Capitolo 1

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Era un mattino limpido dopo una lunga nottata di bora che aveva spazzato via qualsiasi nube potesse arrampicarsi nel cielo.
E lei,con quello sguardo assai furbo rimirava il mare,appoggiandosi con i gomiti allo schienale della panchina.
Trovando scomoda la posizione decise di accomodarsi a sedere, come una persona normale.
Normale e noiosa,pensò.
Quindi tornò in piedi incrociando le braccia al petto.
Nei dintorni non si affollavano molte persone poiché,essendo un lunedì, tutti si erano recati frettolosamente a lavoro o a scuola.
Quella mattina lei a scuola non c'era potuta andare.
In realtà non ci andava da circa un mese ormai.
E ora penserai sicuramente che fosse una ragazzina ribelle che marinava la scuola;e chissà,magari ti intriga anche come idea.
Ma no,mi spiace,non era così.
Lei in realtà a scuola ci voleva andare ma non poteva muoversi di casa.
Sì forse aveva fatto un piccolo gesto di ribellione uscendo dalla porta in legno pesante quando ormai il silenzio riempiva le stanze,poiché anche la madre aveva abbandonato il "nido" per la prima volta dopo l'operazione della figlia per andare al mercato qualche oretta.
Ma in fin dei conti non lo avrebbe saputo nessuno e l'aria salmastra proveniente dal mare non le avrebbe fatto altro che bene.
E poi era una bellissima giornata: gli uccellini cinguettavano sui rami dei peschi che si trovavano e nel retro del suo giardino, una leggera brezza marina che sapeva di primavera accarezzava le tende che cadevano morbide sui vetri delle finestre aperte,il sole illuminava il parquet della sala da pranzo rendendola di un colore più caldo e accogliente e l'odore delle prime camelie le saliva per le narici scendendo poi giù fino ad arrivare ai polmoni.
Ma in realtà non le piacevano quei fiori, erano i fiori degli innamorati.
E lei non era innamorata,e tantomeno desiderava ardentemente quanto ogni sua coetanea esserlo.
Cercare l'amore,aveva imparato a sue spese,era inutile.
Antonio.
Antonio era stato la sua "impresa".
E con lui aveva proprio sbagliato tutto.
Erano amici più che fidanzati e gli abbracci e i baci sembravano quasi sentisi in dovere di darli, solo perché stavano insieme ed ormai era un'etichetta che si erano voluti marchiare addosso.
Non c'era molto dialogo,o meglio,Orietta era una chiacchierona di indole perciò intratteneva talvolta lunghi soliloqui e lui interpretava la parte dello spettatore che cercava di comprenderne il significato senza giungere però ad alcuna conclusione e decidendo quindi di staccare e iniziare a vagare altrove con la mente.
In fin dei conti però doveva aspettarselo,erano coetanei e sua madre aveva già provveduto a ammonirla sull'immaturità degli uomini e quindi la conseguente necessità di qualche anno di differenza.
Ma a lei non piaceva dare ascolto a sua madre e poiché Antonio era di bell'aspetto e molto ambito dalle sue amiche la prese un po' come una sfida con se stessa,per dimostrarsi chi fosse veramente. Inutile ribadire il fatto che si rese conto successivamente l'ingenuità nel compiere una scelta simile.
Ma aveva imparato dai suoi errori ed ora era in pace con se stessa,nonostante la famiglia le mettesse un po' di pressione per via del fatto che ormai stava per compiere 18 anni.
Seppur questi pensieri inerenti all'amore talvolta le vagassero leggeri nella mente,le sue priorità attualmente erano decisamente altre.
Così ,mentre un gabbiano si posò sulla panchina dietro a lei,decise di darsi pace e finalmente sedersi su di essa facendolo volare via.
Si appoggiò come se si stesse sedendo su delle uova e accavalcò elegantemente le gambe.
Non sollevò mai lo sguardo verso le punte degli alberi,continuó a scrutare dritto a sé,denotando la sua sicurezza e il fatto che la sua vita le aveva insegnato a stare con i piedi per terra.
Pensò dapprima alla madre,poi alla sua amica Maria, una delle poche se non l'unica, ed infine al nulla.
Finí per concentrarsi talmente tanto su quel punto che stava osservando nell'orizzonte ormai da diversi minuti che si dimenticò qualsiasi cosa le stesse passando per la testa,quasi come se stesse cercando una risposta o comunque tentasse di ricordare cosa stava tentando di vedere là , al confine tra mare e cielo,confine che quasi non riusciva a distinguere.
Finalmente dopo minuti di vuoto (che in fin dei conti tanto vuoto non era) staccò lo sguardo e si passò una mano sul volto ,fermandosi poi sugli occhi per stropicciarli con l'indice e il pollice.
Rimase nella posizione per qualche secondo mentre un raggio di sole le scaldava la parte della schiena che rimaneva scoperta dalla spalliera della panchina e pensò che così ci sarebbe potuta stare per sempre.
Un vortice di pensieri si abbatté quindi nella sua testa e nella speranza di scacciarli stropicciò con più pressione gli occhi finché un movimento accanto a sé non la fece sussultare facendola alzare di scatto.
Un ragazzo dai capelli di un riccio morbido,scarruffati e di color castano cenere era seduto sulla panchina con sguardo rivolto verso il mare.
Sembrava volesse imitare la ragazza che,sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio,tornò a sedersi aggraziatamente, come se tentasse di non risvegliare dai suoi pensieri il ragazzo.
Rimase in silenzio per pochi secondi pensando al da farsi quando senza staccare gli occhi dal punto focalizzato, che Orietta pensò avere qualcosa di magico,il ragazzo le chiese : " Bella giornata oggi, vero?"
Lei annuí cercando di tornare a scrutare anche lei il punto dove si posava lo sguardo del ragazzo tanto intensamente.
"Stavi pensando a qualcosa? Ti ho disturbata?"
Esitò un attimo ma poi le uscì involontariamente dalla bocca un no secco.
Sentendo poi l'imbarazzo aggirarsi nell'aria si corresse :"cioè sì,stavo pensando,ma forse è un bene che sia arrivato tu"
E non sentendo una risposta fece una risatina forzata che le parve la più forzata e ridicola di tutta la sua vita.
Poi si rese conto che quella frase sembrava essere uscita dalla bocca di un marinaio ubriaco che tentava di abbordare qualche fanciulla e di conseguenza portò di scatto la mano alla fronte facendo sbattere delicatamente il palmo contro di essa.
Lui sorrise senza allontanare lo sguardo.
"Anche lei è di Trieste?" Domandò lui.
"Sì"
"Non si direbbe."
Decise di domandare lei stavolta a questa figura misteriosa qualche cosa:"perché non sei a scola oggi?"
"Frequento l'università,oggi non ho corsi"
Bene,questo ragazzo misterioso,parso inizialmente tanto gentile,si mutò in un analfabeta capace di rispondere solo seccamente e a monosillabe,pensò, e ciò la stava annoiando per cui decise di alzarsi dalla panchina.
Si passò le mani sulla gonna nel tentativo di pulirla e si girò, quando d'improvviso sentì dire dalla voce profonda del ragazzo :"Signorina aspetti."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 03, 2017 ⏰

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