da lei.
Quando vide in che stato versava la povera ragazza a stento riuscì a trattenere le lacrime.
"Oh mia povera Molly." La giovane reagì a quel commento alzando lo sguardo incrociando così quello dell'anziana signora.
"La prego Mrs Hudson, se ne vada."
"Ma..."
"Se ne vada!" Urlò ancora più forte la patologa e poi riabbassando il suo tono." Ho solo bisogno di tempo e stara da sola."
"D'accordo tesoro ma devi sapere che facendo così non risolverai i tuoi problemi."
Detto questo abbandonò l'appartamento dove ricadde un silenzio tombale.
Quella stessa sera pur col continuo rimbombo nella sua testa delle parole di Mrs Hudson riuscì finalmente a prendere sonno.
Durante la notte il suo sonno fu parecchio agitato e con sogni o meglio incubi sugli ultimi giorni ma non si svegliò fino a mattina, quando la flebile luce di una mattina di fine novembre le coprì gli occhi svegliandola da quel sonno per niente ristoratore, che aveva fatto più danni che altro. Appena si riprese dal turbolento risveglio si rese conto di non trovarsi più nel suo divano ma nel suo letto, ed il bello era che non sapeva come aveva fatto ad arrivarci. Ma la spiegazione di quello che era successo le si parò davanti agli occhi. Addormentato sulla sua poltrona vi era Sherlock Holmes. Molly si ritrovò a pensare che sembrava un bimbo oppure un cucciolo ferito ma scacciò subito quel pensiero perché non doveva lasciarsi ingannare di nuovo. Né da lui né da nessun altro. Avvicinandosi si accorse che in mano teneva una lettera sulla quale vi era scritto il suo nome. Dopo qualche tentennamento decise di sottrarla alla leggera stretta di quelle mani lunghe ed affusolate da violinista ma anche macchiate come quelle di un chimico. Aveva però bisogno di rilassarsi mentre la leggeva e la cosa migliore era stendersi nella vasca. Fin da piccola perdeva delle ore distesa nella vasca riempita d'acqua calda mentre leggeva un libro. Erano questi i ricordi che le affollavano la mente in quel momento. Quando fu pronta si accomodò nell'acqua con la lettera in mano. Mentre la leggeva mille pensieri ed emozioni si affollavano nella sua mente e le lacrime scendevano senza fine. Non sapeva cosa pensare e cosa fare, lasciò così cadere a terra la lettera e si immerse completamente nell'acqua chiudendo gli occhi. Quasi non si rese conto di quello che successe dopo, tutto gli giungeva ovattato ed offuscato ma riuscì comunque ad intravedere Sherlock entrare di colpo con fare frenetico e gridare il suo nome. Si ricordò poi di averlo visto togliersi la giacca, di averla tirata fuori dall'acqua, non curandosi del fatto di bagnarsi, e di essere stata avvolta in un asciugamano. La strinse a lui in modo forte e protettivo ma senza farle male. Molly percepiva le lacrime che scendevano e bagnavano ulteriormente la camicia di lui mentre le accarezzava i capelli.
"Oh Molly, che cosa ti ho fatto..."
La giovane patologa si ricordò di essere stata rivestita dell'uomo per poi essere presa in braccio e riportata a letto.
Quando all'uomo sembrò che la donna fosse abbastanza lucida per ascoltarlo cominciò a parlare.
"Molly, quello..." sospirò "quello che ho scritto nella lettera è tutto vero. Per me amare una persona vuol dire dare fiducia ed avere fiducia da quella persona. E tu mia cara Molly Hooper mi hai dato prova di questo molte, molte volte. Ma io accecato dal mio egoismo, dalla paura e dalla mia stupidità non le colte e non ne ho tenuto conto. E di questo mi dispiace perché ti ho portato solo dolore. Perciò Molly Hooper io ti ho sempre amato ma ero troppo vigliacco ed orgoglioso per ammetterlo."
In quel momento il rumore di uno schiaffo riempi la stanza per poi essere seguito dal silenzio di quel bacio tanto atteso.
Molly aveva raccolto tutte le sue forze per quei due gesti carichi di emozioni che ricadde sfinita sul cuscino.
Sherlock le lasciò un leggero bacio sulla fronte eaggiunse:" Ora riposa e riprenditi. Al tuo risveglio sarò qu
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Apologize (for a person who count)
FanfictionMa Molly spesso e volentieri dimenticava che quando Sherlock è parte integrante della tua vita nulla andrà come si era progettato.