Mosca. dicembre 1939. L'imponente cattedrale di San Basilio domina maestosa la Krasnaia Ploschad. Una bufera di neve avvolge la romantica atmosfera di fuoco della piazza, facendo svolazzare le gonne delle donne. Un'aura rossa effluisce dalle pareti del Cremlino, riflettendosi nelle nubi nevose. Nei giardini Aleksandrovskiy i visi bianchi dei moscoviti, curvi sulla strada, si mischiano a quelli austeri delle guardie rosse, che controllano costantemente le eleganti vie del centro sotto il calore dei loro colbacchi. Anastasia Stalmakova, china sui libri, illuminati dalla luce fioca dei lampadari di cristallo, studia l'inferno di Kruchionich.
Fuori dalla bellezza erotica dei palazzi della Mosca bene si apre la periferia. Camminando per ore a nord est si giunge al Levoberezhny. Il quartiere si presenta subito in modo differente: enormi palazzi di mattoni grattano il cielo plumbeo, ampie strade grigie contornano le fabbriche, il fumo delle ciminiere appesantisce l'aria, l'eleganza della "piazza bella" sfiorisce miseramente e la venustà di quella Mosca pare essere ormai lontana. L'immensa Lavochkina ul. circonda la malinconia di quel pezzo di città. Al numero 32 di questa stessa strada, si sveglia Liubov Androvna Ivashkina.
Esce dalla sua casa, scendendo gli innumerevoli scalini del suo palazzo. Camminando velocemente fino alla stazione metro più vicina, la Rechnoy Vokzal, riesce a raggiungere il centro della Krasnaia Ploschad alle 6:55. Correndo poi attraverso la piazza e prendendo una delle vie trasversali, suona il campanello di casa Stalmakov alle 7:15. Lega la sua testa nera in un fazzoletto grigio, facendo in modo che qualche ciocca corvina fuoriesca e le cada sul volto per nascondere le occhiaie violacee. Il portone davanti al cortile del palazzo si apre e Liubov si prepara alla consueta giornata di lavoro.
"Sposta quei ciuffi dentro a quel pezzo di stoffa bambina, agli Stalmakov non piacerà trovare in tuoi capelli sporchi nella zuppa"- Olga Aleksiovna Mazyargova le aveva dato il benvenuto. Liubov obbediente infila con le dita le ciocche nel fazzoletto e percorre in silenzio il corridoio con Olga. Costei si occupa di dirigere le attività della casa, affinchè tutti gli impiegati svolgano diligentemente il proprio compito. Alta un metro e 84 e pesante come una carrozza d'oro massiccio, Olga è una delle donne più severe mai assunte in casa Stalmakov.
"Ivashkina, la signorina Anastasia Ivanovna è già sveglia, scendi in cucina e preparale la colazione"-comanda Olga, con lo sguardo austero sotto il rosso fuoco dei suoi capelli- "Poi inizia a pulire il salotto e la sala da pranzo. Non voglio un briciolo di sporcizia, hai capito bambina?"
"Si, Olga Aleksiovna"
"Che fai ancora qui? Sbrigati bambina!"
Liubov corre in cucina dove i cuochi si stanno già affaccendando con i preparativi del pranzo.
"Ciao Liuba! Dopo vai al mercato e comprami un'oca!" le raccomanda la capocuoca Sonia Sigutova, sorridendole e cercando disperatamente qualcosa nella dispensa.
"Si, signora. Non vi preoccupate"
"A quanto pare qualcuno qui se ne è dimenticato". Sonia lancia un'occhiata severa al piccolo Pavel, il suo figliolo che la aiuta come garzoncello, che si nasconde dietro i capelli castani.
Liubov prepara il vassoio con la colazione per Anastasia Ivanovna e sale velocemente le scale fino a trovarsi davanti alla sua porta.
"Signorina Anstasia, è permesso? La colazione!"
"Prego Ivashkina"
Liubov apre la porta, la bellissima Anastasia Stalmakova legge semisdraiata nel suo letto, con la testina bionda china sui libri e gli occhi azzurri che catturano ogni pagina, ogni riga che scorre davanti ad essi. La sua pelle candida illumina la stanza più dell'enorme lampadario di cristallo. Liubov poggia la colazione sul comodino e apre le tende bianche delle finestre: fuori è ancora buio. "Grazie Ivashkina"- le dice Anastasia rivolgendole un sorriso con la sua bocca sottile. Davanti alla venustà, alla grazia, alla gentilezza di costei, la bellezza mora di Liubov Androvna, stancata e infreddolita dalle fatiche dell'inverno russo, appassisce inesorabilmente.
"State già studiando signorina? Avete dormito bene questa notte?"
"Kruchionikh necessita di tanto studio per essere compreso appieno. È un autore estremamente affascinante, sai? Ti auguro che un giorno potrai appassionartene anche tu.". Liuba sorride mestamente.
"Come vi sentite per il pranzo di oggi, signorina? Siete nervosa?"- chiede poi la servitrice dolcemente.
"Senza dubbio, sarebbe sorprendente se non lo fossi. Ma ti auguro, cara Ivashkina, di innamorarti di un uomo che ti catturi lo sguardo e il respiro mentre cammini un giorno per i giardini Aleksandrovskiy, sotto il cielo della nostra bella città.". Anastasia posa il libro sul comodino e si alza in piedi, facendo svolazzare il velluto rosso della sua vestaglia. "Oggi pranzerò con il mio futuro marito, e nemmeno conosco il suo riso"- aggiunge con un refolo di mestizia.
"Signorina, sono certa che vostro padre vi capirà e accetterà le vostre scelte. É un grande uomo, Ivan Stalmakov, e vi ama."
"Mio padre è un grande uomo per il suo paese, cara Ivashkina, per la sua famiglia è un uomo come tanti, spesso assente, spesso distratto."
"Voi non sapete ciò che dite, signorina. Lui fa il vostro bene e morirebbe per voi."
"Adesso, Ivashkina, osi troppo!"
"Vi chiedo umilmente scusa, ma vi prego, capite le parole di una giovane donna che non vede più il suo parente e non può più baciarlo sulle guance quando torna a casa la sera, signorina."
Le due adolescenti si guardano negli occhi per un lungo istante, Nastasia corruga la fronte e si morde il labbro color ciliegia:"Mi rincresce Ivashkina. Spesso sono così accecata dall'egoismo da dimenticare la tua sofferenza. Accetto le tue scuse e ti porgo le mie.".
Liubov accenna un inchino di ringraziamento ed esce dalla stanza, lasciando che la giovane promessa sposa finisca la colazione in solitudine. Si precipita poi al mercato per comprare l'oca. Uscita dal tepore di casa Stalmakov, viene sopraffatta dalla forza ineluttabile del gelo russo. Tenendo le mani assiderate vicino alla bocca per coprire i buchi dei guanti logori con il calore dell'alito che uscito dalle labbra diventa una nuvola di ghiaccio sotto la cupola di gelo dei meno venticinque, cammina velocemente fino alla stazione metro più vicina e raggiunge il mercato, dove compra l'oca più grassa che trova.
"Davvero una bella scelta, zhienscina. Voi si che ve ne intendete di oche."- la schernisce il venditore.
La ragazza non risponde, non accenna nemmeno un sorriso. Tiene la testa bassa e paga la merce, ripercorrendo poi di corsa la strada da dove era venuta. Rientrata in casa Stalmakov, le membra intirizzite riprendono il loro colore naturale davanti al fuoco del camino di pietra della sala da pranzo. Dopo aver portato l'oca a Sonia Sigutova, Liubov inizia a pulire le stanze. Mentre lavora, immagina l'aspetto del promesso di Anastasia. Sa che il suo nome è Dmitry Romanovich Volkov e la ragazza si figura un uomo maturo, dall'aspetto severo e dalle grandi ambizioni, esattamente come il padre della sposina. Invidia la vita di ricchezze e felicità che attende i due futuri coniugi, immagina i raffinati salotti in cui egli la porterà, immagina che andranno ogni sabato sera a vedere i balletti nel Bolshoi Teatr e si figura i volti degli amici di lui stupefatti dalla bellezza e dalla grazia della giovane moglie; e pensando a ciò prova una subitanea e profonda invidia. Poi medita sulla sua vita. Vede la sua faccia riflessa nell'enorme specchio del salotto dove poco prima stava sprimacciando i cuscini e lucidando i mobili, e per la prima volta nella sua breve ma tristemente intensa esistenza, ritaglia del tempo per ragionare su se stessa. "Chi sono io?" - si chiede - "Sono una serva di casa Stalmakov, incolta e abbruttita dal freddo e dalla fame. Sola, stanca, infelice. Ma questo non è ciò che sono realmente, questo è ciò che la mia vita mi costringe ad essere, questa è la mia forma, l'immagine che si palesa agli occhi della gente, non è la mia essenza. Sono incolta, ma ho fame di conoscenza e ciò mi rende, per definizione, un filosofo. Mi sembro infelice, perchè sono stanca e indebolita, ma effettivamente non sono mai stata felice come adesso: lavoro per ottenere ciò che voglio davvero, e questo mi fa onore. Perchè se la mia mamma fosse ancora con me, non vorrebbe vedermi in questa vita. Prima di rincasare la sera, vedo la meravigliosa piazza rossa e mi porto dietro il ricordo della sua immensità per tutta la notte, e in essa annegano i miei sogni. E so che per qualcuno nel Levoberezhny, la mia vita è persino invidiabile. Ho imparato ad amare la bellezza, e vederla anche laddove altri non riuscirebbero: nella fatica, nel lavoro e anche nella sofferenza. Vedo la bellezza del mio quartiere degradato perchè so che poco lontano scorre la bella Moscova, vedo la bellezza della povertà perchè allontana la cupidigia, vedo la bellezza della mia libertà perchè anche sotto questa ripugnate dittatura il mio pensiero galoppa senza catene. E quando troverò qualcuno che sappia amare la mia vera bellezza, allora non desidererò nient'altro dalla mia vita.". Il suono pesante dell'orologio a pendolo che segna le dieci e mezza riporta Liubov alla realtà. Tra un'ora arriverà l'atteso ospite e la tavola non è ancora imbandita. La ragazza si precipita a prendere il necessario per preparare la sala da pranzo quando viene richiamata dalla madre di Anastasia, la signora Ekaterina Sergiovna:"Ivashkina! Ivashkina! Voglio che sia tu a vestire la mia Nastya, delle decorazioni si occuperà Olga, tu corri di sopra da mia figlia, il vestito è nel baule ai piedi del mio letto, prendilo e faglielo vedere, e dille che è un regalo di sua zia Daria."
"Subito signora."Anastasia Stalmakova è pronta a ricevere il suo ospite ed è bellissima. Sono quasi le dodici quando Dimitry e i suoi parenti suonano alla porta. Ivan Stalmakov, la moglie Ekaterina, il piccolo Viktor e la meravigliosa Nastasia li accolgono trepidanti. Il bambino apre la porta e la famiglia Volkov fa il suo ingresso. Gli altri inservienti si ritirano nelle cucine mentre Ivashkina rimane nella sala da pranzo a riverire gli ospiti. Tutti gli uomini portano la divisa del partito comunista. Dmitry, davanti al volto della sua futura sposa, si sente mancare il respiro.
Quando i convitati giungono nella sala da pranzo, Liubov Ivashkina analizza le loro figure ed elabora subito una serie di critiche silenziose : si accorge di aver sbagliato completamente la figurazione mentale di Dmitry Romanovich. Egli è un giovane e affascinante ragazzo dagli elegantissimi tratti somatici. Il suo viso non è il viso bianco degli slavi, i suoi occhi non sono acquosi nè i suoi capelli sbiaditi dal consueto biondo pallido. Si presenta invece come un ragazzo alto dal fisico imponente, con i capelli neri e gli occhi leggermente a mandorla, con le labbra taglienti color carne e la pelle scura, come quella dei siberiani. Dopo aver fatto queste rapide considerazioni, Liubov si sente mancare. I tratti tipicamente siberiani di Dmitry le fanno ricordare suo fratello Rodion, morto parecchi anni prima. La ragazza gli porge la sedia e lo fissa nello sguardo per un istante, nel quale le sovvengono i momenti più felici passati con Rodia.
"Liuba Liuba corri lontano, in questa terra non cresce il grano. Liuba Liuba scappa di corsa dalla Siberia, via fino a Mosca. Liuba Liuba dormi tranquilla, piccola sei la mia meraviglia.".
Quando aveva tre anni il fratello le cantava sempre questa allegra ninna nanna, augurandole di andare via dalla tristezza del borgo siberiano per vivere felice in una grande città, ed ella la ricorda ancora.Liubov Androvna ,quella sera, torna a casa più stanca del solito, ma con occhi più attenti. Prima di scendere nel sottopasso della metro, alza il capo, ribelle contro le folle che camminano con la schiena curva sulla strada, e si lascia travolgere dalla bufera della bellezza della sua piazza. Non può rimanere fuori a lungo, il freddo gela il sangue e ghiaccia l'anima. Arrivata al Levoberezhny, viene assalita dal consueto opprimente grigiore. Guardando i visi dei suoi concittadini che, come lei, rincasano tardi dal lavoro, chi da una fabbrica, chi dai mercati, lungo la Lavochkina ulitsa, si accorge di come la fatica e il freddo abbiano uniformato le loro espressioni. Lei, una giovane donna di diciassette anni, ha la stessa aria intristita e fiaccata degli uomini, delle donne e dei ragazzi di ogni età che affollano la schiera di quei palazzoni. Eppure queste profonde e innaturali somiglianze non portano solidarietà. La medesima avvilente situazione che accomuna gli inquilini nella Lavochkina ulitsa non è foriera di fratellanza, non c'è coalizione nè aiuto reciproco contro il nemico comune della fatica. Ognuno vive per se stesso, la sofferenza ha scavato gli animi e corroso i sentimenti umani. Ha portato bestialità. Nessuno è libero, nessuno è diverso. Nessuno parla. Il silenzio cresce come un cancro e distrugge più del freddo. Liubov arriva finalmente a casa, ma il tepore non è lì ad attenderla e a coccolarla dopo la pesante giornata. Una sola caldaia porta calore a quattro schiere di palazzi, di dieci piani, di quattrocento interni. Liubov non riesce a dormire, neppure sotto la protezione delle coperte, le membra periferiche sono viola per il gelo, rischia di ammalarsi di tisi o morire congelata. Le viene il vomito per il freddo, eppure non ha nulla nello stomaco. Non ha cenato e ormai è troppo stanca per mangiare. É allo stremo delle forze, esausta, ma il freddo asfissiante le tormenta il riposo. Trema; e crolla addormenata.
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Lavockina 32
General FictionLiubov é una giovane donna di Mosca, pronta ad affrontare le fatiche della guerra e dell'inverno, a sopportare il dolore e la perdita di amici e parenti, in un viaggio verso una felicità interiore, nel raccapricciante quadro dell'Unione Sovietica di...